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Sabato
15
Novembre

Femministe per Gaza

Collettiva di arti visive e pensiero sociologico a cura di Patrizia Bonardi, dedicata al libro di Nada Elia «La Palestina è una questione femminista».

Femministe per Gaza si ispira alla chiamata di Nada Elia - attraverso il suo libro «La Palestina è una questione femminista» (edizione originale dal titolo «Greater than the sum of our parts») - per una sorellanza e solidarietà globale, perchè «l’esperienza palestinese è l’esperienza di chi, ovunque nel pianeta, viene spossessato e privato dei diritti». Femministe per Gaza parla di una solidarietà attraversata in maniera intersezionale, aperta a una partecipazione multiculturale che porti storie di oppressioni in diversi contesti geografici, discriminazioni razziste e violenze di genere. Ben cinque artiste presenti nella collettiva vengono dalla Palestina o risiedono in contesti della diaspora palestinese. Le altre partecipazioni sono di artistə italiane e non che hanno all’attivo lavori significativi, rispetto al testimoniare la lesione dei diritti delle persone e dell’ambiente. Sono artistə che nonostante il silenzio assordante di cui Francesca Albanese ha testimoniato, dovuto sia al clima di intimidazione e alla manipolazione mediatica, hanno avuto spirito critico manifestando cittadinanza attiva. Tributi significativi sono dedicati alle donne palestinesi nell’occhio del ciclone del genocidio in corso e discriminate fin dalla Nakba del 1948 dagli israeliani, dediti a un colonialismo di insediamento che ha messo a rischio le vite di queste sorelle e la loro identità in più modi, fra cui la disoccupazione femminile più alta del pianeta e un elevato tasso di mortalità per parto.

Le donne palestinesi sono per mille ragioni simbolo della Sumud (resistenza) palestinese e dopo il 7 ottobre 2023 sono diventate ancor di più, nell’immaginario collettivo, emblema dell’atroce sofferenza inferta alle madri, private dei loro bambini sotto il fuoco israeliano genocida, o attraverso lo stillicidio della privazione di cibo, disumana pratica perpetrata in maniera cruenta, con il blocco sionista nella Striscia di Gaza dell’ingresso degli aiuti umanitari. Il popolo palestinese resiste e cerca di tramandare le proprie identitarie tradizioni alimentari in simbiosi con la natura, soprattutto grazie al lavoro delle donne. Le tradizioni alimentari palestinesi sono sotto attacco non solo nella martoriata Striscia, ma anche in Cisgiordania, dove nemmeno la possibilità indisturbata di raccolta di erbe selvatiche stagionali è scontata. I coloni israeliani dediti all’aggressione dei civili, ostacolano soprattutto la raccolta delle olive dagli ulivi ancestrali sopravvissuti alla furia sionista, contro ciò che più rappresenta la Palestina storica. Cercano così di impedire il sostentamento della popolazione indigena, in un’economia già martoriata dall’apartheid, causata dal loro colonialismo di occupazione che ha militarizzato l’intero territorio. La questione della sovranità alimentare è senz’altro centrale per la liberazione del popolo palestinese.

La mostra lungo i mesi verrà guardata da pensatorə sociologicə che ispireranno un lo scritto attraverso le opere di Femministe per Gaza, di cui ci sarà una restituzione immediata durante la mostra, con video dirette di dialogo fra arte contemporanea e pensiero sociologico e successivamente con una pubblicazione dedicata. È importante che anche in Italia si riprenda l’uso di una parola e di un modo di porsi “femminista”, perché questa parola racchiude in sé le giuste rivendicazioni che hanno cambiato la storia delle donne, dando loro opportunità maggiormente eque (Vanessa Roghi «La parola femminista»). Le sorelle palestinesi con i loro collettivi femministi hanno danno un monito importante in questa direzione. Coordinatrice del gruppo di scrittura sarà Eliana Como, attivamente impegnata per il popolo palestinese e contro il genocidio a Gaza. Eliana Como che ha un dottorato in sociologia economica e lavoro, è sindacalista FIOM CGIL, per passione ricerca nel campo del recupero della memoria storica delle artiste di tutti i tempi, fa parte dell'ANPI come antifascista e del movimento transfemminista NUDM a Bergamo. Le prime che hanno deciso di far parte del gruppo di scrittura sono Milena Gammaitoni, Vanessa Roghi, Alessandra Nanna e Veronica Polese:

Milena Gammaitoni: professoressa di sociologia e sociologia delle arti a Roma3, nel 2024 ha curato il primo manuale italiano di sociologia che integra nella storia della sociologia le sociologhe ingiustamente escluse.
Vanessa Roghi: storica e scrittrice che con il libro «La parola femminista» ha dato di nuovo un senso forte e pregnante all'utilizzo della parola «femminista», dopo anni di diffuso disuso.
Alessandra Nanna: docente di Lettere nei licei, insieme alla rete «Docenti per Gaza» promuove la decolonizzazione del sapere scolastico e un approccio intersezionale alla didattica.
Veronica Polese: antropologa sociale collabora con organizzazioni del terzo settore nell’ambito della parità di genere, lo sviluppo socio-culturale, l’educazione ambientale, l’europrogettazione, la formazione, la divulgazione socio-antropologica.

Bio dell’artista Patrizia Bonardi curatrice della collettiva Femministe per Gaza. Artista fondatrice nel 2016 dell’associazione culturale Artists.Sociologists di dialogo fra arti visive e sociologia è curatrice delle collettive dell’associazione, ispirate alla sua tesi di ricerca del 2009 «Incontri inattesi quando artisti e sociologi dialogano» (Accademia Carrara Bergamo). Ha curato i due volumi edizioni Artists.Sociologists dal titolo «Dialogo fra artisti e pensatori sociologici» (2021). Dal 2007 - come artista - realizza lavori dedicati alle persone private o lese nei propri diritti, a cui unisce una spiccata sensibilità verso questioni di tutela ambientale. Da due anni è impegnata nella realizzazione di progetti con al centro opere materiche da lei realizzate, dedicati al ricordo dei bambini palestinesi uccisi a Gaza dopo il 7 ottobre 2023. Ha realizzato a riguardo le personali «Scaturisce» a cura di Kevin McManus, «Germinale» a cura di Solveig Cogliani con testo critico di Mariateresa Zagone, «Cuore di germinale» in collaborazione con Docenti per Gaza. Laboratori partecipativi progettati da Bonardi e già sperimentati al BACS Between Contemporary Art and Sociology sono in avvio nelle classi italiane per l’anno scolastico 2025/26, grazie alla rete Docenti per Gaza. Questo per far esperire ai ragazzi una partecipazione emotiva e per estendere collettivamente l’installazione «Per i bambini» di bendaggi medici annodati, a cui l’artista dedicherà il proprio rituale di solidarietà artistica, con cere d’api su bendaggio, pratica che la caratterizza dal 2008. È stata invitata dal Palestinian Museum US, come unica italiana a far parte della prossima collettiva che a primavera 2026 inaugurerà a Venezia.

Bio di Nada Elia il cui libro «Greater than the sum of our parts» (Pluto Press Ltd, 2023) è al centro dei significati della collettiva Femministe per Gaza ed in Italia è stato edito da Alegre ad ottobre 2024 con il titolo «La Palestina è una questione femminista». Nada Elia è una scrittrice palestinese della diaspora, attivista e professoressa universitaria di Global and Gender Studies negli Stati Uniti. È autrice tra l’altro di «Trances, Dances, and Vociferations: Agency and Resistence in Africana Women’s Narrative» (Routledge, 2000) e di «Palestine: A Socialist Introduction» (Haymarket, 2020). Fa parte del Palestinian Feminist Collective. Il libro «La Palestina è una questione femminista» è stato presentato a Bologna a inizio 2025, in collegamento con l’autrice, da Martina Napolitano e Andrea Rizzi che lo hanno tradotto. La casa editrice Alegre così lo presenta: «Le donne palestinesi raramente vengono poste al centro dei dibattiti sulla Palestina, in genere interpretata attraverso una lente maschile e, spesso, militarizzata. Così come spesso sono escluse dai dibattiti del femminismo occidentale mainstream. Nada Elia, con questo libro pieno di rabbia, amore e speranza, cambia il consueto punto di vista sul conflitto mediorientale mettendo al centro della sua analisi intersezionale l’attivismo delle donne palestinesi, e dimostrando che nessuna visione della resistenza può dirsi completa se non dedica ampio spazio al loro contributo. Le donne palestinesi, del resto, sono un bersaglio chiave di Israele fin dalla Nakba del 1948: uccise, stuprate, obbligate a partorire sotto il controllo medico israeliano, denutrite, costrette a vedere i propri figli e figlie morire sotto le bombe, nelle camere di tortura o negli ospedali. Sono un bersaglio chiave perché quello sionista non è solo un regime di apartheid ma è un progetto coloniale d’insediamento. E quest’ultimo, per sua natura, deve assoggettare le donne colonizzate in quanto portatrici del passato (la tradizione) e del futuro (la riproduzione biologica) del loro popolo. Oggi il pinkwashing fa parte della propaganda che presenta Israele come un’oasi di libertà e democrazia all’interno di una regione arretrata e omofoba. Ma nella realtà il colonialismo è sempre sessualmente violento. E la militarizzazione della società intensifica la matrice patriarcale delle comunità palestinesi così come normalizza la violenza in quelle israeliane, arrivando fin dentro le mura domestiche. È giusto allora, porre la questione femminista al centro dell’analisi dell’occupazione coloniale della Palestina. Perché, come dicono i collettivi femministi palestinesi, “non ci può essere una terra libera senza donne libere».

L'ingresso segue orari variabili, da concordare scrivendo a [email protected].

Informazioni

Prezzo: gratuito
Prenotazione: consigliata via mail

Contatti

Email: [email protected]

Data e Ora

Inizio: sabato 15 novembre 2025 10:00

Fine: sabato 14 marzo 2026 18:00

Giorni di apertura
L
M
M
G
V
S
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Documenti

Locandina

Luogo
BACS - Artists.Sociologists

Leffe, Via Donizetti, 42