Nomadland
Finalmente riaperto, al Capitol di via Tasso la proiezione del film di Lee Isaac Chung.
Empire, stato del Nevada. Nel 1988 la fabbrica presso cui Fern e suo marito Bo hanno lavorato tutta la vita ha chiuso i battenti, lasciando i dipendenti letteralmente per strada. Anche Bo se ne è andato, dopo una lunga malattia, e ora il mondo di Fern si divide fra un garage in cui sono rinchiuse tutte le cose del marito e un van che la donna ha riempito di tutto ciò che ha ancora per lei un significato materico. Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l'età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.
Nomadland riesce a fotografare perfettamente lo stato d’animo di una donna, di una comunità, di una nazione sempre più smarrita e disorientata. Un Paese ormai privato delle sue radici, che ha bisogno di recuperare il suo passato, tornare alle origini per provare a riscoprirsi. In Nomadland si respirano eccome gli effetti della politica di Trump. Il film è una sorta di elegia alle minoranze, agli emarginati e al senso di accoglienza cui forse un tempo gli Stati Uniti erano abituati ma di cui oggi risultano completamente privi. Nomadland è quindi la messa in scena di uno Stato che sa benissimo qual è il tetto sotto il quale ripararsi, ma non sa più a quale casa appartiene.
di Chloé Zhao, con Linda May, Frances McDormand, USA, 2020, 108’