Il fiume leonardesco
All'interno di tre conferenze pubbliche ideate e tenute dal Professor Cristian Bonomi, intitolate “L'Adda, dea operosa - da fiume sacro a dispositivo idraulico”.

Secondo incontro. Leonardo e l'Adda, il fiume geniale. Il panorama sull’Adda è assorto e totale: nella corrente si leggono i moti fondamentali dell’acqua (flusso, vortice, onda) che Leonardo da Vinci ritrasse durante i soggiorni lombardi, lasciando i suoi passi anche su questa riva. Studiò la fattibilità di un’audace conca a pozzo presso la località dei Tre Corni. Ai vortici del fiume il maestro ispira i ricci immortali delle bibliche figure che dipinge.
Specie il foglio 911 del Codice Atlantico dichiara la famigliarità del genio con il medio Adda, dove ritrae inoltre il traghetto tra Canonica e Vaprio (Windsor, RCIN 912400) e quello di Cassano d’Adda (Manoscritto K di Francia, 99).
Lungo questo tratto, dispositivi simili consentivano il valico del fiume in almeno sei punti: erano porti natanti assicurati a una fune e sostituiti poi da ponti stabili in muratura o reticolari.
Sopravvive soltanto il traghetto di Imbersago, detto leonardesco in ragione degli studi condotti dal maestro sui traghetti fratelli di Vaprio e Cassano d’Adda. Il genio vinciano contempera il rispetto per la natura e la contabilità delle acque: è artista affascinato dai vortici e insieme ingegnere idraulico chiamato a domarli. I suoi appunti circa la fattibilità del Naviglio di Paderno rilanciano la domesticazione del fiume sacro, il tentativo di ridurre l’Adda da capricciosa divinità a dispositivo idraulico.
Solo la trascrizione matematica della realtà manda gli dèi in esilio, calcola laicamente le acque senza farne mitologia e sancisce la vittoria del numero sulla parola. L’ascia cala alla radice delle querce, che non sono più sacre ai druidi; le cave cariano il versante, dove un tempo sedeva il dio; il fiume si riduce all’obbedienza.