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#amisuradibici: quando il traffico esclude i bambini dagli spazi pubblici

Articolo. Scuole assediate dalle auto, bambini e adolescenti che vengono lasciati dai genitori a pochi metri dall’entrata, smog, incidenti e ingorghi quotidiani. Il traffico automobilistico in prossimità degli istituti scolastici ha pesanti ripercussioni sulla vita dei bambini e deve essere affrontato come problema al più presto

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È da poco suonata la campanella d’inizio anno scolastico e già si vedono i primi effetti sul traffico urbano. Orde di scolari accalcano le fermate degli autobus. Piazzale Marconi, Porta Nuova e il centro cittadino brulicano di alunni provenienti dalla provincia e dai comuni limitrofi e il tram della Val Seriana viaggia stracolmo sin dal primo mattino. Tuttavia, la differenza sostanziale non riguarda i mezzi pubblici ma quelli privati. Numerose, infatti, sono le scuole assediate da auto strombazzanti che cercano di lasciare gli scolari a pochi metri dal cancello, magari invadendo le corsie ciclabili e i marciapiedi e sostando in doppia, terza fila. Questo, purtroppo è lo scenario mattutino che caratterizza non solo Bergamo ma molte città del nostro paese.

Una situazione tutta italiana

Secondo una ricerca pubblicata nel 2015, dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), in Italia la percentuale di bambini e bambine tra i 6 e gli 11 anni che vanno a scuola in autonomia si assesta intorno al 7% contro il 40-50% di Regno Unito, Francia e Germania e l’80-90% di Norvegia e Finlandia. Si tratta del penultimo posto tra i 16 Paesi oggetto dello studio . Nel 62% dei casi il mezzo di trasporto casa-scuola è l’automobile a cui segue la bicicletta/camminata (28%) e lo scuolabus (10%). Inoltre, nell’ultimo rapporto «Okkio alla Salute» del 2019, si mette in evidenza la bassa percentuale di bambini che si reca a scuola a piedi o in bicicletta (26,4%). Considerando il percorso di andata e ritorno questa percentuale scende al 24,7%, mentre la maggioranza utilizza la macchina o lo scuolabus (67,0%). Al Nord la quota di bambini che va a piedi o in bici è maggiore (29,0%) rispetto al Centro (20,4%) e al Sud (21,3%).

La quasi totalità dei bambini comunque viene accompagnata a scuola da un adulto e lo stesso avviene per tutti gli altri spostamenti quotidiani (verso uno spazio pubblico, un centro sportivo o famigliari/amici). Eppure, poche decine di anni fa la mobilità di un bambino in età scolare non era molto diversa da quella dei suoi genitori. Questo cambio di abitudini è associato al ruolo di supremazia assoluta dell’automobile rispetto agli altri fruitori delle strade urbane che si è andato affermando negli anni. Le strade, infatti, secondo il modello urbanistico dominante nelle città occidentali, sono costruite e tarate intorno all’adulto, maschio, lavoratore e automobilista. Dunque, si sono convertite quasi esclusivamente in canali di traffico tra un’isola (la casa) e l’altra (il luogo di lavoro e la scuola ad esempio).

Oltre a questo cambiamento culturale, il vuoto normativo relativo alla responsabilità sul bambino nel tragitto casa-scuola disincentiva l’autonomia degli spostamenti. Numerosi dirigenti infatti, per tutelarsi, richiedono che gli scolari minori di quattordici anni siano accompagnati da un adulto al rientro da scuola. Scuola che vai, ingorgo che trovi. Il problema delle auto in città, soprattutto nelle vicinanze delle scuole si traduce in una questione di sicurezza, salute e fruizione degli spazi.

In primo luogo, gli incidenti stradali costituiscono la principale causa di morte nei bambini tra gli 0 e 19 anni nei Paesi europei a maggior reddito e la maggior parte di questi vede i bambini a bordo con i genitori. In secondo luogo, le città, in particolare in pianura padana, hanno livelli di inquinamento atmosferico molto elevati, che frequentemente superano i limiti fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. I bambini purtroppo sono i più colpiti e i dati epidemiologici mostrano un’alta incidenza di malattie cardiovascolari, respiratorie e neurologiche. In terzo luogo, la scarsa mobilità causa sovrappeso e obesità, che insieme colpiscono circa il 30% dei bambini secondo il rapporto «Okkio alla salute 2019», delineando una situazione sanitaria preoccupante. Da ultimo, il traffico contribuisce all’esclusione dei bambini dagli spazi pubblici, relegandoli ad alcuni luoghi ben precisi (casa, scuola, centro sportivo, parco pubblico) in cui tipicamente hanno meno margine di azione a causa della presenza costante di un adulto. Questa preclusione all’utilizzo della strada, causata anche da un iperprotezione da parte dei genitori, ha implicazioni rilevanti sullo sviluppo del bambino.

Le conseguenze di una scarsa autonomia negli spostamenti riguardano infatti la salute fisica, lo sviluppo cognitivo e sociale così come la socialità e l’individualità. Le restrizioni alla libertà di movimento interferiscono con il gioco all’aperto, che è un’esperienza fondamentale di apprendimento e di socializzazione tra pari. Inoltre, la scarsa mobilità autonoma preclude attività legate all’avventura, la scoperta e il rischio e quindi all’apprendimento dei sentimenti connessi alla soddisfazione, la frustrazione, la paura e la capacità di giudizio. Dunque, si verificano a volte situazioni assurde in cui, per esempio, un ragazzino che a 13 anni quasi non si muove da solo, tutto d’un tratto, inizia a spostarsi in motorino. O che un adolescente appena compiuta la maggiore età si muova in auto ovunque, magari anche per andare a scuola, perché i genitori l’hanno sempre accompagnato dappertutto.

Strade a misura di bambini

Per fronteggiare la scarsa autonomia dei bambini negli spostamenti è urgente ridurre il traffico e rendere fruibili le strade soprattutto in prossimità delle scuole. Una misura molto efficace è l’istituzione delle strade scolastiche, ovvero di zone pedonali che impediscono il passaggio delle automobili in prossimità degli istituti. Alcune sono permanenti e prevedono panchine, giochi e disegni per favorire la fruizione dei bambini, mentre in altri casi si tratta di strade chiuse temporaneamente negli orari di uscita da scuola. Negli ultimi anni le strade scolastiche si sono diffuse su tutto il territorio nazionale ma seguendo una distribuzione a macchia di leopardo, determinata dall’influenza più o meno forte di genitori/dirigenti e sindaci che a seconda dei casi appoggiano o ostacolano la causa. Milano è probabilmente la città italiana più sul tema, anche grazie al comitato Massa-Marmocchi che si batte per rendere più sicuri gli spostamenti casa-scuola.

Tuttavia, anche in questo caso il confronto tra l’Italia e gli altri paesi del centro-nord Europa è assolutamente impari. Roma conta una cinquantina di strade pedonali contro le 500 di Londra, le 170 di Parigi e le 150 di Barcellona. Nel comune di Bergamo sono una decina scarsa le ZTL attive nel periodo scolastico. Nei paesi nordici invece, le strade scolastiche sono la norma, in quanto a scuola si accede solo in bicicletta o a piedi. A giugno 2022 è entrato in vigore il decreto «Semplificazioni» che introduce la possibilità per i Comuni di istituire le strade scolastiche: al momento però ha risposto una percentuale irrisoria (1%). Sarebbe necessario un intervento strutturale del Parlamento che obblighi la chiusura del traffico davanti a tutti gli istituti scolastici, così come chiesto dal Coordinamento Associazioni e Movimenti Cicloattivisti e Ambientalisti per la Mobilità.

Altre misure per incentivare la mobilità sostenibile nel tragitto casa-scuola consistono nella realizzazione di itinerari ciclabili e nell’organizzazione del servizio del «piedibus», che prevede che gruppi di bambini si rechino a scuola a piedi accompagnati da un adulto seguendo un itinerario stabilito. I «piedibus» sono presenti in molti comuni, tra cui a Bergamo, su una dozzina di scuole. Giovedì 21 settembre, in un intervento organizzato all’interno della Settimana europea della Mobilità di Bergamo, verrà presentata la nuova mappa dei piedibus cittadini.

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