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Che significato ha oggi una ninnananna davanti alla Capanna

Articolo. Lo abbiamo chiesto a Don Gianmario Della Giovanna, direttore dell’ufficio diocesano pastorale per la famiglia. “Dentro ‘Ninnalana’ ci sono alcuni aspetti molto forti per ridare un valore umano, relazionale, civile e religioso alla festa del Natale

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Una capanna illuminata, un pastore con il suo flauto, adagiato sul meccanismo rotante di un carillon che, una volta azionato, suona una melodia. E poi la culla ancora vuota, sorvegliata dalle statuette della Madonna e di Giuseppe in paziente attesa, mentre tutt’intorno si affolla un via vai di pecorelle poste accuratamente l’una accanto all’altra.

Con le dovute differenze, molti riconosceranno in questa visione l’immagine tipica dell’arrivo del Natale nell’intimità delle proprie abitazioni. Perché in fondo si sa che il presepe è un simbolo religioso, ma soprattutto una celebrazione della bellezza e del mistero della nascita, una visione familiare capace di richiamare il ricordo dell’infanzia e degli affetti.

Così in questo periodo dell’anno la capanna di Natale diventa un di piccolo faro per ricordarci che al di là dei regali e dei lustrini c’è ancora bisogno di relazioni e incontri. Un bisogno di tenerezza che vive nelle piccole cose sincere, come un canto sottovoce, una morbida coperta avvolta intorno al corpo di ognuno di noi, a proteggerci dal freddo.

Non a caso sono proprio questi gli elementi che caratterizzano “Ninnalana – Ninnananna alla Capanna”, il concorso di Eppen e L’Eco di Bergamo che chiede ai partecipanti di inviare un video intonando la propria ninnananna preferita, sia essa locale, straniera o originale (potete trovare maggiori dettagli qui). Un’idea che nasce dal desiderio di riscoprire le nenie di Bergamo e del mondo, favorire un momento di condivisione e rimettere al centro quelle piccole filastrocche che legano i bambini ai loro genitori e ai loro nonni. Primi passi di un’educazione alla dolcezza, sguardo originario sulle cose del mondo.

Con Don Gianmario Della Giovanna – consigliere spirituale, direttore dell’ufficio diocesano pastorale per la famiglia e consulente ecclesiastico della Fism e dell’ADASM – abbiamo parlato dei valori e dei diversi livelli di significato che un evento come “Ninnalana” porta con sé.

Dentro ‘Ninnalana’ ci sono alcuni aspetti molto forti per ridare un valore umano, relazionale, civile e religioso alla festa del Natale”. Laddove si assiste a un parziale svuotamento dei significati più profondi della tradizione umana e cristiana, l’evento “raccoglie quelle esigenze educative capaci di rimettere al centro le questioni più profonde del tempo natalizio, riunendo le tradizioni del pastore, della lana, della ninnananna in un modo unico”.

C’è però anche una dimensione interreligiosa e interculturale, con un chiaro punto di unione proprio attorno ai temi “della nascita e del bambino, nei quali l’uomo trova una sua potenza, bellezza e unitarietà”. E proprio la nascita apre le porte al terzo livello di lettura di matrice prettamente sociale: “In un clima di denatalità dove la sfiducia nella vita, le difficoltà a livello sociale, economico, finanziario portano a una iperconcentrazione su sé stessi, ricollocarsi davanti al mistero del nascere pone tutti nella condizione di ripensare scelte che ormai si impongono alla vita di una coppia, spingendo verso una difficoltà sempre più grande alla generazione dei figli”.

Il sacerdote sottolinea inoltre come “in tutte le confessioni religiose il senso ultimo del bambino è di essere un dono del mistero divino e di dio” e quanto, in un’ottica cristiana, “ogni bambino è immagine di Dio a somiglianza di Cristo. In questo senso il fatto di aver coinvolto quest’anno il mondo delle scuole dell’infanzia paritaria, parrocchiali o di ispirazione cristiana è un segnale significativo”.

Proprio la matrice educativa insita nelle canzoni dell’infanzia riporta al centro del palcoscenico l’importanza formativa della rete degli istituti locali e dell’ADASM, della quale fanno parte circa 19 mila bambini e 225 istituti. La ninnananna è vista così come “un elemento universale, una tradizione bellissima che deve essere recuperata a tutti i livelli e che coinvolge anche un piano relazionale tra bambino, padre e madre”.

Uno spunto per un ripensamento anche in un’ottica più ampia, di matrice economico-finanziaria. Così se lo spirito dei tempi è sempre più incentrato sul benessere dell’individuo, “continuare a creare le condizioni per cui un uomo e una donna legandosi e generando figli possano essere una cellula di umanità da custodire è una sfida, un compito e una responsabilità per tutti”.

Un impegno riguardante non solo le singole persone, ma una realtà istituzionale ben più ampia: “Oggi c’è un dramma educativo. Le condizioni sono rosicchiate e un genitore fa doppiamente fatica a portare avanti ciò che ha più nel cuore. In questo senso le istituzioni civili e le comunità cristiane devono essere di grande supporto e di aiuto perché le coppie oggi e le famiglie domani trovino un sostegno reale per svolgere il loro compito”.

Cosa fare allora? Difficile a dirsi: “Il sistema si autogestisce e si massacra, non c’è una singola entità che ha in mano questa situazione ed è difficile tracciare la strada. È un punto di vista politico, partitico, ecclesiale, finanziario dove tutti sono coinvolti”. La soluzione appare però proprio l’universo educativo e non solo nell’età scolastica: “È necessario continuare a curare e potenziare quei servizi educativi di sostegno alle famiglie, non tanto ai bambini, che oggi sono già in atto e che le istituzioni attente valorizzano. Vedere quali funzionano e investire in termini economici e di qualità umana nelle iniziative della nostra terra già presenti”.
Del resto se è vero che le grandi distanze si coprono solo mettendo un passo dopo l’altro, perché non fare delle nostre ninnenanne un piccolo punto di partenza in questa direzione?

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