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Dall’antipasto al dolce: la tavola di Natale nella bergamasca

Articolo. Il 25 dicembre, data che presso gli antichi romani coincideva con i festeggiamenti per il solstizio d’inverno, i Cristiani commemorano la nascita di Cristo. Il Natale (Nedàl) è una festa che si è andata caricando di significati simbolici. La condivisione della tavola come centro di aggregazione degli affetti familiari è uno degli aspetti fondanti di questa festa

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Preparazione dei casoncelli (Foto Marco Mazzoleni)

Ogni cultura, ogni regione, ogni città, ogni famiglia si riconosce in consuetudini gastronomiche natalizie che si presentano come vero e proprio linguaggio comunicativo. Nella bergamasca i momenti gastronomici della festa sono essenzialmente due: il cenone (senù) della Vigilia e il pranzo di Natale.

Sia nelle povere abitazioni rurali che nelle agiate case della borghesia cittadina ardeva nel camino il sacro ceppo di Natale su cui venivano fatti bruciare i ramoscelli di ginepro e d’alloro. Al loro tepore si sarebbero asciugati – così si raccontava ai piccoli – i pannicelli del Bambin Gesù. Nelle case contadine si vegliava intorno al focolare, autentico fulcro della vita domestica, mangiando castagne arrostite con qualche boccale di vino e raccontando storie o cantando in attesa della Messa di mezzanotte, dopo la quale veniva il cenone vero e proprio (chiamato pös-sèna in val Brembana), costituito in genere da polenta, insalata, un po’ di pesce salato, castagne e qualche pezzo di zucchero o qualche confetto da riservare ai bambini. A riscaldare la veglia arrivava anche il bandino dei baghèt, piccoli gruppi di zampognari che passavano di aia in aia a suonare e cantare le pastorèle in cambio di un po’ di vino bevuto in compagnia.

Molto meno frugale la vigilia nelle case abbienti, ma rigorosamente di magro: anche qui qualche castagna prima della messa, ma il senù del dopo mezzanotte si faceva ricco e sontuoso, con le sardelle e i sottaceti e i sott’olio, i ravioli di magro, l’immancabile anguilla, e poi i torroni, la frutta secca, i datteri, gli agrumi.

La mattina di Natale ci si affaccendava in cucina e, dopo la Messa, ci si sedeva intorno al desco per il pranzo di Natale. Nelle case contadine si dava il meglio, ciascuno secondo le proprie risorse: salame con qualche sottaceto, minestra di verdura, casoncelli, pollo lesso, qualche schiacciata dolce da intingere nel vino e magari il grappino finale distillato in casa erano le ghiottonerie d’eccezione di un giorno speciale. In quelle più abbienti era un trionfo: prosciutto e galantina, nervetti in insalata, lingua salmistrata, riccioli di burro, ravioli in brodo di cappone, lesso misto con mostarda, pasticci di frolla e rigaglie di pollo, cappone ripieno, tacchino arrosto, formaggi, torroni, arance e mandarini, grappe e rosoli.

Oltre al presepio nel corso nella prima metà de XX secolo si iniziò a addobbare anche un abete secondo la tradizione tipica del nord Europa. Pare che il primo sia stato creato con un manico di scopa al quale erano stati fatti dei buchi dove erano stati inseriti dei rami di abete, fissati al bastone mediante la colla e decorati con palline di carta colorate e più tardi di vetro. Un albero fatto con il cuore.

Un menù natalizio 100% bergamasco

Con i venticinque prodotti tutelati dal marchio «BERGAMO, Città dei Mille… sapori» si può approntare un pranzo di Natale da leccarsi i baffi. Per iniziare un ricco tagliere di salumi: ol salàm, il lardo, la pansèta, la storica Testina còcia de la Bergamasca e il Prosciutto crudo bergamasco «Il Botto». Naturalmente accompagnati dalla pagnotta Garibalda da gustare anche con agrì e caprini serviti con il miele e con i tipici cetrioli moscatelli sott’aceto o i peperoni a sigaretta tagliati a listarelle e poi mescolati con lo strachì Monte Bronzone. Una preparazione quest’ultima da tutto pasto che, un tempo, restava in tavola fino al momento del dolce.

La scelta tra i primi piatti è tra le paste ripiene del territorio. I classici casonsèi dal sapore suadente dovuto alla pera e agli amaretti ben combinati con il formaggio, la pasta di salame e la carne di manzo, da condire con burro salvia e pancetta. I gustosi scarpicòcc de Par ripieni di grana padano Dop e conditi con burro. Le creste scalvine con la formaggella della Valle di Scalve condite come la fantasia vi suggerisce: tartufi, funghi, zucca, erbe spontanee, fiori, licheni, mirtilli e verdure. Si può infine optare per i rafioli di Sant’Alessandro, ricchi di pecora gigante bergamasca, la cui storia inizia nel 1187.

Ben due i secondi, accompagnati dalla polenta di farina integrale e bramata della bergamasca : strinù, la salamella cotta sulla griglia e la loanghìna stufata con la cipolla piatta bergamasca, da servire con una croccante scarola di Bergamo. Per finire, nel nostro territorio immancabile è il tagliere di formaggi: torta orobica, stracchino Bronzone, formaggella della Valle di Scalve, erborinato bergamasco. Tre i dolci tra cui scegliere: Polenta e osèi, creata da Alessio Amadeo nel febbraio 1910; Turta del Donizèt, ideata da Alessandro Balzer nel 1948 in onore del centenario della morte di Gaetano Donizetti (1797-1848) famoso musicista bergamasco; la Turta de Treì , ricca di mandorle. Il tutto annaffiato dall’ampia gamma dei Valcalepio Doc o con le birre bergamasche e, in chiusura, un buon moscato di Scanzo Docg. Trovate produttori e ricette sul sito della Camera di Commercio di Bergamo.

I casoncelli della bergamasca

Il nome «Casonsèi de la Bergamasca» è riservato esclusivamente al prodotto che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare della Camera di Commercio.

Ingredienti per 6 persone: per la pasta 400 g farina 00, 100 g farina grano duro, 2 uova (da 1 a 2), acqua q.b.

Per il ripieno 125 g pane secco grattato o ammorbidito nel latte (o grissini, ma non ammorbidire nel latte né il pane né i grissini), 1 uovo, 75 g grana padano, 150 g macinato base per salame, 100 g carne bovina arrostita, 5 g amaretti, 10 g uvetta sultanina, mezza pera spadona in primavera-estate o una pera abate in autunno-inverno (100 g), spezie a piacere: noce moscata, cannella, pepe bianco e nero, sale q.b., sccorza di limone, 1 spicchio aglio, 15 g foglie prezzemolo.

Per il condimento 120 g burro, 12 foglie salvia, 50 g pancetta a listarelle o pezzettini.

Tempo di preparazione e cottura: 2 ore.

Preparare la pasta con tutti gli ingredienti e farla riposare in frigorifero avvolta in pellicola per 30 minuti.

Per il ripieno, il disciplinare della Camera di Commercio prevede l’amalgama a freddo di tutti gli ingredienti, una volta sbriciolati gli amaretti ed affettate e tagliate le pere a quadratini piccoli.

Tirare la pasta in sfoglia alta 0,6 mm, fare dischi di 6-8 cm e porvi il ripieno. Chiudere i bordi dei casoncelli in modo da ottenere dei semi-cerchi, piegare leggermente il bordo e infossare un poco il centro in modo da dare la forma caratteristica ad ali d’uccello. Cuocere i casoncelli in acqua bollente salata per 7-8 minuti. Condirli con burro nel quale sono stati fatti rosolare salvia e pancetta.

Una curiosità: la Camera di Commercio con il marchio «BERGAMO Città dei Mille… sapori» ha scelto di tutelare questa ricetta che in un apposito concorso è risultata la migliore tra una trentina di preparazioni casalinghe. Il ripieno comprende tutti i diversi ingredienti contemplati nelle molteplici varianti di casoncelli: pane, formaggio, uova, aglio e prezzemolo nelle zone montane, carne di maiale nelle valli, amaretto e carne di manzo in città, pera nelle zone di pianura.

Ecco una buona alternativa al procedimento di preparazione del ripieno: soffriggere in poco burro la pasta di salame, scolare il grasso, aggiungervi la pera sbucciata e a cubetti, poi la carne bovina arrostita, l’aglio tritato, il prezzemolo e far insaporire. Far raffreddare e aggiungervi gli altri ingredienti, l’impasto deve risultare consistente, ma morbido.

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