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Il gusto unico della Loanghìna e del Codeghì

Articolo. Loanghìna o salamella bergamasca? Al solo pensiero la salivazione sale e la fantasia si accende. Oggi, su quale di queste leccornie bergamasche cadrà la scelta? Una loanghìna morbida e succulenta cucinata con le cipolle o grigliata e accompagnata da una buona polenta bergamasca oppure uno strinù, la salamella alla brace accomodata con tutti i suoi umori in una michèta croccante con un buon bicchiere di Valcalepio rosso Doc?

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Cosa dire poi della versione street food ? Forse un poco esagerata ma molto gustosa: la pasta della loanghìna o della salamella bergamasca, modellata in modo che sia lunga 5-6 cm e di diametro massimo 3 cm viene infarinata, passata nell’uovo sbattuto e nel pangrattato e poi fritta. Servita inserendola in uno lungo stecchino è… un concentrato di bontà!

Loanghìna de la Bergamasca

È parte della storia del territorio Orobico. Pensate che la prima ricetta della Salsiccia Bergamasca è contenuta in un libretto manoscritto nel XVI secolo da uno speziale di Città Alta, tale Alessandro Boyanis, che per la sua luganega de porcho usava carne magra tagliata al coltello, pepe, semi di finocchio e sale. Ancora oggi è un prodotto che richiede qualità delle materie prime e grande manualità. Per tutelare questa eccellenza del territorio la Camera di Commercio di Bergamo ne ha disciplinato la produzione inserendolo nel marchio di garanzia e qualità «BERGAMO, Città dei Mille… sapori».

Ottima ai ferri arrotolata su sé stessa e fermata da uno stecchino o, meglio, da un rametto di rosmarino con i soli aghi finali, costituisce un secondo piatto completo se stufata in tegame con le cipolle piatte bergamasche. È ingrediente principale di sughi per paste fresche, lasagne o gnocchi, della frittata rugnùsa e della polenta e osèi, ma, anche, del risotto alla bergamasca, ricetta storica dell’indimenticato gastronomo Pino Capozzi, uno dei primi «cucinieri televisivi» negli anni Sessanta. Non solo, la loanghìna è ingrediente fondamentale degli oselì scapàcc della mia famiglia, uniti a castagne cotte nel latte e poi passate e grana padano Dop; una vera bontà.

È prodotta con carni fresche suine, la parte magra si ricava da coscia, spalla e coppa, mentre per la parte grassa la carne proviene da gola, sottogola e pancettone. La concia avviene aggiungendo all’impasto sale marino, vino rosso e spezie. L’impasto viene quindi insaccato utilizzando il budello di ovino detto groppino. Va conservata in luoghi freschi e areati. Il marchio camerale disciplina anche il procedimento per una Loanghìna davvero inebriante, confezionata secondo un’antica tradizione bergamasca, con aggiunta di brodo e di formaggio grattato; una preparazione molto gustosa, da provare.

I produttori della Loanghìna de la Bergamasca che si sottopongono periodicamente alla verifica del rispetto del disciplinare da parte di un ente certificatore e ai quali è concesso l’uso del marchio di garanzia e qualità «BERGAMO, Città dei Mille… sapori» sono: Carminati S.r.l. di Albino, Cà del Botto S.r.l. Ardesio, Bortolotti Salumi S.r.l. di Cene, Ditta Gamba Edoardo di Pierluigi Gamba S.r.l. di Villa d’Almè, Fratelli Rizzi S.r.l. di Ghisalba, Salumificio Alborghetti S.r.l. di Ambivere, Salumificio Bonalumi S.r.l. di Mozzo.

Codeghì de la Bergamasca de pasta de salàm

Lo strinù è il re della brace bergamasca. È una leccornia a cui nessuno riesce a sottrarsi. Al solo pensiero di un bel panino, precisiamo, una michèta, con uno strinù tagliato a metà nel mezzo… viene l’acquolina in bocca. È succulento, appagante, persino consolatorio e non ha stagione: è gradito sia d’inverno cotto sulla piastra sia d’estate abbrustolito sulla brace. In italiano lo strinù è la Salamella Bergamasca che viene cotta sul fuoco fino a quando non è strinata, bruciacchiata dai segni della gratella.

Non è semplicemente un cotechino! Il Codeghì de la bergamasca non contiene cotenna di maiale; per confezionarlo si utilizzano parti grasse e magre nobili. Per questo necessita della specifica pasta de salàm che lo distingue da tutti gli altri prodotti simili. Altra caratteristica unica è che è insaccato nel budello naturale di suino, la bagetta, e poi legato con lo spago. Un tempo una bella sfilza di salamelle costituiva la “collana” della festa nel giorno in cui arrivava il norcino, detto copasunì o masant. Una volta confezionate le salamelle erano appese nelle cantine anche per una breve stagionatura. È indicato come «piatto meritevole di essere citato» dalla Guida gastronomica d’Italia del Touring Club Italiano nella prima edizione del 1931, dove si afferma che è una preparazione «in grande onore specialmente in Carnevale».

È ottimo anche bollito o stufato con le verze o con le cipolle bergamasche; in tal caso viene cotto intero. Spesso è servito con la polenta bergamasca, talvolta anch’essa a fette abbrustolite. Sarà un caso fortuito, ma questo piatto tipico del territorio richiama i colori dello stemma della Città di Bergamo: oro e rosso.

I produttori del Codeghì de la Bergamasca de pasta de salàm che si sottopongono periodicamente alla verifica del rispetto del disciplinare da parte di un ente certificatore e ai quali è concesso l’uso del marchio di garanzia e qualità «BERGAMO, Città dei Mille… sapori» sono: Societá agricola “Rier” di Bresciani s.s. di Gandosso, Bortolotti Salumi S.r.l. di Cene, Cà del Botto S.r.l. Ardesio, Ditta Gamba Edoardo di Pierluigi Gamba S.r.l. di Villa d’Almè, Fratelli Rizzi S.r.l. di Ghisalba, Salumificio Alborghetti S.r.l. di Ambivere, Salumificio Bonalumi S.r.l. di Mozzo, Carminati S.r.l. di Albino.

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