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Ceresa, quando una vita ordinaria affascina di più di una sregolata

Articolo. Fino al 24 settembre, nella Parrocchiale di San Giovanni Bianco, si potrà ammirare una mostra dedicata a Carlo Ceresa, celebre pittore bergamasco fortemente legato alla sua terra: la Val Brembana. L’esposizione permetterà di capire la vita ordinaria di un artista che ha segnato per sempre la storia dell’arte locale

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San Rocco invoca la Sacra Famiglia (Ceresa)

Anche l’arte è condannata ad avere i suoi luoghi comuni e sono tanti: «è arte solo se è bello», «lo sapevo fare anche io», «se non si spiega da solo non è arte», «l’arte vera non ha nulla a che spartire con il denaro». Ma lo stereotipo più duro a morire è che l’artista non è un vero genio se non è sregolato, bohémien, tormentato. “Meglio ancora” se è anche affetto da disturbi mentali. Ecco perché Caravaggio, Van Gogh, Dalì o Frida Kahlo sono destinati a spaccare, sempre e ovunque vengano esposti. Ma è proprio vero che l’arte affascina di più se è infelicità e sofferenza? O che la vita dell’artista è un valore aggiunto solo se è turbolenta, senza regole e piena di colpi di scena? Una piccola mostra dedicata a Carlo Ceresa ci insegna quanto l’ordinaria vita di un pittore valligiano possa accompagnare la sua arte riempiendoci di stupore e tenerezza.

La mostra

Ceresa non sarebbe Ceresa senza la sua Valle Brembana. E viceversa. Ma, allo stesso tempo, ci chiediamo: se il pittore, per amore della sua Caterina, non si è mai allontanato dalla valle, come è riuscito a diventare uno dei protagonisti della pittura lombarda del Seicento? Molti interrogativi sono ancora destinati a rimanere aperti, ma è universalmente assodato il legame inscindibile che l’artista ha intessuto con la sua terra, entrata con naturalezza a far parte dei suoi dipinti, tra fisionomie, paesaggi, tessuti, natura, cultura, devozione, oggetti. È la cifra di questo rapporto esclusivo che nel 1983 fa scrivere a Giovanni Testori, sulle pagine del Corriere della Sera, «Ma Ceresa è un’altra cosa”: “È con lei e in lei - la sua valle - che la sua ritrattistica s’erige come un caro, fermo “promemoria” fatto in cucina».

Non è possibile, insomma, comprendere il mondo di Ceresa pittore se non si conosce la sua avventura umana, dentro la sua terra. Per incontrarlo, una bella occasione è la piccola mostra «Sulle vie di Carlo Ceresa», visitabile nello scurolo della Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Bianco. L’esposizione è curata dai giovani brembani Veronica Benintendi, Maria Noris e Luca Zonca, coordinati da Giovanni Berera nell’ambito del progetto «Le Vie del Sacro», promosso dalla Diocesi di Bergamo e affidato a Fondazione Bernareggi.
In mostra due pale d’altare e il ritratto del Cardinale Gregorio Barbarigo – Ceresa lo incontrò probabilmente nel 1658 in occasione della visita pastorale a San Giovanni –, insieme ad alcuni documenti dell’Archivio parrocchiale che restituiscono uno spaccato commovente del mondo degli affetti ceresiani. La mostra è poi il punto di partenza di un bouquet di itinerari alla scoperta dell’avventura umana e artistica di Ceresa, che si snocciolano tra le chiese di San Giovanni Bianco, le sue contrade e i paesi vicini.

Una storia (extra)ordinaria

Ceresa nasce a San Giovanni Bianco nel 1609 e trascorre gran parte della sua vita nella cascina di Grabbia, un pugno di case abbarbicate sopra il paese. I documenti esposti ci parlano di una prova d’amore: il 5 gennaio 1635 il pittore firma infatti il contratto di matrimonio con il padre di Caterina, Giuseppe Zignoni, nel quale viene stabilito che i futuri sposi avrebbero vissuto nella casa degli Zignoni a Grabbia, per permettere a Zignoni di passare più tempo possibile con la sua unica figlia: «…Et perche il detto Domine Gioseffe Zignoni non ha altri figliuoli maschij, ne femine, che la detta Madonna Caterina sua figliuola diletta la qual desiderando tener ancor in casa sua, et goderla sinche piace a Dio, ha perciò trattato et concluso di accettar in casa sua il prefato Messer Carlo Ceresa suo genero come per suo diletto figliuolo, et che habba sposato che sia entrar et viver in casa sua con la detta sua consorte al ben et al male secondo vivera anco detto Domine Iseppo Zignoni con sua consorte, e a far tutto quello bisognara in casa sua, et prestar a detti Padre e Madre et soceri respettivamente essi giugali quella obedienza, servitù, et fidele e legale compagnia che convien a boni e diletti figli, come cossi il detto Messer Carlo a suo et detto ussorio nome conviene fare et attendere salvi però li atti et conditioni infrascritti fra esse parti dichiariti…».

A Ceresa, inoltre, non è permesso allontanarsi dalla futura moglie se non per periodi di breve durata, situazione che rendeva certamente difficile esercitare la professione di ritrattista. Il suocero muore il 30 marzo successivo, ma Ceresa è integerrimo e mantiene puntualmente fede all’accordo firmato: sposa Caterina il 16 aprile nella parrocchiale di San Giovanni Bianco e si trasferisce come promesso a Grabbia, da dove non si hanno notizie di suoi spostamenti. Partecipa attivamente alla vita politica del paese natale: firma la petizione per la costruzione del convento dei Cappuccini sulla sponda sinistra del Brembo, è membro della confraternita dei Disciplini ed è stato uno dei sindaci del Comune.

Il suo matrimonio sarà duraturo, ma la sua non sarà una famiglia fortunata: degli 11 figli, ben sei muoiono in età infantile. Solo alla metà degli anni Sessanta si trasferisce con la moglie e i figli a Bergamo. Il 1679 è l’anno più funesto per la famiglia Ceresa: il 30 gennaio muore Carlo, all’età di 70 anni, e viene sepolto nella chiesa di S. Alessandro della Croce in Borgo Pignolo; cinque mesi dopo, il 13 giugno, muore l’undicesimo figlio a soli 20 anni e il 14 luglio chiude gli occhi anche la sua Caterina.

Gli itinerari

La mostra «Sulle vie di Carlo Ceresa» si può visitare, nello scurolo della Parrocchiale di San Giovanni Bianco, fino al 24 settembre , tutte le domeniche dalle 16 alle 19. Ad accompagnarla, un ricco calendario di iniziative e percorsi, a partire da «Chiese aperte per Carlo Ceresa»: il 13 agosto (ore 16-19) porte aperte a San Pietro d’Orzio, Costa San Gallo, San Gallo, Oneta, Sentino, Pianca e Fuipiano al Brembo. La riapertura generale sarà replicata anche domenica 10 settembre (ore 16-19). Gli itinerari a piedi «Sui passi di Carlo Ceresa» ci accompagneranno domenica 20 agosto alle 16, da Fuipiano al Brembo a Cornalita, e il 3 settembre, dalle 10.30 alle 13.30, da Oneta alla Pianca.

Per maggiori informazioni sulla mostra e sul progetto e per tutte le prenotazioni, vi consigliamo di consultare il sito «Le Vie del Sacro» e il sito della Fondazione Bernareggi.

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