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Tra Lotto e Copernico splende il mistero del Sole

Articolo. Giovedì 4 maggio alle 20,45, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, Telmo Pievani offrirà uno sguardo inedito sul genio di Lorenzo Lotto. Al centro della sua attenzione ci sarà la tarsia del «Magnum Chaos», ossia della Creazione

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La Creazione,1524

Ultimo appuntamento, giovedì 4 maggio alle 20,45 nella Basilica di Santa Maria Maggiore, con «Lotto. L’immaginazione e la luce», il ciclo di incontri promossi da Fondazione Mia intorno alla pubblicazione del libro «Lorenzo Lotto. Lettere. Corrispondenze per il coro intarsiato», curato da Corrado Benigni e Mauro Zanchi. Incontri seguitissimi, per non dire affollati, e non solo perché Lotto esercita sul pubblico un’attrazione irresistibile: «Senza dubbio la figura di Lorenzo Lotto è affascinante – commenta Benigni, autore del saggio “Lorenzo Lotto. Lettere” – ma in questo anno della Capitale della Cultura abbiamo voluto fare uno sforzo per dare un contributo di novità, nella nostra città, allo studio di questo grande artista. Lo spirito con cui è stato costruito il volume e, di conseguenza gli incontri, è stato di restituire la complessità del genio di Lotto, indagandolo da angolazioni differenti, facendoci prestare lo sguardo da studiosi di diverse discipline: uno storico, uno storico dell’arte, un filosofo, una poetessa. Tante tessere per comporre un mosaico, pur nella consapevolezza che, quando si parla di Lotto, il mosaico si ricombina continuamente».

Protagonista della conferenza conclusiva è il filosofo Telmo Pievani, che riprenderà i temi del suo saggio in volume, intitolato «Lotto, Copernico e la Lanterna del mondo», nel quale immagina di “leggere” nel pensiero di Lotto, di Capoferri e di Copernico, tessendo una ragnatela sottile di fili rossi che uniscono arte, filosofia, scienza e homo faber.

Il Sole al centro

«Circha li desegni de li coperti, sapiate che son cose che, non essendo scritte, bisogna che la imaginatione le porti alla luce…»
Lorenzo Lotto, lettera «ai reggenti della Misericordia, 10 febbraio 1528, da Venezia»

«Al centro di tutti risiede il sole. Chi infatti situerebbe in questo stupendo tempio una luce in altro o migliore luogo di questo, da cui può illuminare ogni cosa simultanea¬mente? Non a caso alcuni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri rettore dell’universo. Trismegisto lo chiama Dio visibile, l’Elettra di Sofocle “colui che vede tutte le cose”. Così dunque il sole, quasi come seduto sul soglio regale, governa la fa¬miglia degli astri che gli girano intorno»
Niccolò Copernico, «De revolutionibus orbium coelestium», 1543

Nell’immaginario collettivo ormai Lotto è saldamente presente come pittore e anche, almeno in parte, come uomo. Quello che ancora per noi resta, del tutto o in parte, insondabile è il “Lotto pensiero”. Si può dire che Lotto fu anche un grande “pensatore”? Che la sua, mediata dall’immagine, sia stata comunque anche una piccola, grande “rivoluzione” del pensiero? Ma i suoi committenti l’avranno compresa? E, al contempo, noi siamo o saremo mai in grado di comprenderla fino in fondo?

Che Lotto amasse proporci “esercizi di intelligenza” è indubbio. Tutti ci siamo deliziati nell’individuare il celebre rebus nascosto nella piccola falce di luna che occhieggia dal cielo notturno a una Terra su cui troneggia una paffuta matrona. A svelare l’identità dell’effigiata è infatti proprio la luna, con inscritte le lettere maiuscole CI: «Lu-CI-na Brembati». Se non fosse che la maggior parte di noi si è accostata al rebus conoscendone già la soluzione. Nessuno sforzo, ma Lotto lo sforzo lo richiede eccome. Quello di Lucina era solo un piccolo test, un assaggio sorridente, alla sfida ben più seria che l’artista ci lancia nei simboli, nei geroglifici, nelle allegorie disseminati nelle tarsie del coro di Santa Maria Maggiore. Sono le sue “imprese”, nel senso di rappresentazioni simboliche di un pensiero, che trasformano un capolavoro di invenzione e di tecnica in un vero e proprio cammino iniziatico che conduce attraverso questa selva di allegorie dall’oscurità alla luce, dall’ignoranza al “Sole” divino della conoscenza.

Committenti e contemporanei dell’artista, certamente, ne avranno colto immediatamente tutte le implicazioni. O quasi, perché quello di Lotto è anche, in parte, un mistero voluto, una domanda aperta perché l’esercizio di intelligenza dei fruitori possa continuare all’infinito, e secondo le regole che ogni tempo della storia si darà per giocare. Così, se si accetta la sfida di provare a decrittare gli enigmi che Lotto ci ha lasciato, come tra gli altri ha deciso di fare anche Telmo Pievani, ci si tuffa in una complessità tale di “scatole cinesi” della conoscenza che ciascuno potrà ritrovare ciò che la propria cultura gli ha trasmesso.

Dunque, un filosofo della scienza come Pievani, che cosa può aver intravisto nei rebus lotteschi? Al centro della sua attenzione è quel capolavoro di simbologia che è la tarsia del «Magnum Chaos», ossia della Creazione, quella in cui Lotto immagina che il grande occhio del Creatore, inscritto nel Sole, abbia grandi mani capaci di plasmare il cosmo e grandi piedi capaci di portarlo in ogni luogo.

«Mentre Lotto frequentava i suoi primi committenti a Treviso, poco distante, all’Università di Ferrara – scrive Pievani si laureava in diritto canonico un astronomo e matematico tedesco-polacco, figlio di un mercante e di una nobildonna, Nikolaus Kopernicki, poi latinizzato Copernicus. Aveva studiato anche a Bologna e a Padova. Conosceva Tolomeo, i dibattiti dei pitagorici sui movimenti reciproci di terra e sole, il platonismo matematizzante di Pico della Mirandola. Di mestiere faceva tutt’altro (tasse, catasti e regolamenti), ma dieci anni più tardi, dal castello di Olsztyn, sintetizzò le sue osservazioni astronomiche in appunti e tabelle che sarebbero più tardi confluite, lui in punto di morte, nel “De revolutionibus orbium coelestium libri VI”. Il sole era al centro, anche qui. I pianeti sino ad allora conosciuti gli orbitavano attorno, nel giusto ordine. La terra ruotava quotidianamente attorno al proprio asse inclinato, che a sua volta modificava lentamente il suo orientamento come una trottola, secondo un moto di precessione. Quando uscirono i primi commenti non ufficiali sulla scoperta, Lorenzo Lotto disegnava i suoi cartoni e Capoferri metteva mano alle sue minuziose tessere lignee».

E curiosamente, fa notare Pievani: «Sulla brutta lapide della tomba di Copernico, nella cattedrale di Frombork, campeggia un grande sole giallo al centro, circondato dal nero della pietra». Proprio come il Sole della tarsia della Creazione, che ha tutto intorno il nero del «chaos».

Lotto e Copernico, due figli del loro tempo: «Umanesimo e Rinascimento, lo sappiamo, furono impregnati di neoplatonismo cristiano, codificato da Sant’Agostino e dalla scuola di Chartres. Nei capolavori di Tiziano e Raffaello, di Botticelli e, a modo suo, di Lorenzo Lotto, troviamo una pletora di richiami neoplatonici. La teoria copernicana era coerente con le aspettative filosofiche del tempo, ovvero con il dominante neoplatonismo ermetico che vedeva appunto nel sole il centro dell’universo, il simbolo dell’”Uno”, del principio primo inscritto nell’ordine delle cose. Per abbandonare un antico ordine delle cose, il geocentrismo tolemaico, Copernico si avvalse quindi di un altro ordine antico delle cose, il neoplatonismo. Il sole è immobile, lì in mezzo, perché è divino, il più nobile. Le conferme empiriche e spe-rimentali sarebbero arrivate dopo. Come scrisse Alexandre Koyré, la rivoluzione copernicana fu la costruzione di una nuova cosmologia, anti-tolemaica, non sulla base di nuovi dati ma di una filosofia alternativa”.

È forse questo lo stesso percorso che Lotto ha tracciato dentro le possibilità dell’immagine, per materializzare il “Sole” interiore, quello della conoscenza di ciò che è al di là dell’apparenza delle cose: «Allora in quel coperto risiedevano le due estremità della grande polarità neoplatonica: la luce divina dell’”Uno” e il buio assoluto del caos. Quest’ultimo non esiste veramente, perché è dato solo dalla mancanza di luce. E tuttavia noi vediamo quel sole perché contornato dal nero rovere del caos. In quel coperto ci sono due opposti complementari. La dualità si risolve in unità, secondo i neoplatonici. L’eliocentrismo filosofico dei neoplatonici prevedeva il male, il gelo, l’oscurità, come necessità stessa dell’”Uno”, come polo di un’unità».

Copernico e Lotto, dunque, due “rivoluzioni” e uno stesso pensiero laterale: «Copernico e Lotto avevano due tratti in comune: l’inquietudine degli eterodossi e il nomadismo sofferto. Non stettero mai fermi, inseguiti dai loro fantasmi. Inoltre, l’umanesimo veneto di primo Cinquecento in cui si era formato Lorenzo Lotto era intriso proprio di quegli stessi temi neoplatonici copernicani, venati altresì di ermetismo iniziatico, in versioni più o meno in odore di eresia pagana. Ai margini del dominio veneziano, il pittore doveva aver goduto di una certa libertà creativa se poteva permettersi sfrontate corrispondenze, non proprio di maniera, tra gli episodi dell’Antico Testamento e l’esoterismo alchemico».

Nuova presentazione del volume

Una nuova presentazione del volume, edito da «Officina Libraria», dedicato alle lettere di Lorenzo Lotto è in programma per il 19 maggio, alle ore 18, alla Biblioteca Angelo Mai. Interverranno il curatore Corrado Benigni, uno degli autori, Marco Carobbio, e il poeta Davide Rondoni che leggerà un suo componimento dedicato a Giovan Francesco Capoferri. Tutte le informazioni sono disponibili qui.

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