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Sant’Alessandro 2020. Difendersi Con-Passione

Articolo. In questo anno così complesso, la Festa di Sant’Alessandro e la storia del patrono sembrano invitarci a riscoprire il senso autentico delle cose. E a vivere la compassione come virtù omeopatica, per farla nascere dentro di noi ogni giorno

Lettura 3 min.

Il Covid è riuscito a ribaltare la società, le famiglie, i cuori e le menti, gli ospedali, gli usi e costumi, ma persino le parole. Non è più molto cortese dire a una persona: “ti auguro di essere positivo”. Come pure non mi sarei mai aspettato di vedere persone fremere e pagare pur di farsi tamponare. Oppure non credo che ci si possa ancora tanto vantare di fenomeni che diventano “virali”. Mentre si aspetta il tanto agognato vaccino per tornare “a bolla” e a galla, credo che ci sia da azionare un “antidoto omeopatico” che nella proposta fatta alla città per la festa di Sant’Alessandro di questo particolare 2020 è racchiusa in due sinonimi: la virtù della compassione e il nome stesso del patrono. Il primo passo è tornare alla sorgente, all’origine, al senso delle cose. E credo che questo sia il primo grande dono, ma insieme la forte responsabilità che ci viene consegnata dentro questo periodo di ribaltamento. Proprio per questo ritengo che sia “omeopatica”, cioè qualcosa che scaturisce da dentro di noi senza aver bisogno di principi attivi esterni.

Provo allora a cominciare proprio dalle parole. Il nome Alessandro ha origine greca e la sua radice è composta dal verbo “alexo”, che significa difendere, e dal sostantivo “aner-andros” che significa uomo. Quindi è “il protettore” di nome e di fatto.

La virtù messa in evidenza quest’anno è la compassione, parola che viene dal latino “patire cum”, dove il verbo non è solo legato alla sofferenza come in italiano, ma è più coinvolgente la sfera densa di tutti i sentimenti che abitano il nucleo dell’uomo. Credo che potremmo identificarlo con “passione”. Tra l’altro, se si va a guardare sul vocabolario di italiano, passione ha tre significati, come se avesse una attualizzazione tridimensionale. Facile ricordare passione come dolore e sofferenza: non per nulla viene identificata così la morte in croce di Gesù e legata a lui la testimonianza del martirio dei Santi come Alessandro.

Ma passione è anche amore bruciante: è ciò che fonde due innamorati, è fuoco che coinvolge, che colora la vita, che infiamma la mente, che scalda il cuore, che fa brillare gli occhi, che accende sorrisi; esattamente quello che si chiede in grazia a un Patrono.

Infine, passione è investimento di realizzazione, quando dici “è la mia passione!”, è anche quell’amore a se stessi che muove sui passi di un appagamento che fa sentire realizzati: per lo sport, per l’arte, per collezionare qualcosa. Ti fa trovare tempo per te: ricerchi o ti alleni. Ti costa: ci rimetti tanto di tuo, in soldi ed energie, ma lo metti in conto volentieri perché ti fa ritrovare te stesso, ti soddisfa, ti rigenera, ti rende orgoglioso di te. Proprio quel vertice che l’antico soldato romano ci indica ancora oggi attuale dall’alto di città alta dalla cupola del Duomo, in quella realizzazione piena di vita che chiamiamo santità.

C’è poi il secondo fattore: compassione è patire ma essenzialmente e fondamentalmente “cum”. Dall’isolamento sociale, dal distanziamento cautelativo, deve scaturire ora uno stare insieme diverso, non più solo come modo, ma proprio come stile. La radice di omeopatia ha lo stesso nucleo di “patire” associato a quello che i latini dicevano “similia similibus curantur”, che significa appunto “i simili si curino con i simili”. È il valore del “cum”, patire ma “con”, cioè un sentire insieme nuovo. Abbiamo bisogno di diventare uomini e donne che difendono il bene e si contagiano con passione.

Per provocarci a questo, si potrebbe girare “con passione” la città e scoprire come Alessandro fu un uomo “appassionato” del Vangelo, tanto da rischiare la sua vita lasciando la Legione Tebea per non sacrificare agli idoli, scappare dalla prigione di Milano, fino a giungere dove venne catturato, là dove oggi c’è la chiesa di Sant’Alessandro “in captura” che è quella dei Frati Cappuccini in Borgo Palazzo. La sua scelta di vita, di fede, di coerenza, si trasformò per lui in passione vera e propria fino alla condanna a morte dove oggi sorge la Basilica di Sant’Alessandro in Colonna.

Sempre però chi è “appassionato” è contagioso. Così un gruppo di primi credenti bergamaschi, tra cui la nobile Grata, raccolsero la sua testa, le sue idee, la sua testimonianza e da quella “compassione” nacquero nuovi germogli per la città. Così la leggenda racconta che dalle gocce che cadevano dal capo mozzato, raccolto da Santa Grata, nascevano gigli. La Basilica di Sant’Alessandro della Croce, in Pignolo, testimonia questo consegnandoci come la piccola comunità abbia voluto attraversare “i crocicchi” di tutta la città bassa, con spirito “passionale”, fino a voler portare sempre più in alto e in risalto quei valori che “com-passione” riempivano di senso e riunivano con amore.

Traccia ne è dietro Porta Sant’Alessandro in Colle Aperto, dove sorgeva la prima cattedrale, demolita per la costruzione delle mura veneziane, la chiesa di Borgo Canale titolata a “Santa Grata inter vites”, tra le vigne, frutto che dona effervescenza in amore, che dona forza nello sforzo, che dona sollievo nel dolore. Proprio le tre dimensioni della passione. È così che possiamo giungere infine dove il corpo del martire Alessandro è custodito come prezioso tesoro nell’urna d’argento sotto l’altare della Cattedrale a lui oggi dedicata: per guardare alla sua storia “con passione”, per imparare dalla sua testimonianza ad essere appassionati nelle cose e passionali con le persone, per trarre dalla sua grazia la forza per donare “compassione” ad una realtà ribaltata, che ci chiede di tornare all’origine per ripartire non passivi, non appassiti, ma donne e uomini pronti a difendere e a proteggere il bello, il buono, il vero, il giusto della nostra vita, della nostra comunità cristiana, della nostra società civile, della nostra città. È però una dinamica “omeopatica”: si può trovare solo dentro di sé, serve però il coraggio di azionarla e sostenerla. Insomma, Alessandri di nome e compassionevoli di fatto.

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