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Maxima, la rotta balcanica e il giornalismo freelance: dialogo con Francesca Ghirardelli

Intervista. La giornalista torna a parlare del suo “Solo la luna ci ha visti passare”, la storia vera del viaggio dalla Siria all’Olanda della quattordicenne Maxima. Martedì 8 febbraio alle 20.30 sulle pagine Facebook e Youtube di Spazio Terzo Mondo

Lettura 5 min.
Francesca Ghirardelli

Sei anni di vita ma un’attualità che ancora non vuole scadere. Il libro “Solo la luna ci ha visti passare”, edito da Mondadori nel 2016 (e trasposto teatralmente l’anno scorso), racconta la storia di un viaggio pericoloso in cui è sottilissimo il confine tra speranza e disperazione, umanità e disumanità, tra la vita e la morte. È l’esperienza della quattordicenne Maxima, che parte da Aleppo per raggiungere l’Olanda, l’Europa, dove è nata e vissuta per poco meno di due anni. Lo sguardo di un’adolescente su quella rotta balcanica che non ha mai smesso di essere battuta. Ed è oggi ancora più impervia e pericolosa.

MR: Tu e Maxima vi siete conosciute proprio durante una tappa della rotta, durante il suo viaggio...

FG: A Belgrado, in Serbia, nell’agosto del 2015. Mi trovavo là per un reportage sull’ondata migratoria che in quel periodo si stava verificando in Grecia. Era una tappa obbligata della rotta, moltissime persone stazionavano nei parchi della città. In quei giorni ho intervistato molte persone, tra cui Maxima. Era in viaggio senza i genitori, con uno zio e una cugina. Tornata in Italia sei settimane dopo, per curiosità e apprensione, l’ho cercata e trovata su Facebook. Era giunta a destinazione a quel punto, mi ha raccontato come aveva completato il viaggio dalla Serbia all’Olanda, nel doppiofondo di un camion.

MR: A questo libro insieme come siete arrivate?

FG: Avevo proposto a La Repubblica di continuare a parlare della sua storia, ma in quel momento hanno rifiutato. Il caso ha voluto che Mondadori, proprio in quei giorni, chiedesse alla redazione delle storie significative. E quindi mi hanno contattata. A quel punto ho raggiunto Maxima in Olanda e abbiamo registrato 26 ore di intervista, che è poi diventata l’ossatura di questo libro che è scritto in prima persona, e che è il suo racconto. Un lungo racconto non romanzato in cui ho cercato di mantenere le parole che aveva utilizzato lei.

MR: Perché la scelta di far parlare lei in prima persona?

FG: Non volevo in nessun modo entrare nel racconto o farci entrare le mie impressioni, nonostante non sia possibile perché anche solo fare una domanda piuttosto che un’altra già significa inserirsi. C’è una parte finale dove ricostruisco da un punto di vista giornalistico le tappe che lei ha fatto. Molto spesso i ricordi di Maxima e ciò che ho ricostruito attraverso altre fonti – ONG, altri giornalisti – non coincidevano. Lo scarto l’ho trovato soprattutto nella parte del campo rifugiati in Grecia.

MR: In che senso?

FG: Lei ne parlava come di un posto bellissimo in cima a una collina da cui si vedeva il mare. E in effetti era così, ci sono stata. Il punto è che ha taciuto, probabilmente in modo volontario, le condizioni drammatiche di quel campo, insieme a tutta una serie di elementi che ha scelto di escludere. Si è soffermata su quello che voleva raccontare, la traversata in gommone e il viaggio in camion in particolare. Sono stati i due momenti più drammatici e più delicati del viaggio, dove si è sbilanciata di più. Lei, avendo molto coraggio e uno spirito positivo, spesso affrontava il racconto parlando quasi di un’avventura.

MR: Aleggia, in effetti, una dimensione epico-fiabesca. Narratologicamente, il suo sarebbe il cosiddetto “viaggio dell’eroe”. Come questa dimensione romanzesca può porsi al servizio di una finalità veritativa, di racconto del reale?

FG: È semplicemente la dimensione che lei ha scelto in maniera naturale, e io l’ho riportata tale e quale. Nel racconto della traversata non mi ha parlato di cose drammatiche ma del fatto che, essendo bloccata tra gli altri corpi delle persone e i bagagli con la testa rivolta in su, durante tutta la notte della traversata ha visto solo la luna. Mi ha detto “Ho visto solo la luna che quella notte era splendente”, e da lì abbiamo preso anche il titolo del libro. Oppure in mezzo ai boschi tra la Macedonia e la Serbia ricordava gli occhietti lucidi degli animali del bosco. Ricordava questo. Sono elementi fiabeschi ma funzionali perché conquistano l’immaginario soprattutto dei ragazzi, anche se il libro è per tutti. Non è stata una scelta, è venuta così nel mio tentativo di dare più spazio possibile a chi racconta. Lei ha utilizzato questa modalità, essendo una ragazzina. Per quanto saggia, ma pur sempre una ragazzina.

MR: E dopo sei anni riesce essere ancora attuale, una vicenda-simbolo.

FG: Questa rotta è ancora percorsa oggi. Ed è ancora più complicato farlo, richiede sicuramente molto più tempo, anche due o tre anni. In questi sei anni sono andata diverse volte lungo la rotta e le sue vie alternative – perché nel frattempo hanno intensificato i controlli, eretto muri – e ha senso raccontare ancora la storia di Maxima perché tutt’oggi non è una storia chiusa, passata: chi percorre quella rotta oggi rischia molto di più. La storia di Maxima è stata l’inizio di una vicenda che anno dopo anno ha assunto sempre di più le caratteristiche del dramma. E questo fa parte di una tendenza delle politiche UE: esternalizzare i confini, spostarli sempre più in là coinvolgendo paesi terzi – la Turchia, la Libia, il Marocco – per creare una cortina invalicabile che tenga fuori le persone.

MR: Quali sono, parallelamente, le difficoltà più grandi per chi come te si occupa di narrazione delle migrazioni e dei rifugiati?

FG: La prima cosa che mi viene in mente è la questione economica. In Italia è difficilissimo da freelance riuscire ad andare sul posto e non rimetterci dei soldi. Il rischio – ed è il motivo per cui ho sempre un altro lavoro che mi permette di mantenere fede a ciò che faccio in campo giornalistico – è che il giornalismo si abbassi di qualità proprio perché non c’è mezzo di andare nei luoghi, di parlare con le persone e di avere il tempo necessario per farlo. Cerco di fare in modo che i bassi compensi per il lavoro giornalistico non compromettano la qualità del lavoro. Altrimenti non ha senso farlo: se non mi sentissi soddisfatta di un lavoro, non ha proprio senso farlo. Altre limitazioni non ne vedo, come europei possiamo girare più o meno tranquillamente ovunque, se non dai troppo nell’occhio. Il punto è che soprattutto in posti delicati se non hai sostegni economici è più rischioso.

MR: Sostieni sempre tu i costi?

FG: Dipende. In questi ultimi anni ho collaborazioni più stabili, a volte mi pagano il viaggio e l’alloggio, ma la maggior parte delle volte pago completamente le spese e poi cerco di trattare il più possibile i compensi. Naturalmente, come tutti i freelance, cerco di padroneggiare anche la fotografia in modo che anche le foto vengano pagate. Poi nel momento in cui vado in un luogo cerco di raccogliere più contatti possibile da utilizzare anche al telefono nei mesi successivi per scrivere pezzi anche da casa.

MR: Tornando a Maxima, oggi è in Olanda. Come sta?

FG: Lei sta studiando, andrà all’università a settembre, nel frattempo lavora in un supermercato per mantenersi. I genitori l’hanno raggiunta molto tempo dopo, lei è riuscita a riportarli nel paese attraverso un ricongiungimento familiare. Sono tutti quanti in Olanda oggi, anche i fratelli.

MR: Quali sono invece i tuoi progetti per il prossimo futuro?

FG: Parto per Atene domani [giovedì, ndr] e resterò fino a lunedì. La tendenza che si sta delineando all’imbocco della rotta balcanica è un trasferimento dalle isole – Lesbo, Chio – alla terraferma, e una progressiva diminuzione, da parte del governo greco, dell’assistenza data ai richiedenti asilo e a chi l’asilo l’ha già ottenuto ma è ancora in difficoltà. Ci sono molti problemi nella capitale, molte famiglie che finiscono per strada. Andrò a vedere un po’ la situazione e a incontrare gli operatori di una ONG che si occupa di assistenza legale, medica e prima assistenza per chi sta per strada.

L’incontro per Vis à Video con Francesca Ghirardelli è in programma martedì 8 febbraio, alle 20:30. Diretta streaming sulle pagine Facebook e Youtube della libreria.

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