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Gianluigi Trovesi: “ogni musicista ha un ruolo che deve mettere al servizio degli altri”

Articolo. Le tante persone decedute nella sua Nembro. I due mesi trascorsi in isolamento e il compito morale di “allenarsi come un piccolo atleta”. Il 3 giugno, insieme a Oreste Castagna, per la chiusura dell’installazione “Ogni vita è un racconto”

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Gianluigi Trovesi (Rossetti)

“Come d’arbor cadendo un picciol pomo, / Cui là nel tardo autunno / Maturità senz’altra forza atterra, / D’un popol di formiche i dolci alberghi, / Cavati in molle gleba / Con gran lavoro, e l’opre / E le ricchezze che adunate a prova / Con lungo affaticar l’assidua gente / Avea provvidamente al tempo estivo, / Schiaccia, diserta e copre / In un punto”. Cita questa similitudine Gianluigi Trovesi, da “La ginestra” di Giacomo Leopardi, per raccontare la distruzione che il covid-19 ha portato nella sua Nembro e in provincia di Bergamo. Le formiche vedono la loro casa distrutta a causa di una mela caduta da un albero sul formicaio, ed è un’immagine che ritrae perfettamente cosa abbiamo vissuto in queste settimane.

Fortunatamente il jazzista bergamasco non è stato colpito dal virus e ha continuato “a suonare, studiare, leggere, sentire gli amici e rispondere alle loro chiamate anche da oltreconfine. Concedendomi qualche passeggiata, ma stando attento a evitare qualsiasi tipo di contagio”. Nella sua casa di Nembro ha cercato insomma di condurre una vita normale, nonostante la sofferenza “perché qui tutti abbiamo perso un famigliare o un amico, è stata una falce pazzesca. Pensi che l’anno scorso in questo periodo i morti erano stati una ventina, quest’anno oltre centocinquanta”.

Sono numeri impressionanti che abbiamo imparato a conoscere. Senza però dimenticare anche qualche aspetto positivo che tutti ci saremmo volentieri evitati, ma che in fondo ci ha aiutato ad andare avanti: “mi sono ritrovato ad osservare alcune piante, le varietà dell’erba, e ho apprezzato il silenzio, dato che ad un certo punto hanno smesso anche di suonare le campane e il sindaco ha chiesto alle ambulanze di spegnere le sirene. Camminando ho incontrato persone con la mascherina ed è stato bello chiedersi come va, informarsi sui figli e i parenti, confrontare le proprie idee su ciò che stava accadendo con un vicino di casa. È un modo ‘sonoro’ per starsi vicino. Si è riscoperta la vicinanza e il valore del tempo, l’obbligo di stare distanti ha dato un nuovo significato ai contatti con le altre persone”.

E intanto Trovesi non ha smesso di suonare, o come dice lui “di allenarsi, come un piccolo atleta”. Ci sono un rigore e una disciplina feconda nella sua indole da musicista, un richiamo quasi civile: “ho passato due mesi a casa, molti concerti sono stati cancellati, ma non mi sono fermato: i musicisti, così come gli artisti e gli intellettuali, in questo momento hanno il dovere di continuare a studiare”. E nel frattempo pensare a nuovi progetti, magari riguardanti ciò che è accaduto: “insieme ad altri musicisti di Nembro stiamo preparando un ‘Te Deum’ che verrà suonato in un’occasione speciale, quando saremo tutti liberi di muoverci e il paese verrà coronato di fiori, di musica e di canti. Ci stiamo lavorando insieme al comune e all’oratorio”.

Il 3 giugno Trovesi chiuderà l’installazione “Ogni vita è un racconto” insieme a Oreste Castagna. “Sarò felice di suonare lì, vengo con lo spirito di dare testimonianza per la gente che è scomparsa. Sono contento che con me ci sia anche Oreste Castagna, una persona nata per fare l’attore, un vero uomo da palcoscenico con cui ho già collaborato altre volte”. Anche la memoria del resto può essere sonora, come nel concerto del 25 aprile scorso al Modernissimo di Nembro insieme a Gianni Bergamelli e Stefano Montanari: “quella di mercoledì prossimo è la prima cosa che faccio, oltre al concerto di aprile. La memoria è importante, ci tiene in vita. Pensate se oggi non sapessimo nulla della peste del ‘600 raccontata da Manzoni, che a Nembro fece migliaia di morti. Le persone allora venivano messe in quello che chiamiamo l’Ospedalet, oggi una casa di cura per anziani”.

Adesso bisogna guardare avanti, seppur con tante incertezze: “con la mascherina prendere un treno o un aereo per andare a suonare non sarà più come prima. Ed è impressionante come sia tutto fermo: le bande e i cori locali non possono trovarsi in una stanza per provare tutti insieme. Chi vive di musica in questo momento non ha entrate, forse sono più fortunati quelli che insegnano”. Trovesi non pensa tanto alle grandi stelle del jazz internazionale, ma alle associazioni di paese che in ogni dove alimentano la passione per la musica e a chi di questa passione ha fatto un mestiere. “Siamo come congelati, ma ci scongeleremo”.

Il “congelamento” sta mettendo in seria difficoltà gran parte del settore culturale italiano. Che però non deve fermarsi: “io come musicista ho un ruolo che devo mettere al servizio degli altri. Per questo credo che sia importante non smettere mai di studiare. L’imperativo deve essere studiare e resistere, resistere, resistere”. Si possono fare tante cose: aiutare gli altri, partecipare alle raccolte fondi, “ma se dimenticassi il mio essere musicista, tralasciando lo studio, farei un danno alla società. Un libro, un film, una musica, un dipinto possono aiutare quando ci si trova dentro il buio come ora. Certo che prima viene il pane, che devono avere tutti. Ma poi c’è la nostra funzione sociale, il nostro compito di essere artisti anche adesso”.

Sito Gianluigi Trovesi

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