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“Neverland”, l’isola che non c’è di Mecna in un disco con Sick Luke

Articolo. “Un mondo che non esiste ma che abbiamo creato”. La nostra intervista al rapper pugliese in vista del live a Trezzo il 14 febbraio. Il primo per lui con una band vera e propria

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C’è questo ostinato dibattito, ormai da diversi anni a questa parte, tra vecchio e nuovo, tra rap e trap, tra chi si professa alfiere e paladino inamovibile di un hip hop old school e chi invece si apre a contaminazioni e autotune. È una discussione che spesso può ricordare quella fra coloro che, a fine anni Settanta, disprezzavano il punk – perché Sex Pistols e Ramones “non sapevano suonare” – e chi invece vedeva come matusa incartapecoriti gli irreducibili fan delle suite progressive da quindici minuti di Yes e Genesis.

Mecna è un ragazzo che invece predilige il chiaroscuro, la zona grigia a metà tra i due estremismi, e che in questa calcolata ambiguità ci sguazza felice. Il suo esordio “Disco Inverno”, del 2012, era un (bel) disco di hip hop sostanzialmente vecchia maniera, pieno di pezzi boom bap e con ospiti come Bassi Maestro e Kiave.

Da lì in poi con “Laska” (2015), “Lungomare Paranoia” (2017) e “Blue Karaoke” (2018) il cammino si è fatto molto più accidentato: sono aumentate le parti cantate, le infiltrazioni di autotune, i pezzi più ballabili e le melodie più pop. Tutto questo senza però mai diventare davvero uno della nuova scuola, senza mai flirtare con la trap. Mecna resta un mix unico del Kanye West sofferente e sintetico di “808s & Heartbreak” e di morbidezze r&b come JMSN (giusto per citare uno dei suoi artisti preferiti).

L’ultimo lavoro è “Neverland”, composto a quattro mani con Sick Luke, uno dei produttori più stimati e richiesti della cosiddetta “nuova scuola” (è l’architetto sonoro dietro al fenomeno della Dark Polo Gang). Si poteva pensare che questo incontro artistico con un nome così alla moda potesse essere un punto di non ritorno: il definitivo chicco di riso che facesse pendere la bilancia verso la versione di Mecna più alla moda. E invece così non è stato: anzi, il risultato è che anche Sick Luke sembra ora un produttore ancora più versatile e meno rigidamente classificabile.

Nella lunga chiacchierata che abbiamo fatto con Mecna in vista del suo prossimo live a Trezzo, ci ha raccontato approfonditamente di questa sua dimensione intermedia e interlocutoria: “Tempo fa mi sentivo assolutamente non rappresentato e non capito. Non me ne è mai fregato molto di parlare di determinate o cose o di seguire determinati suoni. ‘Disco Inverno’ è un album che a me ora non fa impazzire al 100%, perché sento di non essere totalmente io. Sento di aver forzato un po’ la mano su alcune cose, perché era un disco rap. Quando nel 2016/17 è arrivata quell’ondata di ragazzini che cantavano tutti con l’autotune io mi sono super gasato, perché scardinavano quelle che erano le regole secondo me inutili di quel tipo di musica. A volte però sento ancora il bisogno di rifugiarmi in suoni un po’ più vecchi. Quindi diciamo che mi sento un po’ entrambe, anche questo disco con Luke, che contiene pezzi super-classici e cose un po’ più fresche, è un po’ la risposta”.

Ma da dove è nata l’idea di questa collaborazione, almeno in partenza un po’ estemporanea, sicuramente non scontata? “Credo che tutto sia nato da me, che gli ho scritto. Avrei avuto piacere nel fare qualcosa con lui, ma inizialmente mai avrei pensato che saremmo finiti a fare un disco. Abbiamo fatto un pezzo, ma non ci eravamo neanche mai visti di persona. Poi un giorno, credo fosse gennaio, ci siamo trovati a Roma. Io ero con Alessandro Cianci (Drum Machine Drama, Ricordati di Rimini, ndr), lui con Valerio Bulla (diciamo la sua controparte “musicale”), e nel corso di tre-quattro giorni abbiamo fatto due o tre pezzi. Da lì ci siamo presi bene e ogni tot ci rivedevamo per continuare. È stato bello perché è stato un modo di fare un disco molto diverso da come io avevo sempre fatto: per la prima volta ero presente durante la creazione dei beat da zero, partendo da una melodia o da un’idea di Luke”.

La registrazione è poi proceduta senza intoppi, in una sorta di idillio creativo in cui entrambi si sono scoperti molto simili: “È stato tutto molto easy, Luke è un ragazzo super ok, e stakanovista come me. È andato tutto sempre liscio, e si era creato veramente un bel gruppo. Tuttora ci sentiamo e ci vediamo, è nata un’amicizia oltre che semplicemente un disco insieme”.

Spontaneità e assoluta libertà sono stati i leit-motiv costanti (“la cosa figa di questo disco è che non era stato in nessun modo ‘preventivato’, e il fatto di avere lì due musicisti è stato del tutto casuale”): tutto questo si sente e si percepisce chiaramente durante l’ascolto. Anche il titolo scelto è molto fedele all’atmosfera che si respira tra le varie tracce: “l’idea per il titolo è venuta da Luke: un mondo che non esiste ma che abbiamo creato, con un nome fiabesco. Anche i pezzi, seppur molto diversi tra loro, hanno tutti un mood abbastanza sognante”. Il suo preferito? “Difficile scegliere. Forse ‘:)’, che è stato l’ultimo pezzo a nascere. Mi ricordo ancora il momento in cui qualcuno ha iniziato a suonare la chitarra, poi abbiamo aggiunto le voci, eccetera. Non lo so, anche ora quando lo risuoniamo, mi dà sempre delle belle emozioni”.

Mecna, che fa anche il grafico e ha curato tutto l’artwork interno al disco, ha fatto invece un passo indietro per la copertina: “Seguivo questo artista da un po’, e quando abbiamo scelto il titolo ‘Neverland’ mi è subito venuta in mente questa immagine. Piuttosto che replicarla abbiamo contattato il fotografo (l’americano Corey Olsen) e gli abbiamo chiesto di poterla usare. Mi piace il fatto che colpisca subito, non passa inosservata, e mi piace il dualismo di questo occhio con la lente, che è un po’ il riassunto del dualismo che c’è tra me e Luke. Parla del vedere le cose attraverso il filtro di un altro”.

Proprio l’adozione di nuove prospettive sembra essere il lascito maggiore di questa esperienza, anche in un percorso già segnato dal costante cambiamento come quello di Mecna: “Questa collaborazione con Luke mi ha aperto molte altre porte. Nei dischi prima me la cantavo un po’ da solo, mentre ora mi piacerebbe anche allargarmi ad altre collaborazioni. Ho già in mente un po’ di prossimi passi”.

Visto che siamo in quel periodo dell’anno, non abbiamo resistito dal chiederglielo: a proposito di prossimi passi, Sanremo potrebbe essere uno di essi? “Mai dire mai, ma non la vedo come una cosa ‘figa’, non so se ci andrei mai. Dal palco, al vecchiume che si respira…. Potrebbe succedere, ma per ora non è assolutamente nei miei programmi”.
La sovraesposizione fine a sé stessa, insomma, non è qualcosa che appartiene al nostro, nemmeno per provare ad allargare il suo pubblico: “Avere gente in più che ti ascolta, ma che magari non capisce esattamente il tuo viaggio non so se è proprio la cosa che mi farebbe piacere”.

Il tour di “Neverland” farà tappa anche al live di Trezzo il 14 febbraio, e vi consigliamo di non perdervelo: “La novità principale è che ora abbiamo una vera e propria band. È una soluzione che dà nuova vita ai pezzi, sia quelli più recenti che soprattutto a quelli un po’ più vecchi”.

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