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Vittorio Lombardoni, da Comonte a Milano: una vita nella musica come patron della Self

Racconto. I negozi di dischi, il mago di Discomagic Records. Successi come «L’amour toujours» di Gigi D’Agostino o «Gam Gam» di Mauro Pilato e Max Monti. La distribuzione in Italia di nomi internazionali come Radiohead, Oasis e Adele e di rapper nostrani come Frah Quintale e Noyz Narcos. Ma anche Ultimo, Le Orme, i New Trolls, la PFM. Sempre con il «metodo orobico». E poi il legame con il fratello Severino, uniti dalla stessa passione

Lettura 9 min.

«Che cosa faccio di mestiere?» mi chiede Vittorio in tono affettuosamente retorico. «Io metto i dischi fisicamente sul mercato». Vittorio Lombardoni è il fondatore e patron della SELF S.r.l., azienda leader nella distribuzione di dischi (vinili) e CD. Come riassume efficacemente lui, si occupa da tanti anni di far arrivare la musica nei negozi. Attraverso i supporti che veicolano la musica: appunto, dischi in vinile e CD.

La sede di Milano fa da quartier generale, sede legale e amministrativa, magazzino: la SELF è tutta qui dentro. La facciata è un capolavoro, opera di Orticanoodles – lo pseudonimo di due street artist italiani, Wally e Alita – che vi hanno condensato con maestria gli idoli del Rock e del Pop, insieme a un vinile che gira su un piatto stereo. Il suo ufficio è essenziale: sulla scrivania vi sono pochi oggetti e per lo più regali di musicisti o famose copertine di dischi; sulle pareti fanno bella mostra di sé, come trofei della sua prospera attività, le altre copertine dei musicisti che distribuisce, messe in eleganti cornici.

Vittorio è un uomo pratico e ama l’azione. Ma con calma e metodo. Siamo nel quartiere Mecenate (che ospita anche la RAI e altri studi televisivi) ma Vittorio non è di Milano: è un seriatese DOC. Più precisamente di Comonte. «Vado avanti e indietro da quasi quarant’anni e non mi pesa. Mi sarò fermato a Milano una manciata di volte. Dopo il lavoro ho bisogno di tornare nella mia casetta di Seriate».

Vittorio nasce alla fine degli anni Cinquanta, sul crinale tra la povertà del dopoguerra e la rinascita dei mitici Sessanta. «Quando ero ragazzo, in quegli anni si aspettava il servizio militare per entrare a pieno titolo nella vita, quella dei grandi. E così feci anche io». Dopo aver infatti indossato la divisa degli alpini – come tanti, tantissimi bergamaschi – a Merano, affronta la vita da adulto cominciando a lavorare in fabbrica. «Ma io avevo sempre sognato di entrare nel mondo della musica, la mia grande passione. Grazie a mio fratello maggiore Severo ho familiarizzato presto con il mondo delle sette note».

Il fratello, Severino, ma da tutti chiamato Severo, suonava allora in un complesso musicale ben rodato e talvolta Vittorio – appena tredicenne – prendeva il posto del batterista e si cimentava con pezzi tosti: Deep Purple, Led Zeppelin e repertorio affine. La breve esperienza in fabbrica serve proprio a fargli capire cosa fare e su che cavallo puntare: sceglie di essere imprenditore, aprendo un negozio di dischi – Dischi Lombardoni – in via Borgo Palazzo.

«Compresi che nel mondo della musica si può lavorare con soddisfazione e passione anche senza essere musicisti». Nel 1979, quindi, Vittorio siede dietro il bancone del negozio consigliando la clientela riguardo i vinili e le musicassette. Ovviamente torna buona la preparazione musicale che ha ereditato da Severo. Diventa anche grossista di dischi.

La sua vita professionale, però, è sempre stata strettamente legata al fratello che, nel mondo della musica, ha ricoperto diversi ruoli: musicista negli anni Settanta con Il Comitato di Pace, un gruppo ben avviato che faceva divertire le balere, soprattutto negli anni dell’austerity; DJ nelle discoteche, imprenditore con negozi di dischi e infine produttore discografico fondando un’etichetta tutta sua.

Nel 1979, infatti, Severo aveva fondato la Discomagic Records, celebre casa discografica specializzata soprattutto nel genere Italo Disco. Tra gli innumerevoli successi pubblicati, ne prendiamo tre molto famosi: «Dolce vita» di Ryan Paris, la partenza di tutto, «Happy Children» di P. Lion, il colpo gobbo, e «Don’t Cry Tonight» di Savage, la conferma che era la strada giusta: tutti brani del 1983. «Ci lavorai qualche anno a partire dal 1985 e fu un’esperienza bellissima».

Più o meno quando il fenomeno della Italo Disco comincia a declinare – e di conseguenza la Discomagic si avvia sul viale del tramonto – Vittorio è costretto a cercare una propria strada separata dal caro Severo; per una strana combinazione del destino, va a occuparsi dell’aspetto che l’etichetta del fratello aveva sempre appaltato esternamente: crea una società di distribuzione, la SELF S.r.l.

Vittorio racconta cosa significa fare il distributore: «L’artista cerca un produttore per far conoscere la sua musica – e venderla – ma poi, ottenuto l’agognato contratto, serve che qualcuno distribuisca i dischi “fisicamente”. Ecco, noi facciamo quello». Esistono i distributori indipendenti, come la Self – unica in Italia – e le Major, le ricche e potenti multinazionali come Warner, Sony, Universal. Davide contro i Golia: anche in questo caso Davide se la cava egregiamente.

«La carriera di un musicista è come una mezzaluna con la pancia in alto» dice Vittorio disegnandola nell’aria «inizia come indipendente, poi sale e si fa distribuire dalle major, infine scende e ritorna indipendente. Noi prendiamo la parte iniziale e finale dell’artista, se occorre lo aiutiamo e consigliamo».

Nel 1995 arriva il primo contratto e con un nome che fa tremare i polsi: Robert Fripp con i King Crimson. L’album con il celeberrimo “faccione”, «In the Court of the Crimson King», originariamente pubblicato nel 1969. Poi arrivano gli Arctic Monkeys, i Radiohead, gli Oasis dei terribili e litigiosi fratelli Liam e Noel Gallagher e, soprattutto, Adele. Con il suo mezzo milione di copie vendute in Italia (e quaranta nel mondo), anche se inizialmente si presentò con il primo album «19» nel 2008 e all’inizio vendette solo 5 mila copie.

Naturalmente ci sono anche tanti italiani: i Diaframma (di cui Vittorio è anche produttore), Ultimo, Le Orme, i New Trolls, la PFM, i Clandestino (la band del primo Ligabue), Joe T Vannelli, il rapper bresciano Frah Quintale, quello romano Noyz Narcos «30 mila copie in una settimana!» – e il sardo Vacca. Ma anche Robert Miles (quello di «Children»), Gigi D’Agostino L’amour toujours»), la già citata Adele con etichetta XL, che dopo la partenza lenta di «19» pubblicò nel 2011 «21», portando a casa subito 500 mila copie.

Vittorio distribuisce e conosce da ben quindici anni una sempreverde della musica italiana, che sta vivendo la sua seconda giovinezza musicale: Orietta Berti. «Dieci anni fa era quasi dimenticata e invece insieme abbiamo lavorato per recuperare la sua visibilità nel mercato: con alcuni artisti, come con lei c’è un rapporto che va oltre quello professionale e talvolta partecipo alle loro scelte. Oppure addirittura regalo qualche consiglio. Per esempio, a Orietta avevo suggerito di scegliere una copertina rosa per l’album celebrativo della sua lunga carriera». Niente più major: anche lei ora è un indipendente. Come Vittorio.

Aggirandosi tra gli scaffali non si può non rimanere colpiti dai colori delle migliaia di vinili e di CD. Vittorio spiega che i due supporti stanno attraversando due fasi completamente diverse. «Il vinile è tornato prepotentemente il re del mercato discografico, mentre il CD arranca. Ormai lo chiedono solo se facciamo un cofanetto, un package particolare. Un’edizione limitata con un tocco di lusso. Il CD vive grazie ai collezionisti».

Di tanto in tanto, nella nostra conversazione fa capolino il fratello: lo spirito di Severo – morto nel 2012 – aleggia sempre nell’ufficio come se volesse partecipare all’intervista con il fratello. In fondo, è grazie a lui se Vittorio ha scelto di lavorare nel mondo della musica. Non posso non dedicare parte di questo pomeriggio a una figura importante della discografia italiana e Vittorio mi racconta molto volentieri qualcosa di suo fratello.

Severo nacque come grossista ma poi decise di passare dalla parte del produttore creando, come detto, la Discomagic Records, un’etichetta discografica indipendente e molto dinamica. Era focalizzata soprattutto sulla Italo Disco, un fenomeno tutto italiano e ancora oggi apprezzato da tantissimi aficionados, soprattutto all’estero: Messico, Sudamerica, Giappone, Nord Europa, tutte località dove i nostri artisti effettuano ancora oggi delle tournée.

Severo è stato il produttore di nomi celebri della Disco italiana degli anni Ottanta e Novanta, come Ryan Paris, P. Lion, Gazebo, Albert One, Scotch (David Zambelli e Walter Verdi, produttori discografici di Bergamo), Savage e tantissimi altri. È a tutti gli effetti una figura fondamentale della storia della discografia italiana. Severo è stato importante perché ha sovvertito le regole del mondo indipendente del nostro paese. Ha aiutato la musica Disco italiana a rompere il monopolio americano, intuendo le potenzialità del fenomeno e poi cavalcando brillantemente l’onda.

Vittorio mostra con orgoglio il disco (quadruplo LP e triplo CD) dedicato alla Discomagic Records, pubblicato e distribuito il 7 marzo 2016 e con il riassunto di 30 anni di storia musicale. Un tributo. «Severo era un vero musicista, diplomato da privatista al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano in teoria e solfeggio, suonava piano, trombone, armonica a bocca e chitarra. Nel 1974 aprì un negozio di dischi a Seriate e nel 1977 un ingrosso di dischi a Milano. Insegnò anche musica in una scuola media».

Nel 1981, insieme alla società di produzione Discomagic, fondò anche la società di edizioni musicali Lombardoni sempre con la sede nel quartiere Mecenate di Milano, delle quali oggi è rimasto solo lo storico Bar Mecenate che allora faceva quasi da ingresso della Discomagic. Dal primo singolo in poi – Den Arrow con «To meet me» – ha sfornato centinaia di successi, anche all’estero e dovendo ricorrere all’apertura di molte sotto-etichette specializzate nel genere. Per accontentare il vasto pubblico, aprì anche un’etichetta di marca rock con la Label Metal Master. La società arrivo ad avere 40 dipendenti e tantissimi produttori esterni.

Tra gli altri grandi successi, sempre pietre miliari del genere Disco, annoveriamo: «Orient Express» e «Last Summer» di Wish Key (nome dietro cui si nascondeva Manlio Cangelli, musicista e compositore, con la collaborazione di Massimo Berti e Severo Lombardoni), «Ride on Time» di Black Box, che fu un grande successo internazionale e primo in UK per ben 6 settimane. Un risultato non facile per un player italiano nel chiuso mercato anglosassone.

All’estero fondò la Lombardoni Musik GmbH in Germania e nel 1992 acquistò la Astro Record, prestigioso stabilimento per la produzione di vinili e musicassette. L’apice del successo coincise con l’inizio dei Novanta con «Discomagic Compilation Vol 1 e 2», «DEEJAY TIME Volume 5» e «GAM GAM Compilation», con la celebre «Gam Gam» di Mauro Pilato e Max Monti, un motivo ebraico tratto dal Salmo XXIII, verso IV della Bibbia, cantato in lingua Yiddish da voci bianche.

Purtroppo però il successo fu breve perché negli anni successivi arrivò il crollo e la chiusura della Discomagic Records nel 1997. Severo fu costretto a (s)vendere il catalogo al gruppo tedesco ZYX Music. «In Discomagic, con Severo, ho vissuto momenti fantastici. Posso darvi qualche aneddoto: sono stato io a ideare e disegnare il logo, il famoso mago con la bacchetta che fa diventare d’oro il disco. Ammetto che forse non era niente di speciale, non era un grande logo, però poi è entrato nella storia. Ho anche disegnato la copertina della prima compilation “Deca Dance”, quella con lo sfondo azzurro, e anche quella del mago che mescolava il calderone. Sono state tutte fatte dai fratelli Lombardoni quando ci trovavamo le domeniche pomeriggio cercando idee per la neonata casa discografica».

Il rapporto fra i due era speciale. Non si trattava solo di affetto fraterno ma anche di stima professionale e affinità artistica. «Quando ero ragazzino, Severo era il mio idolo. Era già un uomo e poi era anche già un musicista; in cantina facevano le prove, lui e il suo gruppo, e quando il loro batterista non c’era, mi esortava a prendere il suo posto. Naturalmente fu lui a insegnarmi a suonare la batteria».

Negli anni Novanta presero percorsi diversi ma furono comunque sempre molto uniti. Con gli anni, si accentuarono le loro differenze caratteriali e qualche divergenza professionale: Severo aveva un temperamento impulsivo, focoso e intraprendente; amava azzardare, prendendosi tutti i rischi del caso. Mentre Vittorio era ed è più riflessivo, più calmo. Severo più di tutto amava la dance, Vittorio invece era attirato dalla musica rock.

Infatti, nell’ottobre 1995 decide di creare la Self e puntare subito sul filone indie e rock indipendente. «Per me, la Italo Disco era stata una parentesi interessante e piacevole, ma mi stava stretta e sapevo che probabilmente – essendo tutto sommato una moda – si sarebbe chiusa. In più non volevo fare concorrenza a Severo». Sul fallimento della Discomagic, Vittorio dice con comprensibile amarezza che Severo non si adattò al mondo che cambiava e fu costretto dalla rovinosa situazione finanziaria a cedere tutto il catalogo ai tedeschi. «Noi italiani siamo artisti e lavoriamo con il cuore, i tedeschi lo lasciano fuori dagli affari e invece sono più accorti di noi come imprenditori».

Vittorio è appagato dalla sua creatura: la Self ha ben 7.200 titoli in catalogo, lui cura le relazioni con gli artisti più maturi, legati a generi tradizionali e classici, il figlio Simone – che si sta mettendo in luce come erede dell’attività – cura i generi più giovanili, come rap e pop. La Self lavora bene anche all’estero: «A noi non interessa il digitale, noi lavoriamo sul fisico» commenta toccando la scrivania «quindi la nostra produzione è al 70% di vinile e il 30% di CD. La musica non si ascolta solo con lo smartphone, è bello invece toccare fisicamente i supporti e anche leggervi i testi stampati e non solo su uno schermo».

La Self è una società solida e alcuni dei dipendenti sono in azienda da più di vent’anni: Vittorio parla di «metodo orobico». «Si tratta di qualcosa che abbiamo nel sangue noi bergamaschi: la necessità di dare radici solide e un giusto metodo per tutto ciò che facciamo. Un padre operaio e un nonno contadino mi hanno tramandato e insegnato la passione per il lavoro ben fatto». Un modo di fare che ritrova anche nell’Atalanta: «Sono tifoso della DEA e, oltre ai risultati eclatanti, quello che ammiro di più dell’Atalanta è il sistema saldamente bergamasco creato dal Presidente e dalla società. In un certo senso, in mezzo a squadre miliardarie e quotate in borsa, l’Atalanta è una società indipendente».

Vittorio è un uomo saggio, che ha capito come prendere la vita, un uomo di cuore che crede ancora a valori oggi desueti come lealtà, onestà e rispetto. E, come la sua squadra del cuore, è il Presidente che governa la sua impresa con la calma abilità di chi ha maturato tanta esperienza di vita e di gestione aziendale. Anche grazie a Severo.

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