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«Donne nella scienza». Un libro che dimostra che la mente non ha genere

Articolo. Il libro pubblicato da Maria Pia Abbracchio e Marilisa D’Amico per FrancoAngeli è un saggio che tutte le scienziate future e presenti dovrebbero leggere, per poi alzare lo sguardo e affrontare con passione una carriera negli ambiti STEM

Lettura 3 min.

È la storia di tutto ciò che è stato conquistato: dalle lontane Ipazia e Aspasia, passando per Rosalind Franklin, Rita Levi Montalcini e le Madri Costituenti, fino ad arrivare alle stesse autrici. Nel libro «Donne nella scienza. La lunga strada verso la parità» (FrancoAngeli, 2023), Maria Pia Abbracchio e Marilisa D’Amico ci raccontano, dati alla mano, le mille sfaccettature di un mondo tanto complesso quanto affascinante come quello STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), tra umanità e tecnicismi, diritti e conquiste, passioni e prospettive.

L’originalità del saggio sta nella provenienza delle due autrici da due campi diversi, quello scientifico e quello del diritto, e quindi di un duplice punto di osservazione. Maria Pia Abbracchio è infatti professoressa ordinaria di Farmacologia e prorettrice vicaria e con delega a Ricerca e Innovazione all’Università degli Studi di Milano, mentre Marilisa D’Amico è professoressa ordinaria di Diritti delle donne nello stato costituzionale e prorettrice con delega alla Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti all’Università degli Studi di Milano.

La scienza non è una cosa da ragazze?

Il Gender Gap nel mondo STEM non è, purtroppo, una novità. Con l’uscita, negli ultimi anni, di film come «Oppenheimer» e «Il Diritto di Contare», non sono mancate riflessioni e dibattiti a proposito della rappresentanza di genere all’interno di team di ricerca nei diversi ambiti scientifici, dalla fisica nucleare all’ingegneria aerospaziale.

Le autrici ci accompagnano in un racconto diviso in tre parti: le donne scienziate nella storia, la lunga strada della parità e la loro autobiografia. Nella prima parte raccontano il peso dei vari pregiudizi che ci colpiscono oggi come migliaia di anni fa, come «la scienza non è una cosa da ragazze», e il ruolo che hanno avuto nel permeare le teorie “pseudoscientifiche” che tanto sono diffuse nella società odierna: in primis gli implicit bias , preferenze che derivano da associazioni emotive legate in maniera automatica a esperienze del passato, ma anche l’« Effetto Matilda », ovvero la negazione puntuale o la minimizzazione dei risultati scientifici conseguiti dalle donne. La stessa Rita Levi Montalcini sosteneva che «le donne sono dissuase dal seguire una carriera scientifica […]. Questo comporta uno spreco di talento umano, perché la differenza tra uomo e donna è solo epigenetica, ambientale. Il capitale cerebrale è lo stesso: in un caso è stato storicamente represso, nell’altro incoraggiato».

Le autrici fanno anche aprire gli occhi sulle molte figure femminili invisibili a causa di una narrazione della scienza che è sempre stata prevalentemente maschile: raccontano tante storie, come quella della dottoressa e docente Mary Corinna Putnam Jacobi , un punto di riferimento per le prime donne medico americane, oppure quella di Gina Lombroso , figlia del noto antropologo e criminologo Cesare Lombroso, una figura ambivalente, tanto interessante quanto discussa per via dei suoi successi nel mondo della ricerca.

La lunga strada verso la parità

La seconda parte del libro integra al discorso storico-scientifico quello giuridico. Le origini delle discriminazioni di genere hanno radici molto estese. Già nelle antiche società greche e romane, infatti, era incoraggiata la repulsione verso le donne desiderose di emanciparsi dagli ideali di «semplici madri e mogli». Questi ideali, ricordano Abbracchio e D’Amico, vennero ripresi durante il secolo scorso dai regimi totalitari, che perseguivano l’idea per cui «la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo».

È una proporzione che hanno provato a smontare in primis le nostre Madri Costituenti. Ventuno donne di cui le autrici descrivono dettagliatamente i contributi e la fermezza nella definizione dei diritti e del concetto di parità di genere nell’elaborazione della nostra Carta costituzionale. Secondo i giudici amministrativi, come viene riportato nel libro, l’articolo 97 della Costituzione in particolare «presuppone ai fini di un’ottimale gestione della cosa pubblica la possibilità per l’amministrazione di avvalersi anche delle sensibilità, dei valori e delle capacità decisionali peculiari del mondo femminile».

Purtroppo ancora spesso, sia nelle università che nelle imprese e nella pubblica amministrazione, le figure ai vertici sono rappresentate da uomini. La preferenza di genere nelle assunzioni viene accompagnata da un netto divario retributivo che si trascina anche negli anni della carriera: a parità di ogni altra condizione, a un anno dal conseguimento del titolo, gli uomini hanno il 17.8% di probabilità in più di trovare un impiego rispetto alle donne e i differenziali nella retribuzione sono sempre superiori al 16% (AlmaLaurea, «Laureate e laureati: scelte, esperienze e realizzazioni professionali», 2022). Partendo da questi dati, ma anche da quelli emergenti dal Gender Digital Divide mondiale, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stato presentato come un’occasione di rilancio, per esempio grazie agli investimenti finalizzati ai percorsi formativi di potenziamento e di orientamento verso le discipline STEM, realizzati con particolare riferimento alle studentesse.

La scienza è parte integrante della vita

Il libro si conclude con il racconto delle esperienze personali delle due autrici, che descrivono in modo coinvolgente, profondo e sensibile la loro storia, destrutturando l’idea che la carriera e la famiglia costituiscano delle limitazioni reciproche. Il messaggio che viene trasmesso è un messaggio di speranza e resilienza. Abbracchio e D’Amico sottolineano infatti come non ci siano incompatibilità tra vita personale e una professione impegnativa e assorbente come quella della scienziata: la scienza è parte integrante e fondamentale della vita.

Spesso ci si dimentica che le scienziate sono donne come tutte le altre. Donne con famiglie, amici, passioni, con interessi e determinazione, timori e progetti. La condivisione delle esperienze personali e di dettagli, anche apparentemente banali, della vita di tutti i giorni, può essere d’aiuto a incoraggiare le ragazze più giovani a seguire il loro talento e a intraprendere una carriera negli ambiti STEM.

Sono molti gli spunti che danno le due autrici, soprattutto sui principi fondamentali che devono seguire gli scienziati e le scienziate oggi. Così come le grandi pioniere della storia, modernissime per il loro approccio metodologico alla ricerca e per la concezione della scienza nella crescita economica e sociale, siamo chiamate a nutrirci di curiosità, a proiettarci nelle future ricadute positive sulla vita delle persone. «Le donne nella scienza» è una storia con tanti role model positivi a cui ispirarsi per abbandonare le debolezze e intraprendere con fiducia una carriera scientifica.

Insomma, una storia in grado di appassionare sia le future scienziate sia quelle presenti.

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