93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

“Caro spettatore, come stai?” Tornare alla vita culturale

Articolo. L’indagine condotta da un gruppo di operatori culturali fotografa gli stati d’animo di un campione di italiani davanti alla possibilità di riprendere la vita culturale dal vivo interrotta durante la pandemia e le chiusure

Lettura 4 min.
Illustrazione GoodStudio

Il concerto comincia prima del concerto. Comincia ancora prima dell’attesa in fila con il biglietto, a cui quest’estate si affiancherà probabilmente anche il controllo del Green Pass. Poi ci si incontra, qualcosa da bere prima di cominciare, due parole con amici e amiche, o ci si conoscerà poi sottopalco uniti dall’entusiasmo e dalle canzoni cantate a memoria. Luci spente in sala, luci accese on stage, due o tre colpi di bacchette prima di cominciare e poi la magia è lì, come ogni volta.

Oppure come a teatro, con l’attesa della pubblicazione del cartellone degli spettacoli e la corsa alla prenotazione dei posti, che da qualche anno a questa parte al Donizetti vanno a ruba. Poi la sera dello spettacolo e l’arrivo in sala. Brusio, gente che va e viene in cerca del posto, poi l’orologio del teatro che segna preciso il momento: luci spente sulla platea, sipario, luci in scena e magia.

Oppure ancora come al cinema, solo senza sipario: un viaggio verso altri mondi, davanti a uno schermo nel buio totale, ma seduti insieme in poltrona. Titoli di coda e poi fuori a salutarsi e raccontarsi, del film, delle impressioni o di come va. E così al museo, davanti a una performance, a una lettura, dove si è tutti presenti, ma in silenzio a osservare, ad ascoltare, per poi uscire, di nuovo e rimmergersi nel quotidiano, sempre uguali eppure diversi.

“Caro spettatore, come stai?”, dopo che tutto questo è stato vissuto come fosse la norma per anni, in una città dove spesso si dice che non c’è niente, che “certo non è Milano”, ma che un’offerta culturale con eccellenze, pregi e difetti ce l’ha e un pubblico pure, è arrivata la pandemia. Poi il lockdown, le chiusure e le fatiche degli operatori culturali, i loro timori e quelli del pubblico, che trovatosi di colpo senza cultura ha realizzato quanto questa fosse importante e quanto lo fosse anche partecipare, per renderla possibile e sostenibile.

“Caro spettatore, come stai?” hanno chiesto un gruppo di operatori culturali (insieme a 9 enti partner e 100 enti aderenti), scegliendo questa domanda come guida per una ricerca condotta a seguito dell’emergenza Covid-19 per misurare la temperatura dei pubblici durante il periodo di lockdown. Un’indagine collettiva e volontaria di 9 operatori culturali, che hanno sottoposto un questionario a 5887 persone che abitualmente pre-pandemia frequentavano già contesti culturali. Lo spettro d’età considerato va dagli adolescenti agli over 60, residenti principalmente nel nord Italia.

“Ti sono mancate le iniziative dal vivo?” era una delle domande poste nell’indagine. “Moltissimo” è la risposta che ha dato il 48% dei giovani tra i 21 e i 35 anni. “Molto” per il 30,5% e “abbastanza” per il 17% degli intervistati. L’ordine di grandezza, seppur inferiore, resta lo stesso anche nelle altre fasce d’età. La possibilità di frequentare di nuovo manifestazioni artistiche o culturali nelle persone genera principalmente entusiasmo e gioia (33,5% e 29,5%) seguite però dalla preoccupazione, al terzo posto delle scelte con il 17,5%, un dato che cresce all’aumentare dell’età. Al contrario, tra i giovani le percentuali di emozioni positive salgono fino al 56,5% di entusiasmo, al 22,5% di gioia e al 6,5% del benessere, con la preoccupazione al 5,1%.

Tanto entusiasmo è da considerare leggendo anche un altro dato: l’arte e la cultura per il 38% degli intervistati sono una questione identitaria, “fanno parte di ciò che sono” , una percentuale che nei giovani sale notevolmente, mentre il 34,5% dichiara di “partecipare spesso ad attività culturali e artistiche”, la scelta preferita dagli over 60. Inoltre le risposte date da under 35 e under 20 mettono in “evidenza che i giovani partecipano ad attività culturali come attività sociale” e quindi quanto la loro assenza sia stata impattante.

A mancare di più è stata “l’esperienza dal vivo della performance artistica” per il 69,5%, a cui si aggiungono “l’incontro con le persone”, “il frequentare quel particolare luogo di aggregazione” e “il rituale pre e post evento”. La componente relazionale per gli under 20 è tale che la performance dal vivo e l’incontro con le persone sono quasi alla pari (41,5% e 40%). Al crescere dell’età la mancanza percepita maggiormente invece torna ad essere l’esperienza della performance dal vivo, arrivando al 74% per gli over 60.

“È interessante infine sottolineare come con l’aumento dell’età aumenti la mancanza della performance artistica e vada a diminuire la considerazione che frequentare iniziative culturali possa essere un momento importante di socialità – si legge nelle considerazioni finali del pezzo – Anche l’indicatore delle condizioni scoraggianti dimostra quanto più importante sia per i giovani e giovanissimi poter stare accanto alle persone con le quali si è scelto di partecipare all’iniziativa culturale. Gli eventi culturali rappresentano, quindi, per gli under 35 delle importanti occasioni di aggregazione oltre che momenti in cui assistere ad una performance artistica”.

In parallelo alla lenta ripresa delle abitudini culturali, l’indagine valuta anche le condizioni che potrebbero scoraggiare la partecipazione, come l’obbligo di mascherina, che in realtà limita solo l’11,5% delle persone: il 24,5% infatti parteciperà lo stesso agli eventi con spirito di adattamento, un dato che sale al diminuire dell’età, arrivando fino al 29,5% per gli under 20. Un segno di “come le azioni volte ad aumentare la sicurezza del pubblico agli eventi culturali dal vivo siano viste in maniera più positiva, che non come condizioni che scoraggiano la fruizione”.

A favorire la partecipazione inoltre in termini di sicurezza sarebbero: l’essere all’aperto per il 25% degli intervistati e il distanziamento da seduti 24,6%, mentre lo stare in piedi renderebbe più sicuri i giovani adulti tra i 21 e i 35 anni e meno gli over 60. Soltanto il 2 persone su 100 hanno dichiarato che non parteciperanno ad eventi culturali per un po’.

La sicurezza emerge come fondante per rilanciare il settore culturale in Italia, anche secondo l’indagine condotta dall’Osservatorio Hybrid Lifestyle di Nomisma in collaborazione con CRIF, per cui il 44% degli intervistati del paese vedrebbe questo tema come leva principale per una nuova primavera della cultura, insieme a proposte come l’estensione del Bonus Cultura all’intera popolazione (41%) o la possibilità di detrarre le somme spese in consumi culturali, al pari di quelle sanitarie (37%). Un approccio che incontra una visione del welfare più ampia del singolo aspetto della salute, il welfare culturale, che l’enciclopedia Treccani definisce come “nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute e degli individui e delle comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale”.

Approfondimenti