93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

«Inedite». Quel canto corale femminile che si svela

Racconto. In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna, al Teatro Serassi di Villa d’Almè è andato in scena «Inedite. Parole che cercano spazio». Abbiamo chiesto a Camillo Fumagalli, autore di Eppen, e a Luca Arrigoni, amico insegnante, di raccontarci le loro impressioni. Lo spettacolo verrà trasmesso domani alle 21 su BergamoTV (in replica il 19 marzo alle 15)

Lettura 4 min.
(Foto Yuri Colleoni)

Mercoledì 8 marzo, il Teatro Serassi di Villa d’Almè ha riaperto i battenti dopo un lungo periodo di inattività. È bello che questo sia avvenuto proprio l’8 marzo e che artefici di questa “rinascita” siano state le donne. Lo spettacolo ha visto alternarsi sul palco numerose autrici di Eppen e de L’Eco di Bergamo, oltre a professioniste del mondo della comunicazione, dell’imprenditoria e di altri settori. Mi è stato chiesto di provare a raccontare questo evento, esperienza per me completamente nuova. Ho accettato volentieri, conscio del rischio cui andavo incontro… ma conscio che il mettersi in gioco è sempre un arricchimento.

Marialuisa, amica che oggi indossa le vesti di attrice, mi invita per un giro dietro le quinte pochi minuti prima dello spettacolo. Mi coglie un’istintiva sensazione di inadeguatezza, io, solo tra tante donne. Ben presto, tutto svanisce, rassicurato dalla luminosità di quegli occhi vivaci e dai caldi sorrisi di accoglienza.
L’atmosfera è carica, l’emozione si percepisce palpabile e quegli sguardi rivelano una profonda determinazione. Non è comune per delle interpreti che non sono mai salite su un palco. Provo la medesima sensazione di quando, da allenatore di pallavolo femminile, incrociando gli sguardi delle atlete prima del match colgo quel senso di consapevolezza che ti fa capire che le cose andranno bene. Sono le partite più belle perché tutto gira per il verso giusto, anche senza di te.

Mi accomodo in platea. Il pubblico è numeroso, vivace e incuriosito. Ospite speciale della serata è Ilaria Galbusera , capitana della Nazionale Italiana di Pallavolo Sorde, che sale sul palco per raccontare le sofferenze vissute da adolescente e le difficoltà della vita di tutti i giorni, ma anche la sua rinascita attraverso lo sport. Rimango contagiato dalla positività e dall’energia che riesce a comunicare. Tutti i dialoghi della serata vengono tradotti nella Lingua dei Segni Italiana. Un linguaggio a me sconosciuto. In alcuni frangenti, riesco a cogliere la bellezza e l’immediatezza di alcuni gesti, in particolare quelli che rappresentano i sentimenti e gli stati d’animo.

Sul palcoscenico si avvicendano le interpreti. Sono tutte accomunate dalla sobria eleganza degli abiti neri e dal ranuncolo rosso, fucsia o rosa appuntato sopra il petto. Protagoniste divengono le parole. Chiare, puntuali, misurate ed essenziali. Narrano di quotidianità, di lavoro, di maternità, di disabilità, di passioni, di progetti e di emozioni al femminile. Lo fanno con impeto e passione ma anche con ilarità e leggerezza e giungono dirette nell’anima dei presenti.

Ci ricordano quanto cammino ci sia ancora da fare verso un pieno riconoscimento dei diritti della donna. Si coglie una perfetta sintonia tra le interpreti e il desiderio comune di esprimere, ciascuna in modo personale e unico, la fierezza di essere donna. Ad accompagnare l’ascolto è la splendida voce di Giulia Spallino, che si eleva frizzante sulle note di chitarra magistralmente arpeggiata da Spinozo (unica figura maschile in scena).

Il culmine dello spettacolo è il monologo di Sheghi Taba, donna iraniana residente a Bergamo e autrice di Eppen, che ci proietta con grande pathos nella realtà di quelle donne la cui voce è tragicamente negata. Un emozionante scambio di fiori tra le interpreti e un lungo abbraccio testimonia la profonda condivisione e la solidarietà umana che ha contraddistinto le donne presenti sul palco questa sera.

Il mio plauso, rigorosamente in LIS, va innanzitutto alla regista Chiara Donizelli e alla drammaturga Carmen Pellegrinelli, che con equilibrio e profonda sensibilità sono riuscite a conferire ritmo e intensità emotiva allo spettacolo. Un personale profondo senso di gratitudine va anche alle interpreti. Tutte quelle donne “inedite” che, molto generosamente, si sono messe in gioco dedicando tanta parte di sé e del loro tempo. Con grande naturalezza hanno saputo trasmettere vitalità, entusiasmo ed energia coinvolgendo lo spettatore in questo esclusivo viaggio nell’universo femminile. Grazie.

(Camillo Fumagalli)

«Inedito» è ciò che non è mai stato diffuso mediante stampa o altri mezzi di divulgazione. Una formazione inedita è una squadra che gioca per la prima volta con nuovi titolari o con atleti in un ruolo diverso dal consueto.

«Editare» deriva dal latino «edere», dai molteplici significati: pubblicare sì, ma anche generare, partorire, dare alla luce, svelare, elevare. Ed ecco quindi che mercoledì 8 marzo al Teatro Serassi una formazione di scrittrici conosciute per ciò che editano sono scese in campo – o meglio, sono salite su un palco – in una veste inedita per svelare loro stesse, raccontare le loro storie. Palco che si trasforma in una rotativa di una tipografia e dà alla luce componimenti dalle varie sfaccettature. Si parla di storia, di giornalismo, di sport, di essere madri, imprenditrici e autrici. Si toccano temi delicati come la disabilità, il maschilismo, l’emancipazione e i diritti calpestati in modo personale e intimo ma allo stesso tempo energico e deciso.

Il tono è a volte ironico, sferzante e pungente, a volte leggero ma non per questo meno incisivo. Il risultato è una voce corale: nessuna donna che va in scena prevale sulle altre, ma ne aumenta la forza e l’eco. Ogni donna mette in mostra la sua passione, la sua voglia di fare, i suoi pregi e i suoi difetti senza paura del giudizio del pubblico e con molto carattere. E ogni monologo «aumenta il voltaggio» delle parole dette, fa luce su un aspetto della vita femminile che trova ancora difficoltà ad emergere nel mondo d’oggi, dove i diritti delle donne sono purtroppo ancora calpestati e la parità di genere ancora un miraggio. Sul palco ci sono anche due interpreti della Lingua dei Segni Italiana, così che questo spettacolo giunga davvero a tutti.

Infine, la voce graffiante della cantante Giulia Spallino, accompagnata dal suono della chitarra, unisce le varie performance con canzoni che passano dal jazz al blues fino al pop rivisitato, passando per la musica ranchera messicana. Vivere libere, come la colomba nera («Paloma negra») cantata da Chavela Vargas: è questo il messaggio che resta alla fine. Da inedite le nostre attrici si trasformano in voce che si diffonde in platea e arriva dritta al cuore.

L’impressione è che questo spettacolo non sia solo un canto corale di donne che parlano solo di donne, ma un canto che vuole svelarsi ed elevarsi, vuole dare voce all’universo femminile nei confronti del quale nessuno deve restare indifferente. Un canto fatto di storie di quotidianità, di voglia di esserci e darsi da fare che nessuno può soffocare e nascondere, ma che ognuno di noi deve svelare, dare alla luce, divulgare perché non resti inedito.

(Luca Arrigoni)

TUTTE LE FOTO SONO DI YURI COLLEONI

Approfondimenti