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«Diamo una mano a Roberto». Due mani robotiche per fare la differenza

Articolo. Al via sulla piattaforma Kendoo il crowdfunding promosso dall’Associazione nazionale mutilati invalidi civili di Bergamo. L’obiettivo è acquistare due protesi che consentirebbero a Roberto Brignoli, vittima di un grave incidente, di riprendere una vita prossima alla normalità. Testimonial d’eccezione del progetto è la campionessa paralimpica Martina Caironi

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Roberto Brignoli, 45 anni, nel gennaio del 2019 è vittima di un grave incidente. Durante l’asportazione di una piastra metallica, non si accorge di come questa sia elettrizzata ad alta tensione. Una violenta scossa elettrica lo ferisce alle mani e lo fa cadere a terra. La successiva cancrena è fatale: si deve procedere all’amputazione di entrambi gli avambracci. All’epoca, a Roberto vennero messe a disposizione delle protesi dall’Asst. Oggi, però, queste protesi risultano usurate, consentono movimenti molto limitati, funzionano male. Per cambiarle, bisognerebbe attendere cinque anni e nel frattempo l’autonomia è notevolmente peggiorata.

Proprio per questo, l’Associazione nazionale mutilati invalidi civili (ANMIC) di Bergamo, in collaborazione con Creativi sensibili comunicazione, Pernice graphic designer, Gruppo Humantech e Ottobock Soluzioni Ortopediche, lancia sulla piattaforma Kendoo un progetto dal titolo «Diamo una mano a Roberto» (scopri qui come aderire alla raccolta fondi). Tra i collaboratori, anche Trattoria D’Ambrosio da Giuliana, che nei prossimi giorni organizzerà un evento con tutti i protagonisti del progetto per dare inizio ufficialmente al crowdfunding.

L’obiettivo dell’iniziativa è molto chiaro: dotare Roberto di due mani robotiche con i relativi avambracci di supporto, che possano permettergli di compiere quei semplici movimenti quotidiani che a noi sembrano scontati, ma che possono davvero fare la differenza.

Come funzionano le mani robotiche?

Dalla stampa 3D alla robotica, fino alla realtà virtuale: negli ultimi anni, le innovazioni tecnologiche hanno portato grandi novità in campo medico, migliorando l’assistenza offerta ai pazienti. Le protesi che si vorrebbero donare a Roberto, una volta applicate, possono svolgere la funzione di mani vere. Hanno infatti elettrodi che captano gli impulsi elettrici del braccio. Roberto le ha già provate ed è riuscito a muovere le dita, a fare il pugno e a contrapporre il pollice al palmo. Grazie a diversi sensori, la forza viene dosata in proporzione al materiale, alla forma e al peso dell’oggetto impugnato.

Un esempio? Se si impugna un bicchiere vuoto, la mano lo stringe saldamente. Se poi lo si riempie, quello che succede è che il peso cambia. Ecco: il sensore della protesi in questo caso capta l’aumento di peso e stringe adeguatamente per non farlo scivolare fuori dalla mano e cadere per terra.

La testimonial Martina Caironi

Protesi evolute come quelle di cui vi abbiamo accennato qui sopra vengono spesso usate dagli atleti paralimpici, grandi sportivi del passato e grandi campioni del presente. Donne e uomini che hanno trasformato un limite fisico in un’opportunità, abbattendo barriere culturali, seppure tra fatiche e pregiudizi, e mostrando al mondo le proprie abilità.

Tra gli atleti paralimpici a fare uso di protesi, c’è anche la “nostra” Martina Caironi. L’atleta bergamasca, specialista nei 100 metri e nel salto in lungo, ha dato la sua disponibilità a fare da testimonial di questo progetto. Caironi corre con una protesi fissata alla gamba sinistra, dopo aver subito l’amputazione della stessa in seguito a un incidente in moto avvenuto nel 2007. All’epoca, aveva solo 18 anni e stava tornando da una festa in motorino, quando un’auto l’ha investita schiacciandole la gamba sinistra.

Vincitrice di due medaglie d’oro e tre d’argento ai Giochi paralimpici (oro nei 100 metri a Londra 2012 e nei 100 metri a Rio 2016; argento nel salto in lungo a Rio 2016 e nei 100 metri e nel salto in lungo a Tokyo 2021), nessuno più di lei può infondere forza a chi rimane amputato degli arti.

«Lo sport è divertimento ma anche adrenalina, agonismo e una energia pura che mi permette ogni giorno di sentirmi abile, forte e di superare la mia disabilità con orgoglio e con passione», ha detto Caironi. Un’affermazione che fa luce sul suo grande spirito di sfida e di reazione. Uno spirito che, se sostenuto da professionisti e tecnici che applicano queste protesi estremamente tecnologiche, può ridare speranza e voglia di riappropriarsi della propria vita. Anche se con difficoltà e ostacoli.

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