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“Il mondo si concede a chi lo contempla”: la memoria condivisa dei morti di Alzano per la pandemia

Articolo. Fra le persone che hanno lavorato a “Ricordami”, la giornata della memoria delle vittime del covid-19 che si svolgerà il prossimo 27 settembre, c’è anche la nostra direttrice Daniela Taiocchi. Questo è il testo di riflessione che ha scritto per spiegare il suo rapporto con la morte e la memoria

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Con due sole immagini, prese a prestito dalla storia, vogliamo provare a suggerire il sapore di questa giornata dedicata al racconto e alla memoria. Le parole che prenderanno corpo negli sguardi lucidi che si incontreranno, affondano nelle radici del nostro essere uomini, definiti e mortali, ma con una vocazione all’infinito.

La religione animista africana suggerisce di bagnarsi i piedi quando si cammina per le strade per lasciare il segno del nostro passaggio nella città che abitiamo. “È bellissimo, voltandoci – racconta Éric-Emmanuel Schmitt in “Felix e la fonte invisibile” – vedere le nostre impronte leggere e zigzaganti che si affiancano e si intrecciano prima di dissolversi e continuare il loro balletto nell’aria”. Non siamo trasparenti, ininfluenti e inutili al mondo se ci prendiamo la briga di rinominare le cose rivelandone quella che per noi ne è l’anima.

Nello stesso modo possiamo ribattezzare gli alberi come “i supplicanti” perché tendono i rami verso il cielo per chiedere acqua e infilano le radici sottoterra per elemosinare cibo. Il vento può diventare l’amante universale, la mano invisibile che accarezza, rallegra e abbraccia di cui si colgono gli effetti su foglie, capelli e vestiti. Anche nei nostri paesi, specie in Val Seriana, i luoghi e le persone nella tradizione venivano “ribattezzati” dalla comunità che nel soprannome sapeva cogliere l’anima e il senso della loro presenza. Attraverso i nomignoli, a volte scherzosi o più spesso impietosi, i nostri vecchi sapevano assegnare e raccontare “la loro realtà” e questa attribuzione di un nuovo senso è stata per anni la medicina alla ricerca del proprio ruolo nell’infinito. E questo è il primo punto che questa giornata vuole indagare, consolidare e trasmettere.

C’è poi una seconda immagine, quella che riguarda il modo di trattare la dimensione della memoria di una generazione quasi scomparsa in questi mesi. La storia dell’umanità ci insegna, dopo un lutto, specie se comunitario, a compiere un faticoso lavoro culturale con lo scopo di allontanare la presenza di chi non c’è più nella vita della comunità e di trasformarlo da potenza negativa a nume tutelare dell’esistenza. Il morto deve essere sottratto ad ogni penoso vagabondaggio per divenire l’antenato che guida e difende dai rischi della storia, il depositario di conoscenze e valori morali atti a fornire direzionalità etica al gruppo.

Venuti meno i riti di separazione (veglie, funerali) diviene ora ancora più necessario compiere l’esercizio di recupero della memoria della vita dei nostri cari, del mondo e degli oggetti con i quali operavano, purificandoli e inserendoli nella loro nuova dimensione di protezione.

Le porte e le finestre aperte durante le veglie funebri a questo servivano: a fare uscire l’anima del defunto consegnandola agli angeli che, con i demoni, si contendevano ai piedi del letto di morte l’anima. Subito dopo si preparava una sorta di banchetto funebre per recuperare magicamente le energie vitali compromesse dall’esperienza funebre. Per la definitiva risoluzione del rapporto con il defunto e per recuperare l’uso di abiti, luoghi e oggetti che erano suoi, si puliva la stanza dove era morta la persona, si tinteggiavano le pareti e si bollivano gli abiti.

I ricordi che andiamo dunque a raccogliere, gli oggetti che mettiamo a fattore comune per la costruzione di questo racconto collettivo possono solo così riacquistare una rinnovata e ritrovata funzionalità.

Si può e si deve dunque trascendere l’ordine delle cose esistente, si può rimettere l’irrazionale nel razionale perché “il mondo si concede a chi lo contempla” aveva detto l’uomo medicina della tradizione animista nel testo di Schmitt. Nel momento in cui stiamo vivendo ci sono secoli, millenni nascosti con le medicine giuste per guarirci. Le potremo scoprire se non guardiamo soltanto est e ovest, ma mettiamo insieme terra e cielo: noi che siamo rimasti sulla terra e i nostri defunti che sono saliti in cielo.

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(opere pittoriche di SantaLiza)

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