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Alice Mangione, l’arte di ridere in rete e la capacità di gestire i “leoni da tastiera”

Intervista. Recente protagonista della seconda stagione di «LOL», abbiamo chiesto alla comica come vive la notorietà e cosa ne pensa del cyberbullismo sempre più diffuso. Un fenomeno che ha bisogno di essere raccontato e affrontato a ogni livello di popolarità

Lettura 4 min.
Alice Mangione

Si ride, si scherza, si condivide e si esprimono le proprie idee e il proprio modo d’essere. Questo si fa sui social, questo è l’apparire al tempo della rete, spazio potenzialmente democratico in cui ognuno, se gioca bene le sue carte, può vivere il proprio momento di popolarità. Fama o popolarità che sia – la stessa che si può sperimentare nel proprio gruppo di amici, a scuola, sul luogo di lavoro o nella propria città – le cose non vanno sempre per il verso giusto: si ride, si scherza e ci si esprime, ma a volte questo meccanismo si inceppa e scatena un fenomeno ormai noto come cyberbullismo.

C’è qualcosa in quella tastiera e nella copertura del virtuale dell’utente che trasforma le persone, che le autorizza a criticare, attaccare e ferire. E il problema è talmente noto che non lo si può più nascondere. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione l’8,4% degli studenti e delle studentesse delle scuole superiori ha subito episodi di cyberbullismo (7,4% in modo occasionale e 1% in modo sistematico), mentre il 7% ha preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo (6,1% in modo occasionale e 0,9% in modo sistematico).

Il cyberbullismo, però, colpisce tutti, non solo i ragazzi a scuola. E ferisce tutti, anche chi con la notorietà ci lavora. Ne abbiamo parlato con Alice Mangione, attrice comica, youtuber, protagonista del web grazie al progetto «The Pozzolis Family» , creato nel 2017 con il marito e cabarettista Gianmarco Pozzoli. Partito dai social, il racconto delle loro dinamiche familiari è brillante e coinvolgente e permette a chiunque di immedesimarsi nelle gioie e nei dolori della vita di coppia genitoriale, ma pone anche una questione. Come affrontano i Pozzolis il problema del cyberbullismo? Come gestiscono la “vita social” dei loro figli?

AS: Alice, prima di iniziare non possiamo non parlare di «LOL, Chi ride è fuori!». Com’è stato?

AM: Come tutti ho visto la prima stagione quindi mi ero fatta un’idea generale ma poi quando sei lì è tutta un’altra cosa. È un’esperienza assurda, è come stare in una stanza con persone a cui hanno appena dato una brutta notizia però sotto psicofarmaci.

AS: È stato difficile resistere?

AM: Quando sei lì dentro ti dimentichi che stai facendo «LOL», quindi non solo è difficile rimanere concentrati sul non ridere ma ricordarsi che devi far ridere. E nel mentre ti dimentichi anche che nel non ridere puoi fare altro, insomma è un casino.

AS: Questa esperienza ti ha dato un ulteriore scatto di popolarità immagino. Ne vedi già gli effetti? Più follower, richieste di intervista, contatti in generale?

AM: «LOL» è indubbiamente una bella vetrina, ma gli effetti della popolarità si vedranno solo nel momento in cui Bradley Cooper avrà finalmente accettato la mia richiesta di amicizia.

AS: Ecco, arrivo al punto. Volevo proprio parlare con te di popolarità e degli effetti che può avere, soprattutto considerando il fatto che «The Pozzolis Family» è un progetto che nasce e si sviluppa in rete. Quanta è bella la popolarità della rete?

AM: I vantaggi ci sono, ma la popolarità della rete è un’arma a doppio taglio. Nel bene e nel male quando posti qualcosa sarai sempre soggetto alle opinioni del grande pubblico, che può essere d’accordo oppure no. Fortunatamente per noi intorno al progetto «The Pozzolis Family» si è creata una bellissima community che ci sostiene anche al di fuori dei social. È sempre un piacere incontrarli casualmente nella vita reale.

AS: Ma nei fatti cosa succede? Le persone ti scrivono e tu come ti comporti, quali sono le regole d’oro?

AM: Blocco tutti! No, non è vero è forse uno degli aspetti che preferisco dei social, ti dà la possibilità di conoscere meglio le persone con cui comunichi tutti i giorni. Arrivano tante richieste, da chi mi parla delle proprie esperienze a chi mi scrive per dire che ha riso tantissimo per un nostro video. Io cerco di rispondere il più possibile, poi certo è difficile riuscire sempre ma sappiate che se il vostro dm è stato visualizzato senza risposta è molto probabile che lo abbia aperto Giamma! In ogni caso li apriamo quando siamo sul water.

AS: Hai avuto anche momenti indesiderati? Ti è capitato di sentirti sotto attacco di qualche “leone da tastiera” e di essere giudicata pesantemente?

AM: Sì, è successo, poche volte ma è successo. E per un attimo le centinaia di migliaia di volte in cui qualcuno ti ha detto che l’hai fatto ridere, che gli piace il tuo lavoro, spariscono e quella manciata di parole negative diventano enormi. È assurdo, se ci pensi. Non dovrebbe essere così.

AS: A quel punto quale risorsa hai tirato fuori?

AM: Non la prendo bene, non capirò mai la necessità di qualcuno di scrivere in privato o sotto a un tuo video che a lei/lui tu non piaci (ho letto anche parole peggiori, eh). Spesso mi è capitato di rispondere chiedendone spiegazioni e dall’altra parte c’è chi mi ha detto «Ah, non pensavo li leggessi veramente». Alla fine è tutta una giostra per attirare su di sé attenzione, c’è chi ha delle buone risorse personali e sa gestire le relazioni dentro e fuori da internet e chi, come queste persone, che probabilmente ha pochi strumenti e li usa male.

AS: Tu e Gianmarco avete fatto una scelta decidendo di esporre non solo voi, ma anche la vostra famiglia. Ci avete pensato tanto?

AM: No, ma va. Il nostro è stato solo un naturale prolungamento del lavoro di comici che spesso partono da un’esperienza di vita reale per creare contenuti che divertano gli altri. Piano piano, condividere anche la nostra realtà oltre ai momenti costruiti è diventato spontaneo. Ma sarebbe ingenuo pensare che viviamo costantemente con le telecamere accese, non è un reality, c’è sempre una scelta dietro a quello che vogliamo mostrare. Se non abbiamo nulla di interessante da dire, piuttosto non diciamo.

AS: Come affronti l’educazione social dei tuoi figli? Ti sei data un programma?

AM: I nostri figli sanno cosa sono i social per quello che abbiamo spiegato loro: sono come una specie di cortile condominiale dove chi si mette al centro può dare il suo contributo per rendere il palazzo un luogo più bello. Ma dalla finestra si può affacciare chiunque. E ci sarà sempre chi urla, chi suona, chi guarda e non dice nulla, chi insulta perché non sa fare altro, chi applaude e chi continua a buttare la plastica nel vetro perché non gli interessa che il palazzo diventi davvero un bel luogo. Detto ciò, non hanno ovviamente accesso ai social, c’è un’età minima fissata per legge che è a 14 anni. Giò che ne ha 6 può guardare il telefono solo ogni tanto per fare un gioco che conosciamo e che non va in rete.

AS: Sei contenta che il tema del cyberbullismo e della comunicazione social stia arrivando in maniera diretta a toccare più i giovani e giovanissimi?

AM: Sono molto contenta del fatto che si parli di più di queste tematiche, specialmente nell’era del digital. Anche noi grazie alla collaborazione con l’associazione Salvagente, attraverso il format «SalvaFamily», abbiamo registrato delle puntate dedicate al digitale, alla sensibilizzazione e ai rischi che comporta.

AS: Sei più preoccupata o ottimista rispetto a quello che la rete può offrire in positivo e negativo?

AM: Entrambe, ma spero che iniziando a trattare di più questi temi sin da piccoli si arriverà ad un uso dei social più consapevole.

AS: E per «LOL»? Ti hanno bullizzata per essere stata la prima a uscire?

AM: No, ma in compenso la mia eliminazione ha giovato al conto del mio avvocato. Ciao Giamma ci vediamo in tribunale!

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