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Videogiochi per creare videogiochi

Articolo. Se i vostri figli stanno tutto il tempo davanti al cellulare forse non stanno perdendo tempo, e se stessero creando un loro videogioco? Dal successo mondiale di «Minecraft» a «Roblox», «Julian Editor» e «Steam», oggi le ragazzine e i ragazzini giocano ai videogiochi costruendoli

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Ci sono sempre stati due tipi di videogiocatori, quelli che i videogiochi amano giocarli e quelli che amano crearli. E fin dagli albori la creazione di videogiochi si è basata su strumenti che avevano l’obiettivo di rendere in qualche modo le cose un po’ più facili a quelli che sarebbero venuti dopo. Nell’MIT, ai tempi di «Spacewar!» e dei primi giochi basati sugli scacchi o sul tennis, fu il Basic a permettere la creazione di linguaggi condivisi, guide che passavano di mano in mano, quadernoni di appunti e idee che rappresentavano i primi strumenti per creare videogiochi. E per quanto tutto fosse molto più semplice rispetto a quando si procedeva per schede forate, era comunque un gioco per solutori molto più che abili. Ma da tempo non è più così.

Nel corso degli anni sono nati tantissimi strumenti che hanno permesso a moltissime persone di creare i propri videogiochi, molto spesso senza che ci fosse alla base nessuna conoscenza di coding o dei linguaggi più usati. La diffusione di questi strumenti inizia negli anni ’90 e si basa su nomi come «RPG Maker», con cui era possibile creare giochi di ruolo in stile «Final Fantasy», o «Mugen», che era, e in alcuni casi è ancora, lo strumento scelto dagli appassionati dei giochi alla «Street Fighter I I» per creare i loro picchiaduro personali con personaggi tratti da manga, altri da videogiochi, cartoni animati e così via. Strumenti preziosissimi per i ragazzi dell’epoca che spesso potevano contare solo ed esclusivamente sulla buona volontà degli sviluppatori, che li aggiornavano e li miglioravano gratuitamente per il puro gusto di farlo.

Un altro grande momento di questa storia arriva proprio grazie a internet con il linguaggio «Flash» e la sua capacità di creare velocemente animazioni di ogni tipo. Grazie a Flash furono creati milioni di videogiochi, alcuni molto semplici ma anche titoli complessi che avviarono i loro creatori verso una carriera nata così, per gioco, nella loro stanza, come spesso accade nella storia dei videogiochi.

Oggi il panorama offre tantissime opportunità per i ragazzi che decidono di creare videogiochi e di sviluppare le loro fondamentali capacità di coding e anche oggi possono farlo senza dover imparare subito linguaggi complessi, anche perché negli ultimi anni si è sviluppata sempre di più un genere nel mondo dei videogiochi che si basa sul cosiddetto « user generated content »: il videogioco fornisce gli strumenti e poi sono i giocatori a creare livelli, strutture, avventure e soluzioni che sfruttano quanto messo loro a disposizione.

Il primo inevitabile esempio dei titoli di questo genere è «Minecraft», che da semplice titolo survival sviluppato da una sola persona è diventato negli anni uno dei giochi più venduti e giocati al mondo e una cifra stilistica estremamente riconoscibile. La struttura a blocchi dei mondi di «Minecraft» e la complessità che è possibile raggiungere nelle creazioni, con tanto di interruttori, macchine logiche e così via lo ha reso il Cavallo di Troia perfetto per instillare in almeno un paio di generazioni la voglia di programmare cose. È stato un misto tra il «Lego», un’avventura e una lezione di informatica in cui nessuno ha mai sbadigliato per la noia.

Non è quindi un caso che una delle piattaforme di maggior successo degli ultimi anni, «Roblox», ne abbia ripreso lo stile per portare il discorso ancora più avanti. Probabilmente se avete un figlio sapete già di cosa parliamo, per tutti gli altri invece «Roblox» è un’app dove è possibile giocare ai videogiochi creati dagli altri utenti o creare i propri, importando immagini e altre risorse per dare un tocco personalizzato. Dentro «Roblox» ci trovate di tutto: giochi d’avventura, sparatutto, giochi di guida, picchiaduro, con livelli di complessità che vanno dal progetto abbozzato al gioco completo. La cosa più interessante è che volendo è possibile vendere i propri giochi dentro «Roblox» e creare delle espansioni scaricabili a parte, caratteristica che da una parte ha visto «Roblox» accusato di sfruttare il lavoro dei bambini (perché ovviamente si tiene una percentuale di ogni transazione) ma dall’altra ha reso molto ricchi dei ragazzini che sembravano semplicemente passare troppo tempo davanti allo smartphone.

Sempre su smartphone è possibile trovare «Julian’s Editor», che, come suggerisce il nome, permette di creare e modificare immagini e animazioni per creare videogiochi di ogni tipo. Provate a farvi un giro su YouTube o TikTok e troverete decine e decine di guide che spiegano come fare qualsiasi cosa, basta avere pazienza.

Se poi avete una «PlayStation» perché non provare a perdersi in «Dreams»? Parliamo di un videogioco che, un po’ come «Roblox», permette di creare altri videogiochi di ogni tipo o godersi quelli creati da altri, solo che la grafica è decisamente più bella rispetto a «Roblox», visto che parliamo di un titolo per console casalinga.

Amate «Super Mario» e sognate di creare un livello tutto vostro? Vi basta avere una «Switch» e comprare «Super Mario Maker 2», che non solo vi permetterà di giocare a tutti i livelli creati da milioni di altri giocatori in tutto il mondo ma vi fornirà anche tutti gli strumenti necessari per creare le vostre intricatissime sfide. La regola è una sola: potete creare e condividere solo i livelli che riuscite a finire almeno una volta.

Ma come mai questi strumenti hanno sempre più successo, soprattutto tra i ragazzi, passando spesso inosservati ai radar di chi i videogiochi li ama e li segue da anni? Da una parte c’è il fascino delle sottoculture giovanili, che vivono di passaparola e che spesso sono ignorate dai più grandi, poi c’è il fatto che oggi chi nasce lo fa in un contesto in cui i videogiochi sono presenti fin da subito e visti come una cosa naturale, come un film, una serie tv o un libro. Ed esattamente come un bambino amante della lettura potrebbe voler scrivere i suoi fumetti o i suoi racconti perché non dovrebbe voler fare i suoi videogiochi? Ha capacità che un adulto neanche si immagina.

Ovviamente tutto questo nasce grazie anche a internet e alla sua capacità di creare mode e saperi condivisi. I ragazzi e le ragazze vogliono giocare e creare perché vedono gli amici farlo o magari lo scoprono in un video su YouTube o una diretta su Twitch. E se la loro curiosità li spinge a informarsi trovano tutto ciò di cui hanno bisogno in centinaia e centinaia di video, senza neanche doversi comprare un manuale o pagare il software di sviluppo, che spesso e gratis. Ovviamente, per quanto gli strumenti possano essere semplici e accessibili, la parte più difficile, quella delle idee buone, spetta sempre all’utente.

Certo, non tutti alla fine diventano sviluppatori come non tutti quelli bravi nei temi diventano scrittori, però chi lo sa. Se veramente andremo verso una galassia di metaversi serviranno architetti e creatori in grado di popolarli e renderli belli. Oppure, in un futuro in cui saper scrivere in codice sarà importante come conoscere almeno una lingua straniera, forse fare i videogiochi diventerà un passatempo alla portata di tutti, come può esserlo tenere un blog o dipingere per il gusto di farlo.

E a giudicare dalle decine di videogiochi grandi e piccoli che si trovano su piattaforme come «Roblox», «Itch.io» e anche su «Steam»… forse è già così.

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