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Due passi nei dintorni di Celana (con sorpresa)

Articolo. Una breve e interessante escursione ad anello in val San Martino. Il consiglio è di effettuarla rigorosamente di sabato pomeriggio e, ancor meglio, nel periodo invernale. Il perché verrà rivelato solo al termine di queste righe…

Lettura 6 min.
Scorci salendo verso il Bressanù

Sono le ore 13.45 di un sabato dicembrino. Siamo a Celana, frazione di Caprino Bergamasco. L’auto è posteggiata nel piccolo piazzale adiacente all’ingresso del prestigioso Collegio «San Carlo» Celana. È una delle scuole più antiche d’Italia, fondata nel 1579 per volere di San Carlo Borromeo. Nato come seminario vescovile, nei secoli successivi venne trasformato in istituzione scolastica e collegio. Ha forgiato intere generazioni di studenti, per lo più lombardi, raggiungendo numeri ragguardevoli: nel secolo XIX ospitava più di mille studenti e il convitto ne accoglieva oltre 700. Tra i suoi alunni più illustri si ricorda Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che raggiungeva Celana a piedi da Sotto il Monte (l’itinerario che il piccolo Angelo copriva a piedi è oggi ripercorso dal sentiero denominato «sentiero di Papa Giovanni XXIII»); Francesco Nullo, eroe del Risorgimento, oltre a numerose personalità di spicco della vita italiana. Si annoverano altresì campioni dello sport, quali Giuseppe Meazza e Sandro Mazzola.

Il Celana ospita un interessante museo di scienze naturali che vanta un preziosissimo globo celeste realizzato nel 1694 da Giacomo Cantarelli, cartografo al servizio della corte estense. Il Collegio ha dovuto chiudere i battenti nel 2014 a causa degli ingenti costi di gestione. La sua fama è tornata in auge nel 2017 grazie al reality televisivo «Il Collegio», ispirato proprio alla vita degli studenti nei decenni passati.

Siamo dinnanzi all’ingresso dell’istituto: la recinzione un po’ malmessa, il giardino poco curato e la struttura vetusta evidenziano inesorabilmente i segni del tempo. La memoria mi aiuta nel ricordare che il carissimo zio Ernesto, ormai prossimo alle ottanta primavere, fu allievo del Celana per molti anni. Non esito a chiamarlo: «Pronto zio? Sono Camillo, mi trovo proprio di fronte all’ingresso del Celana…», «Oh Signùr! Che brutta idea…». In effetti, lo studente Ernesto non brillava per disciplina e rettitudine. «Ero sempre dietro alla colonna, in punizione!».

Gli chiedo di raccontarmi qualche aneddoto e parte a ruota libera: «Il ricordo più bello? Nel 1957, quando a causa dell’influenza asiatica rispedirono a casa tutti gli alunni per un lungo periodo!». Ernesto prosegue nel racconto: «Le gite scolastiche? Altro che città d’arte, allora si andava a piedi al Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago oppure a Vercurago presso San Girolamo! Ricordo ancora bene quello studente che, al decimo giorno consecutivo in cui a cena venivano serviti pane, stracchino e patate, rifiutò il cibo rivoltando il piatto sottosopra. Immediatamente altri allievi lo seguirono nel gesto di protesta, ed altri ancora. Per evitare che la contestazione giungesse agli occhi degli allievi più piccoli, collocati nei tavoli lontani, immediatamente dalla cucina uscirono salami ed altri insaccati, con grande giubilo dei commensali. La cosa sorprendente fu che per quel gesto non venne punito nessuno».

Il tono dello zio diviene ora più mesto: «Venni allontanato dal Collegio quando, studente liceale, trovarono tra le mie cose il romanzo di Ugo Foscolo “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. Allora quel libro era all’indice e non ne era consentita la lettura!». E dei due fratelli Mazzola, Sandro e Ferruccio, ricorda che il più giovane, Ferruccio, era quello che agli occhi di tutti ragazzi mostrava le doti calcistiche migliori. Tuttavia la sorte gli riservò un futuro sportivo meno glorioso. Ringrazio lo zio Ernesto per i racconti e mi congedo da lui.

Iniziamo il cammino risalendo verso la chiesa di Celana (420m). Alle sue spalle inizia il sentiero n° 806. Siamo in un territorio dalla toponomastica molto interessante e in questa divertente ricerca mi dà una mano l’amico Luca, compagno di escursione nonché vivace letterato. Celana deriva dal latino cella che significa «dispensa», «granaio», ad indicare la vocazione agricola di questo territorio.

Procediamo in direzione sud lungo via del Calvario costeggiando il parco del Collegio. Si entra nel bosco e la strada diviene uno sterrato ben percorribile che conduce al Bressanù , magnifico roccolo con vista su Cisano e la valle dell’Adda. Il proprietario, Franco Locatelli, noto imprenditore florovivaistico della zona, nel 2015 istituì in questo luogo un centro studi di ricerca scientifica, formazione e cultura florovivaistica.

Il sentiero n° 806 lambisce soltanto il Bressanù ma noi una sbirciatina siamo andati a darla. Proseguendo oltre si fuoriesce dal bosco in corrispondenza di Gronfaleggio (520m), frazione di Pontida, panoramica località che domina la conca di Roncallo Gaggio. Si notano numerosi vigneti e altrettante cascine rurali baciate dal sole. Il curioso nome di questa contrada deriva da grom (in latino grūmus), indicante un poggio o un’altura, e falècc, «felci» in dialetto bergamasco. Pertanto ci troviamo sulla «collina delle felci».

Attraversiamo il piccolo borgo impreziosito da dimore ben ristrutturate e ci portiamo all’evidente incrocio viario poco oltre le case. Seguiamo le indicazioni del sentiero n° 807 in direzione della Forcella di Burligo. Con una serie di dolci saliscendi, immersi in un bosco di castagni, la stradella ci conduce dapprima alla selletta della Tisa (542m), crocevia di numerosi sentieri; indi, divenuta un sentiero, approda alla Forcella di Burligo (594m), borgo sito in territorio di Palazzago. Ovunque si notano vecchi e nuovi capanni per l’uccellagione.

Nei pressi della Forcella di Burligo sorge una tribulina dedicata ai morti della peste del 1630. Per gli abitanti della zona, è anche chiamata il «santo Mortino» della Forcella in ricordo di un truce episodio avvenuto quasi due secoli orsono: la notte di Santa Lucia del lontano 1832 due briganti, per rubare pochi spiccioli, aggredirono un ragazzo del luogo colpendolo a morte con un falcetto. Dalle gocce di sangue cadute sulla neve fiorirono innumerevoli gigli che profumarono l’aria gelida di quei giorni. La mattina seguente il corpo senza vita del povero ragazzo venne ritrovato circondato dai gigli. Visibilmente impressionati e commossi per l’accaduto, gli abitanti del luogo decisero di erigere una cappelletta in sua memoria. Ancor oggi il santo Mortino è meta di devozione e di pellegrinaggi di molti fedeli.

Alla Forcella seguiamo le indicazioni per Opreno. Scendiamo lungo la storica mulattiera di collegamento tra la piana di Almenno, Palazzago e la val San Martino. Questa via veniva percorsa quando le piogge e il fango rendevano impraticabile la via Rezia, importantissima arteria di collegamento tra la Pianura Padana e il cuore dell’Europa. La mulattiera diviene più ampia e attraversiamo l’antico ponte sul torrente Sommaschio, un massiccio manufatto di pietra a campata unica sopra il letto roccioso del torrente che qui crea una suggestiva sequenza di cascatelle.

Sui rami gli alberi hanno ancora numerose foglie che i raggi del sole meridiano illuminano creando splendidi contrasti. In breve raggiungiamo Opreno (556m), assolato borgo che conserva edifici medioevali di solida struttura alternati a dimore sei-settecentesche di pregevole fattura. Lo attraversiamo con grande curiosità.

Si respira ancora un rapporto strettissimo con la terra come ai tempi del capitano veneto Zuanne da Lezze che, nel XVII secolo, riferendosi agli abitanti di Opreno raccontava: «questi della terra vivono quasi tutto del suo et hanno raccolto per il loro viver aiutati dalle castagne, che ne sono in quantità et vino abondantemente».

Imbocchiamo la strada asfaltata che scende verso Caprino e seguiamo le evidenti le scorciatoie che permettono di evitare la monotonia della carrozzabile. In breve siamo in prossimità della contrada Perlupario (415m), nome affascinante che evoca paure ancestrali. In effetti, Perlupario significa «prato dei lupi», con riferimento al XVI secolo quando ancora i lupi scorrazzavano per le zone collinari e la pianura lombarda. Anche questa frazione vanta belle dimore ben ristrutturate. Attraversiamo la strada asfaltata ed entriamo nelle viuzze di Perlupario seguendo le indicazioni per Celana. Procediamo lungo un tratturo attraverso prati pianeggianti.

Il sole del tramonto regala splendidi scorci, mentre sulla collina di fronte a noi spiccano la chiesa e il collegio di Celana (ecco svelato uno dei motivi per cui consiglio di effettuare l’escursione nei pomeriggi invernali!). Scendiamo verso il torrente Sommaschio addentrandoci in un bel boschetto di giovani piante di noce. Le prime ombre della sera ci avvolgono silenziosamente mentre una nebbia rarefatta incute un certo timore. Si ode soltanto il crepitio dei nostri passi sulle foglie. «Non mi stupirei di incontrare un lupo!» sussurro e, inconsapevolmente, ci ritroviamo a camminare di gran lena. Guadiamo il torrente Sommaschio e risaliamo il sentiero che attraverso prati ormai completamente inumiditi dalla rugiada riconduce a Celana.

«Sono le 17, perfetto!». Ci rechiamo presso il sagrato della chiesa di Santa Maria Assunta ormai immersa nel buio. Un paio di persone sono già li. Dopo pochi minuti una signora si avvicina al portone d’ingresso, estrae un grosso mazzo di chiavi ed apre la chiesa. Ecco la sorpresa finale: la chiesa ospita una pregevole pala di Lorenzo Lotto, l’«Assunzione della Vergine», dipinta nel 1527 in piena maturità artistica. La tela sorprende per la forte espressività, l’intenso pathos e il potere di affascinare l’osservatore accompagnandolo quasi magneticamente nella scena. Colpiscono anche la brillantezza dei colori e la luminosità del dipinto. Curiosa la rappresentazione di san Tommaso, con gli occhiali, chino sul sepolcro ormai vuoto a controllare le uniche rose rimaste. Bisogna sapere che la chiesa di Celana apre al pubblico solamente il sabato pomeriggio, in occasione della Messa prefestiva delle 17.30. L’unico momento in cui è possibile osservare la pala è quella manciata di minuti che precedono la messa. Ecco svelato l’arcano!

Rimaniamo affascinati presso l’altare ad ammirare tanta bellezza. Suona la campanella, il prete fa il suo ingresso in chiesa. Ci allontaniamo silenziosamente con gli occhi ancora incantati e l’animo sorridente. Una meraviglia!

P.S. L’escursione ad anello qui proposta è lunga poco più di 9 km con 400m di dislivello positivo. Calcolate circa tre ore di cammino. Considerata la scorrevolezza del terreno e l’assenza di salite impegnative è un percorso adattissimo anche alla corsa e alle MTB.

P.P.S. Tutte le foto, salvo ove diversamente indicato, sono di Camillo Fumagalli.

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