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Festival del Pastoralismo, a piedi da Bergamo a Lodi Vecchio sulle orme dei “bergamini”

Articolo. Dal 24 settembre al 2 ottobre la rievocazione della transumanza dei bergamini, gli storici allevatori di mucche da latte. 85 km da compiere, una carovana, una serie di tappe tra storia, gastronomia e cultura. Guardando al passato, ma camminando anche per costruire il futuro

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(Maurizio Persico)

Trans-Humus, “attraversare il suolo”. Transumanza. La forma di pastorizia che prevede lo spostamento stagionale del bestiame, due volte l’anno solitamente, in primavera e in autunno. Nasce con le pecore, ancora praticata, per poi specializzarsi (quella bovina legata alla produzione dei formaggi ormai è sempre più rara). Un fenomeno estinto lungo certi percorsi e in certe modalità, ma che non perde la capacità di raccontare la storia e le tradizioni di un territorio e della sua gente. E che non manca di indicare la direzione per il futuro del settore zootecnico e caseario.

La transumanza è stato un grosso canale che per secoli ha legate le montagne bergamasche e le pianure, ma anche tutto quello che c’era in mezzo. Un grosso canale di relazioni e di identità che si incontravano”, spiega Michele Corti, docente di zootecnia all’Università Statale di Milano e presidente dell’Associazione Pastoralismo Alpino.

L’associazione organizza annualmente il Festival del Pastoralismo, e come coronamento di una serie di eventi e di incontri per celebrare la tradizione pastorale del nostro territorio rievoca la “Transumanza dei bergamini”, i famosi allevatori di bovini da latte che storicamente transumavano tra le montagne bergamasche e la pianura lungo il fiume Adda, “che è un po’ il fiume chiave della transumanza”.

Bergamo capitale della transumanza

C’è una tradizione che ha influenzato tutto il nord Italia” spiega Corti. “Bergamo è la capitale: c’è la pecora bergamasca, che è diffusa su tutto l’arco alpino. C’è il cane pastore bergamasco. E poi Bergamo è legata ai bergamini, i transumanti con le mucche da latte. Negli ultimi anni poi ci sono state numerose iniziative coronate dal riconoscimento UNESCO di Cheese Valley e di Bergamo come città della gastronomia”.

E non a caso, nel 2014, nasce il Festival del Pastoralismo. “La manifestazione è nata con lo scopo di avvicinare il mondo della montagna e della città, far conoscere quello che hanno in comune, per quanto riguarda il passato ma anche il presente. Era interessante far convergere progetti di tipo turistico, gastronomico, culturale, identitario. Riavvicinare mondi diversi, spiegare le connessioni tra tradizioni gastronomiche e culturali, e i fenomeni che hanno dato a Bergamo la possibilità di diventare una capitale dei formaggi, e di ospitare eventi internazionali negli ultimi anni”.

Parlare e divulgare conoscenza sulla transumanza e sui bergamini, quindi, significa sondare le radici storiche e i motivi per cui la città e il territorio hanno assunto nel tempo un ruolo così importante per quanto riguarda l’industria casearia e la tradizionale pastorale.

La rievocazione della transumanza: i luoghi della tradizione

Il festival è attualmente in corso. “Già da settimana scorsa abbiamo iniziato degli eventi preparatori in modo che l’arrivo della transumanza non sia percepito solo come evento folkloristico. Abbiamo organizzato proiezioni e conversazioni a tema in modo da dare al pubblico delle località che attraversiamo qualche anticipo di quelli che sono i motivi della manifestazione”.

Le iniziative della fase preliminare terminano proprio oggi, venerdì 24. È una fine che segna un inizio: l’inizio della rievocazione della transumanza, con partenza sabato mattina da città bassa, alle 9.30. “Da via Baioni, dove arrivavano i transumanti della Valseriana”.

La carovana sarà composta da una trentina di mucche da latte provenienti da Serina, tre carri agricoli, allevatori, decine di volontari. “Ci seguiranno anche i pazienti psichiatrici e gli assistenti della fondazione Bosis di Verdello, con la quale collaboriamo da anni, che ha organizzato in passato diversi tour equituristici, e che ha nelle corde questo tipo di manifestazioni itineranti” racconta Corti.

Piazza Pontida sarà una tappa cittadina di un percorso lungo ben 85 chilometri che toccherà numerose località legate alla tradizione pastorale e di transumanza. Nella Bergamasca: Treviolo, Sforzatica, Mariano di Dalmine. E Osio Sopra, dove la carovana sfilerà nelle vie del centro per poi fermarsi all’area feste fino a sera (mercatini, cucina tipica – con la novità dei “rafioli di Sant’Alessandro” dal ripieno di carne ovina – e dalle 20.30 il cantautore Luciano Ravasio in concerto).

Il percorso prevede tappe nel Milanese nel Cremasco, fino al Lodigiano: Cassano e Rivolta d’Adda, Gradella, Pandino, Monte Cremasco, Dovera e infine Lodi Vecchio, dove la carovana chiuderà il percorso, sabato 2 ottobre.

Michele Corti: “In tutte queste tappe ci portiamo dietro una mostra didattica, una serie di pannelli con in sintesi la storia di questa transumanza, in modo che chi non ha letto nulla o non sa, se ha voglia di leggersi qualcosa ha dei pannelli didattici per capire cos’è in modo da non scindere mai il contenuto culturale da quello di intrattenimento gastronomico”.

Domenica 26 la manifestazione sarà a Badalasco, presso Fara Gera d’Adda, luogo emblematico del percorso di transumanza e della tradizione dei bergamini. “Badalasco ha mantenuto caratteri prettamente rurali, ci sono ancora bergamini, ormai allevatori stanziali, famiglie che hanno fatto la transumanza in passato”.

Anche a Badalasco la carovana garantirà musica e cucina tipica con piatti della tradizione. Oltre a spettacoli come “Il teatro dei bergamini”, una forma di teatro popolare accompagnata da danze e dalla musica del baghèt, la cornamusa bergamasca, e di altri strumenti della tradizione popolare.

È una festa che vuole ricordare i legami tra tutte queste località, per rispolverare la storia. Alcune di queste memorie del passato ci suggeriscono anche delle strade per il futuro: si è andati verso la monocultura, l’alimentazione del bestiame uguale dappertutto e per tutto l’anno. Oggi di fronte a una concorrenza globale c’è l’obbligo di sfruttare meglio certe particolarità: una tradizione nel fare un tipo di formaggio, o certe risorse foraggere, l’acqua pulita dei fontanili. È necessario differenziare rispetto a quelle modalità molto intensive e globalizzate che anche la nostra zootecnia ha assunto, prendendo spunto dalle tante esperienze, dalle risorse, dalle nostre pianure e dai nostri alpeggi. Dobbiamo giocare le nostre carte, e sul campo della tradizione casearia non siamo secondi a nessuno: pianura, alpeggi. È un discorso culturale ma anche pratico, rivolto all’economia agricola e agroalimentare”.

Carlo Rota, Ol Carlì, “l’ultimo bergamino”

L’ultimo bergamino” di Luigi Giuliano Ceccarelli è il film documentario che racconta la vita di Carlo Rota, bergamino di Locatello, in Valle Imagna. Sarà proiettato proprio stasera, venerdì 24 alle ore 20:30, presso l’Auditorium piazza Patrioti di Fara Gera d’Adda.

I titoli tendono a enfatizzare” dice il professor Corti, “ma dopo Carlo Rota i bergamini non sono andati avanti molto. A Badalasco ci sono suoi parenti, a Rivolta ci sono altre famiglie tutte legate alla valle Imagna e alla transumanza. Gli ultimi che hanno praticato la transumanza e non avevano ancora una sede fissa in pianura oggi sono lì proprio nella zona tra cremasco e lodigiano”.

Certamente Carlo Rota è l’ultimo della Valle Imagna. “Gli ultimi bergamini sono degli anni Novanta del secolo scorso. Negli anni Ottanta ce n’erano ancora parecchi, poi per vari motivi il fenomeno si è spento lentamente. Nel frattempo sono cambiate le stalle, l’alimentazione del bestiame. Sono cambiate tante cose. Una volta i bergamini producevano formaggio, più che latte. Oggi sta riprendendo la produzione aziendale. Ci sono aziende che fanno il pascolo in pianura con erba fresca, o che hanno introdotto il caseificio, che era la norma fino all’inizio del Novecento. Poi quando alcuni bergamini di successo hanno messo in piedi le aziende casearie tra la Martesana e la Gera d’Adda, Melzo, Treviglio, Caravaggio – parlo dei vari Invernizzi, Locatelli, Gabbani, Arrigoni a Crema: tutti bergamini – raccoglievano da questo bacino dove c’erano molti bergamini che hanno smesso di fare gli stracchini e hanno dato il latte a questi quelli diventati industriali”.

Una vecchia storia, quella dell’industrializzazione che scardina la tradizione artigiana, contadina e pastorale. Un altro spunto per capire quello che eravamo, quello che siamo, e in che modo siamo cambiati. Qui il programma completo della manifestazione, per dettagli e aggiornamenti.

Sito Festival del Pastoralismo

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