L’atmosfera del lago esercita un fascino unico: armonia, quiete e incanto pervadono l’animo ogni qualvolta ci si affaccia a rimirarne le coste. Che sia il Lario, il Sebino, il Benaco o il più piccolo lago d’Endine, l’emozione è sempre nuova. Tra tutti il lago d’Iseo ha nel suo cuore un piccolo gioiello che regala qualcosa di speciale al visitatore: Monte Isola. Non appena ci si imbarca sul battello si viene colti da un’inebriante sensazione di vacanza che accompagna fino all’ultimo minuto di permanenza sull’isola. Il profumo del lago, l’assenza di automobili, il dolce camminare, il sole, gli olivi e i sapori prelibati della cucina isolana fanno il resto.
Sono i mesi autunnali e invernali a rivelarci la vera indole di Monte Isola, quando si spengono i riflettori del turismo di massa, allorché pace e silenzio calano sull’isola. Il clima mite e affabile contribuisce a rendere imperdibile questa esperienza. Partiamo da Sulzano, sulla riva bresciana del Sebino, il porto dove i traghetti fanno la spola con maggior frequenza. All’imbarcadero (siamo a fine novembre), con noi, solo uno sparuto gruppo di escursionisti e qualche isolano, nessun altro. Come per magia, al primo fendere le onde, ci sentiamo proiettati in vacanza.
L’ho sempre chiamata Montisola eppure sui cartelli il nome è scritto separato, Monte Isola. Scopro che il nome unito è improprio, conseguenza dell’uso dialettale. Peccato perché alle mie orecchie suona meglio. Andavo fiero anche di un’altra certezza, frutto degli insegnamenti della maestra Amalia: «Monte Isola è l’isola lacustre più grande d’Europa!» ma vengo sopraffatto dalla delusione quando scopro che è stata “retrocessa” ad isola lacustre più grande d’Italia.
Esistono numerosi itinerari escursionistici per visitare Monte Isola ma in questa stagione, con il sole basso all’orizzonte, propongo un percorso guidato dai raggi del sole e dalle suggestioni del momento. Naturalmente la prima tappa è in salita, al santuario della Ceriola, sulla sommità del monte (sentiero CAI 1).
Approdati a Peschiera (186 metri), ci concediamo un breve passeggio sul lungolago prima di intrufolarci per le viuzze del borgo alla volta della Ceriola. Sul muro di una casa notiamo un dipinto che raffigura due donne intente ad annodare una rete da pesca. Possiamo considerarlo come un biglietto da visita per iniziare a conoscere la storia dei retai di Monte Isola, famosi nel mondo: pesca e reti viaggiano nella storia di pari passo. Nelle incisioni rupestri di Capo di Ponte, in Valle Camonica, spiccano alcune scene di pesca con l’utilizzo delle reti. La prima forme di pesca avvenivano con le fiocine ma la civiltà camuna testimonia che nell’Età del Ferro nel fiume Oglio e nel Sebino già si pescava con le reti.
Un territorio aspro e montuoso al centro del lago non lasciava grandi alternative alla popolazione montisolana se non la pesca. È questo il motivo per cui nei secoli si è affinata l’arte della produzione di reti. La leggenda narra che i primi artigiani retai siano stati i monaci cluniacensi che nell’anno Mille abitavano l’isoletta di San Paolo. Costoro insegnarono ai pescatori isolani l’arte di tessere dapprima i sottili rami di salice e successivamente il filo di seta. Furono soprattutto le donne a specializzarsi nell’annodatura delle reti. Lo fecero talmente bene che le reti da loro realizzate varcarono presto i confini territoriali per approdare nelle più prestigiose corti: le tenute dei Savoia a Monza, quella dei Papi a Castel Gandolfo, ducati e signorie italiane ed europee. Si narra che Niccolò Macchiavelli nel XV secolo si rifornisse di reti per l’uccellagione a Monte Isola e che i roccoli di Alessandro Manzoni, a Lecco, montassero reti montisolane.
Giuseppe Zanardelli, illustre uomo politico bresciano, nel 1857 scriveva: «Nel Monte d’Isola forse mille persone lavorano instancabilmente di reti, ingrata fatica retribuita con un guadagno veramente infinitesimale poiché quella povera gente riceve 5 centesimi per 2500 macchie cioè gruppi di rete». Se si pensa che nel 1861 i residenti erano 1.117, si comprende quanta importanza economica avesse questo tipo di attività per il territorio. È soprattutto nel 1800 che alcuni retai, sulla scia della fama che le reti montisolane avevano acquisito, iniziarono ad esportare l’attività produttiva a Brescia e Verona. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso la concorrenza delle industrie orientali mise in crisi l’intero settore. Alcune storiche aziende furono costrette a chiudere, sopravvissero solo quelle che scelsero di specializzarsi in specifiche nicchie di mercato: l’edilizia e le reti sportive. Ad oggi sull’isola rimangono attivi tre retifici.
Superate le case più alte di Peschiera si intercetta la strada asfaltata diretta a Senzano. La attraversiamo per imboccare il sentiero diretto alla Ceriola (cartelli indicatori). È un antico percorso che sale a gradoni nel bosco, con pendenze piuttosto decise. Di tanto in tanto si aprono magnifici affacci panoramici sul lago che meritano una sosta contemplativa. I rami ormai spogli dalle foglie lasciano filtrare i raggi del sole con nostro immenso piacere. Lungo la salita incontriamo una signora che procede con passo sicuro e senza zaino. Le chiedo se abita a Monte Isola: «No, sono di Sulzano ma appena posso vengo a Monte Isola perché si respira un’atmosfera unica. In questi giorni per esempio c’è il bellissimo contrasto tra l’azzurro del cielo, la neve sui monti, i colori d’autunno e il blu dell’acqua. Qui ogni stagione è un incanto».
In mezzoretta siamo a Cure (450 metri), piccolo borgo collinare, il più alto dell’isola, che merita una sbirciatina. Case di pietra e dimore recentemente sistemate si alternano armoniosamente nei i vicoli lastricati. Cure era il luogo dove si puliva e “curava” la lana tosata ai greggi allevati sull’isola e dove si imbiancavano il filo e la canapa per le reti dei pescatori. Gli unici mezzi a motore consentiti ai montisolani sono le moto: è il trionfo degli scooter, in particolare della Vespa e la si potrebbe considerare l’icona moderna dell’isola.
A Cure evitiamo di salire al Santuario per l’itinerario principale perché è tutto in ombra. Torniamo invece sui nostri passi per seguire le altre indicazioni sentieristiche per la Madonna della Ceriola, già visibile sopra di noi. Giunti sulla dorsale meridionale, a quota 550 metri, il sentiero principale attraversa il versante occidentale del monte per raggiungere il santuario dal lato Nord. Consiglio invece di mantenersi sul sentiero che segue il crinale, meno evidente ma molto più panoramico. Il santuario sorge nel punto più alto dell’isola, a 600 metri, tra boschi di castagni e rocce dolomitiche. La vista spazia meravigliosamente dai monti al lago fino alla pianura, da non perdere!
L’interno della chiesa merita una visita: risaltano alcuni pregevoli affreschi e numerosi ex-voto, segno della devozione popolare per la Madonna della Ceriola. Splendida l’opera lignea del XII in cui è raffigurata la Madonna intagliata in un tronco di cerro, una varietà di quercia da cui deriverebbe il nome Ceriola.
Dal Santuario esistono numerose vie per esplorare l’isola, scegliamo la più completa: seguiamo il sentiero 3 che, per comodo acciottolato, percorre il crinale Nord (in ombra in questa stagione). Poco prima del borgo di Cure, che abbiamo poc’anzi visitato, il sentiero devia a destra e prosegue la discesa in direzione di Masse, altro bel paesello posto su uno suggestivo terrazzo di prati e olivi con vista privilegiata sull’alto Sebino. Dimore di pietra con bei portali ad arco e strette viuzze con le immancabili motorette posteggiate ai lati. Ci abbassiamo di quota fino a Olzano, altro gioiellino rurale, per poi scendere al paese di Carzano, in riva al lago, sulla punta nordorientale di Monte Isola. Camminiamo per le vie di Carzano provando ad immaginare il tripudio di colori che caratterizza la « Festa di Santa Croce »: ogni cinque anni le vie e le case del borgo sono addobbate con innumerevoli fiori di carta realizzati dalle abili mani delle donne del paese. Occorrerà però attendere il 2030 per godere del prossimo spettacolo: quello dello scorso mese di settembre è stato una meraviglia.
Seguiamo ora la strada asfaltata che percorre tutto il lato Nord, senza sole ma con il magnifico scenario dell’isoletta di Loreto sovrastata dalle imponenti guglie della Corna dei Trentapassi. In poche decine di minuti giungiamo a Siviano dove siamo riabbracciati dal calore dei raggi. Questo paese è vivace, incrociamo molte persone e presso la piazzetta giocano i bimbi mentre il bar centrale brulica di isolani. Procediamo con passo celere lungo la strada principale in un’atmosfera soave e silenziosa, interrotta di tanto in tanto dal rombo sopito di qualche motoretta.
Lungo il percorso ci divertiamo a sbirciare le lussuose dimore che si trovano affacciate sul lago. Questo lato dell’isola è il più agricolo: olivi che regalano un ottimo olio extravergine, piccoli vigneti per un vinello che bramo ancora assaggiare e qualche coltivazione di piccoli frutti. Altri prodotti isolani di nicchia sono il miele e lo zafferano. L’orario si è fatto meridiano e i profumini provenienti dalle abitazioni stuzzicano l’appetito. Così, giunti a Menzino, rinunciamo alla deviazione per la Rocca degli Oldofredi (alias Castello dei Martinengo). Lo splendido maniero è stato costruito nel XIV secolo dalla nobile famiglia iseana, passato attraverso diversi proprietari ma attualmente non è visitabile perché dimora privata. Marciamo invece spediti verso Sensole abbagliati dal sole di mezzodì, dove ci intrufoliamo nel bistrò «Senza Senso» della locanda Sensole. Al piano terra di questo locale si possono gustare deliziosi assaggi dei sapori del Sebino. Si spazia dalla sardina di lago al coregone, dal luccio alla trota senza dimenticare il prestigioso salame di Monte Isola ed altre prelibatezze. È il locale ideale per gli escursionisti che desiderano concedersi una piacevole pausa enogastronomica. Chi invece preferisce concedersi alla perdizione dei sensi allora può salire al ristorante del primo piano dove panorama e cucina regalano emozioni uniche (è consigliato prenotare).
Con il palato ancora sorridente riprendiamo il cammino sul percorso più bello dell’isola, la «Strada degli Olivi»: due chilometri assolati tra olivi e lago, strizzando l’occhio all’isola di san Paolo e abbracciando il basso Sebino. Tornati a Peschiera Maraglio dobbiamo attendere solo pochi minuti il battello per la terraferma mentre ci coglie un pizzico di malinconia…torneremo!
P.S. Monte Isola si presta per numerosi itinerari e deviazioni curiose, va visitata in totale libertà assaporandola passo dopo passo. Il percorso qui proposto è lungo 13 chilometri con 600 metri di dislivello positivo. Considerare che il periplo dell’isola è lungo 9 chilometri e che quasi da ogni punto dell’isola è possibile raggiungere la Madonna della Ceriola.
Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli
