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La sostenibilità diventa leva per attrarre i talenti . Ma le aziende non sanno come fare

Articolo. Una strategia aziendale deve promuovere e conciliare bisogni personali con i percorsi di crescita professionale, valorizzare le capacità, riconoscere il merito in un ambiente di lavoro favorevole: si chiama sostenibilità sociale. Ma sono tanti quelli che dichiarano di non sapere da dove cominciare

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Le leve che attraggono i giovani in azienda

Se un’azienda vuole attrarre e trattenere talenti deve promuovere politiche aziendali di sostenibilità. Questo è il messaggio che emerge dal dialogo con Chiara Cassé, Content analyst per Capterra Italia, che su questi temi ha curato due recenti indagini tra i consumatori (vedi qui) e le Pmi italiane (vedi qui).
«Il 66% dei partecipanti allo studio – afferma Cassé - ha indicato che il livello di sostenibilità di un’azienda sarebbe in grado di influenzare moderatamente o molto la scelta di candidarsi per una posizione lavorativa». Sostenibilità non è però soltanto sinonimo di green. «Un’azienda – continua Cassé - per essere attrattiva deve investire anche su un altro aspetto, quello della sostenibilità sociale: ambienti di lavoro in grado di valorizzare il talento, work-life balance e pratiche di riconoscimento del merito formali e informali». Inoltre, secondo lo studio, il Covid ha avuto un effetto benzina nell’implementazione delle pratiche aziendali di sostenibilità per il 39% degli intervistati (ambientali +77%, sociali +64%, economiche +39%).

Chiara Cassé

Content analyst per Capterra Italia

«Chi non investe in sostenibilità – afferma l’esperta - lo fa soprattutto per mancanza di incentivi finanziari e per la difficoltà a misurare il ritorno sugli investimenti (25%). Ma sono tanti anche quelli che dichiarano di non sapere da dove cominciare (20%) e di non avere le competenze o l’esperienza per mettere in partica questo tipo di azioni (21%). L’interesse per il tema però c’è: soltanto il 6% ritiene che la sostenibilità non sia importante e l’8% che ci siano difficoltà nel coinvolgimento da parte dei dipendenti».

Provando a dare qualche spunto, occorre precisare che non serve prendere il tesserino di Greenpeace per essere sostenibili. Come racconta Cassé, «tra le pratiche più implementate in azienda l’indagine ha riportato il riciclo dei rifiuti (69%), la riduzione dell’uso della plastica (65%), l’utilizzo di software per ridurre il consumo di carta (55%), ma anche la promozione della diversità e dell’inclusione (44%) e l’utilizzo di prodotti del commercio equo solidale (31%)».
Per quanto riguarda il sociale trovano spazio anche i programmi di premialità per i dipendenti, l’equità dei salari e la partecipazione ai programmi di volontariato e beneficienza.

 

I protagonisti della progettazione e della promozione delle pratiche sono diversi.
«Nel caso delle aziende intervistate – dice Cassé – si tratta per lo più del dipartimento Hr (30%) o di un team specifico dedicato alla sostenibilità (28%). Solo nel 14% dei casi c’è un intervento diretto da parte della leadership, mentre il 17% delle Pmi non dispone di alcun team o persona responsabile».

Coinvolgere i dipendenti e cogliere i suggerimenti

Va di moda anche il coinvolgimento diretto dei dipendenti. «Ritornando all’indagine – continua Cassé - il 66% dei dipendenti ha proposto direttamente misure sostenibili alla propria impresa e il 41% è anche riuscito a vedere realizzato il proprio suggerimento». Contrariamente a quanto spesso si crede, le aziende che investono in sostenibilità hanno un ritorno economico, ma non solo. «Gli intervistati – conclude Cassé – hanno indicato tra i vantaggi una riduzione dei costi (49%), un maggior senso di fiducia tra i dipendenti (36%), la fidelizzazione dei clienti (30%), l’ingresso in nuovi mercati (25%) e l’acquisizione di nuovi clienti (25%)».

 

C’è però un aspetto che non può essere preso sottogamba. Se l’obiettivo è quello di raggiungere giovani talenti la parola d’ordine è “comunicare”. Non basta farsi in quattro per mettere in pratica le prassi aziendali di sostenibilità, bisogna anche raccontarle.

Aldo Brandi

Lo conferma Aldo Brandi, co-fondatore di Estro Studio ed esperto di marketing: «Serve mettere in campo una strategia di comunicazione efficace, altrimenti tutti gli sforzi rischiano di essere vani. La nostra realtà lavora molto con l’estero, America, India e Portogallo ad esempio. Ciò che vediamo è che l’Italia è sempre molto gelosa delle sue pratiche. Ancora troppe aziende hanno difficoltà a raccontare quello che fanno. La comunicazione del valore delle proprie policy aziendali sui temi green e sociali è spesso molto povera anche all’interno della organizzazione stessa. Soltanto partendo dal comunicare i valori dell’azienda si può evitare l’appiattimento del brand ed essere più attrattivi nei confronti dei giovani».

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