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7 cose insospettabili che cambiano quando diventi genitore

Articolo. Quando aspetti un bambino, tutti ci tengono a dirti che non dormirai mai più come prima o che proverai l’amore più intenso della tua vita, ma è nei dettagli che la vita cambia radicalmente. Ne abbiamo raccolti sette, da prendere come sempre con ironia

Lettura 4 min.

Avere bambini è divertente, anche se spesso si parla solo di quanto sia faticoso e stressante. Una frase fatta dice che «i figli cambiano la vita», ed è vero, ma lo fanno in tanti piccoli modi inaspettati. Cambiamenti più o meno graditi, che ci fanno scoprire gioie inattese in posti imprevisti: davanti a una pasta in bianco, in coda in autostrada, sul divano di casa.

Benedici il lunedì mattina

Il fine settimana: se stai a casa devi inventarti attività adatte ai bambini, oppure contare sull’invito di parenti o amici con figli. Impossibile – a meno di non avere nonni o babysitter – dedicarsi alle attività di un tempo: non parlo di andare in discoteca, ma di restare a letto fino alle nove o alle dieci, andare al cinema oppure in montagna (sì, certo, ci si va anche con i bambini, ma è un’altra cosa), uscire a cena in un posto con le tovaglie di stoffa e i calici di vino, prendere un volo Ryanair a caso per una capitale europea. Va bene così, sono le fasi della vita, ma a volte mi chiedo: «Quando tornerò a dedicare il mio tempo libero a qualcosa di interessante?».

Stufa di non fare mai niente di diverso dal solito, l’anno scorso organizzai un weekend a Genova con un’altra coppia di amici. Piovve tutto il tempo, a un bambino venne la febbre, mio figlio allora quattrenne pensò bene di scomparire nei carruggi della città vecchia mentre ci eravamo appena voltati per entrare al ristorante. Al termine di una ansiogena ricerca, durata per nostra fortuna meno di cinque minuti, ricordo di avere detto: «Non vedo l’ora che siano le 7 di lunedì mattina per essere da sola in coda sulla tangenziale est di Milano».

Stare sul divano assume tutto un altro significato

Non c’è relax più intenso di quando tuo figlio ti si addormenta in braccio. Non solo perché si è addormentato, ma perché sai che molta della sua quiete dipende proprio dallo stare abbracciato a te.

Qui si aprono due strade: provare ad appoggiare dolcemente il bebè nel suo lettino – con il rischio che si svegli – oppure tenerselo in braccio. Ecco, anche se spesso avrei altro da fare, scelgo la seconda opzione, perché mi obbliga a prendermi del tempo di riposo assoluto. Poco importa se, con mio figlio in braccio, leggo un libro, dormo anch’io, chatto con le amiche o recupero l’episodio di una serie. Il fatto stesso di “stare facendo dormire il bambino” mi autorizza a stare a letto o sul divano senza sensi di colpa, senza guardare l’orologio, felice di stare dove mi trovo.

Peggio cucini più sei un grande chef

Cucino la pizza fatta in casa con impasto lievitato 24h e mi dicono: «No, a me il formaggio che fila non piace». Preparo accattivanti polpette di verdure e legumi che non vengono toccate. Idem le crespelle con la besciamella fatta in casa.

Poi arriva mio marito con la sua pasta in bianco, l’unico piatto che cucina: la trovano deliziosa. Un giorno ho assistito alla sua preparazione: penne calate in acqua non salata (va bene, consideriamolo salutismo), scolate e lasciate nello scolapasta e da lì servite ormai freddine e appiccicaticce nei piatti, condite con un filo d’olio di dubbia provenienza e una spolveratina di formaggio della busta. «Mamma, tu non la sai fare così buona». Ottimo, mi arrendo. Ho capito che ai bambini piacciono le cose semplici, meglio ancora quelle non cucinate: le carote crude, un pezzo di grana, il pomodoro preso direttamente dalla pianta. Ma anche il pollo con le patatine comprato al mercato è degno di encomio.

Le festività che cadono di domenica sono una benedizione

Anche se il primo maggio o il 25 aprile sono festivi (e per molti genitori non lo sono: avete visto tutti i negozi aperti?) per la maggior parte dei lavoratori è difficile che scatti automaticamente il “ponte”. A meno di non essere una scuola. Ad aprile, fra Pasqua e ponte del 25 aprile, i miei figli sono andati in classe 15 giorni. Nei restanti 15 non siamo stati in vacanza, però: abbiamo tenuto i bambini mentre lavoravamo.

Quello che prima era un gradevole e inaspettato intermezzo, un giorno di vacanza a metà settimana, adesso non è che l’ennesimo imprevisto da gestire. Per questo, se la festività cade di domenica, o al massimo di lunedì, va benissimo. Se capita di mercoledì, invece, è devastante.

Le vacanze sono il periodo più stressante dell’anno

A me i tre mesi di vacanze estive mettevano ansia anche da piccoli: un periodo immenso di nulla, ma che molti di noi hanno apprezzato. Ora sono semplicemente l’inferno, e non solo per via del cambiamento climatico che rende più dura la permanenza in città. Sono una giungla in cui i genitori che lavorano devono capire come “piazzare” i figli. I bonus sono i nonni in salute (e in pensione) e i Cre parrocchiali a basso costo; i malus sono i centri ricreativi a centinaia di euro a settimana, le ferie contate, gli amichetti che vanno al mare quando tu rimani in città, la mancanza di politiche sociali attive per aiutare le famiglie in un periodo di oggettiva difficoltà. Conosco coppie di amici in cui i genitori non prendono ferie nello stesso periodo, perché non saprebbero a chi lasciare i bambini.

I miei figli, per fortuna, non vanno ancora alla primaria. Quindi, almeno a giugno, sono a scuola. A luglio prevedo un mese di Cre obbligatorio, costi quello che costi. In vacanza – anche se è affollato e tutto è più caro – si va obbligatoriamente in agosto, perché i centri estivi non si trovano. Ricordo quando andavo al mare a giugno: prezzi bassi, giornate lunghe, clima gradevolissimo. Ora è impossibile: non posso permettermi di perdere neanche un giorno di scuola. Già bisognerà chiamare la babysitter nelle settimane di agosto in cui dovremo lavorare. E poi aspettare che la scuola ricominci, con calma, a settembre inoltrato.

Quando incontri un bambino che fa i capricci tiri un sospiro di sollievo

Avete presente quanto sono sgradevoli i bambini che si alzano al ristorante, o che piantano un capriccio fra le corsie del supermercato, o che frignano in treno? Ecco, dopo avere avuto figli non mi fanno più nessun effetto. Anzi, quando un bambino si comporta “male” in pubblico, invece di irritarmi, provo una sensazione di leggerezza e letizia, al pensiero che non sia il mio.

Tiro un sospiro di sollievo perché non tocca a me gestire una crisi di rabbia, consolare, zittire, rimproverare, sentirmi in imbarazzo. E poi ne tiro un altro, perché penso che noi genitori siamo tutti sulla stessa barca: oggi a te, domani a me.

Ci si scopre più tolleranti

E questo mi porta direttamente al prossimo punto: la naja della genitorialità smussa le nostre intolleranze. Si scopre di avere soglie di sopportazione molto più elevate del previsto: resistenza al sonno, alla frustrazione, al rumore, allo stress. In un mondo di adulti, ci siamo dimenticati che i neonati piangono, i bambini fanno i capricci, i ragazzini sono oppositivi. È la loro natura, anche se i genitori non fanno niente di clamorosamente “sbagliato”.

Anche i giudizi sugli altri, sui genitori in particolare, finiscono per ridimensionarsi ed essere meno taglienti. Ci mettiamo nell’ottica che ognuno fa del suo meglio, che tutti sono degni di comprensione, e a volte proprio di compassione. Una scuola di vita.

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