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Eri sul treno e Alberto Cavallari ti ha ritratto. Ma probabilmente non te ne sei accorto

Articolo. Classe 1987, per otto anni Alberto ha ritratto di nascosto i pendolari lombardi. Più di 650 volti, 19 agendine e una cartella in un iPad: ecco la storia di “Passeggeri”

Lettura 4 min.

Non ci sono dubbi. Il treno ha fatto irruzione nell’immaginario collettivo fin dalla sua primissima corsa. Fischi e motori hanno conquistato i poeti futuristi, popolato i racconti di viaggio e accompagnato Harry Potter a Hogwarts. Hanno persino scritto la storia del cinema. Si racconta che, quando 125 anni fa i fratelli Lumière mostrarono al pubblico i loro corti, tutti i presenti sobbalzarono alla vista di una locomotiva. Qualcuno addirittura fuggì dalla sala temendo di essere travolto.

Magia del cinema? Ho sempre creduto che fosse anche magia del treno.

Certo, se le carrozze a vapore ci fanno sognare, la realtà di tutti i giorni è decisamente meno poetica. Dal finestrino di un regionale Trenord non si agita un fazzoletto. La quotidianità ferroviaria è fatta di voci elettroniche che annunciano ritardi, scioperi, bus sostituivi e immancabili frotte di studenti.

La pandemia ha reso i treni più silenziosi, ma la fauna pendolare non è cambiata. E i pochi che continuano a viaggiare ogni mattina hanno le stesse occhiaie scure la mattina presto, le stesse cuffie nelle orecchie, la pagina Instagram perennemente aperta. E, naturalmente, la mascherina sul viso, che sia Bergamo, Treviglio o Milano Centrale.

Pendolari su carta

Alberto Cavallari, trentatré anni, è uno dei tanti passeggeri che potreste incontrare sui binari. Ogni mattina, prende il treno a Bovisio-Masciago, una piccola stazione gialla con le finestre verdi nella provincia di Monza e Brianza. Scende nell’affollatissima Milano Porta Garibaldi, dove lavora come architetto. Creativo per indole e tecnico “quanto basta”, da otto anni Alberto disegna i pendolari che incontra durante il viaggio.

Un’attività curiosa? Lo è ancora di più se pensate che loro, i pendolari, non sanno di essere ritratti.

Armato di una penna e un taccuino, Alberto abbozza profili in pochi minuti. A volte, a casa, aggiunge del colore con l’acquarello, altrimenti lascia lo schizzo in bianco e nero, così come è nato sui vagoni.

Come tutte le migliori idee, anche quella di Alberto è maturata per caso. In un giorno normalissimo del 2012, durante un viaggio normalissimo su un regionale normalissimo in direzione Milano, Alberto ha aperto la sua agendina e ha ritratto la moglie Federica, seduta accanto a lui.

Poi, si è guardato attorno. Colpito da come i tre quarti delle persone che lo circondavano non riuscissero a staccare gli occhi dal cellulare, Alberto ha pensato di sfidarli disegnandoli. Una sfida vinta a mani basse. “Erano talmente lobotomizzati dal telefono da non accorgersi che li stavo ritraendo”.

Anno dopo anno, Alberto ha rubato volti e li ha impressi su carta. Alla prima agendina ne è seguita una seconda, poi una terza, fino ad arrivare alla numero 19. I ritratti sono diventati 650. Solo nel novembre del 2019, Alberto si è deciso a rivelare i suoi disegni clandestini al grande pubblico. Ha aperto un sito web e una pagina Instagram e ha dato al suo progetto un nome chiaro e immediato: “Passeggeri”.

Ho conosciuto Alberto su Zoom, ma avrei voluto essere sul treno.

Alberto non ha solo ritratto pendolari. Ha costruito un vero e proprio documento cronologico, ha raccontato un’evoluzione. Mi ha elencato qualche tappa. Il primo momento è stato quello delle cuffiette con cavo. Poi sono arrivate le cuffie giganti, abbandonate in favore di comodissime e meno eccentriche auricolari wireless.

Potete immaginare quale sia stato l’ultimo degli stadi evolutivi colti da Alberto. Le mascherine, naturalmente. Bianche, azzurre, a pois, chirurgiche o in tessuto. C’è persino chi alla mascherina aggiunge una visiera… Uno scudo che solo gli occhi dell’artista riescono a infrangere.

Pendolari su schermo

Come i suoi passeggeri, anche Alberto è cambiato molto. È rimasto fedele alla penna e al taccuino, ma ha anche sperimentato il disegno digitale. Passare dalla carta a un iPad gli ha permesso di aggiungere istantaneamente il colore, mantenendo lo stesso stile.

Certo, con un iPad è più difficile resistere alla tentazione di cancellare. Per questo, Alberto tiene ancora in borsa i suoi quaderni. E, da “piccolo cartolaio”, li preferisce ai dispositivi elettronici.

Cavallari, nei suoi ritratti, non cerca la perfezione estetica. È un artista autodidatta, e il suo lavoro mira a catturare la velocità, la spontaneità, la sintesi. Credo anche che ciò che catturi sia la bellezza e l’(im)perfezione della vita di tutti i giorni.

Date un’occhiata ai ritratti. Vi troverete una signora bionda dai ricci arruffati, un’anziana elegantissima con la mascherina abbinata al cappotto, un ragazzo tutto imbacuccato, pronto ad affrontare il freddo delle carrozze di Trenord. Mi viene spontaneo domandare ad Alberto quale sia il suo disegno preferito. Lui esita un po’ a rispondere. D’altronde, me ne rendo conto troppo tardi, è come chiedere a un padre quale sia il figlio che più ama.

Ci sono dettagli che piacciono più di altri, questo sì. Allora, la mano dell’artista si muove da sola. Una volta, Alberto ha incontrato un ragazzo con una barba folta e una scritta sulla felpa: “Fake is the new real”. Una scritta così “potente” non poteva passare inosservata.

Alberto ha ritratto il ragazzo con l’iPad e, quando aperto la sua pagina Instagram, ne ha caricato il disegno. È trascorso del tempo, ma il passeggero in questione è salito di nuovo sul treno di Alberto.

La distanza sociale non era ancora un problema. Così, Cavallari ha potuto avvicinarsi, raccontare al suo compagno di viaggio la storia di “Passeggeri” e mostrargli il suo ritratto su Instagram. In pochi secondi, il ragazzo si è innamorato della sua rappresentazione, l’ha impostata come immagine profilo e non l’ha più cambiata. Essere ritratti di nascosto non è di certo un’esperienza ordinaria…

Pendolari interattivi

Il viaggio di “Passeggeri”, in realtà, è solo all’inizio. Dai primi giorni di gennaio, Alberto ha avviato un esperimento. Vuole rendere i suoi amati pendolari più interattivi.

Ha comprato un diario pieno di fogli che si possono strappare. Fogli fatti di carta carbone, proprio come i blocchetti delle ricevute. Questo tipo di carta gli permette di abbozzare il ritratto e lasciarne una copia al di sotto. Al disegno, ora, Alberto aggiunge anche un timbro con il numero del passeggero, la data, la firma e il nome del suo profilo Instagram e del sito web.

Quando non è sopraffatto dall’imbarazzo, Alberto lascia l’immagine originale alla persona ritratta prima di scendere dal treno. Le reazioni dei passeggeri variano molto. In generale, i pendolari più giovani afferrano al volo. Sorridono, da dietro la mascherina, catturano la foto in una Instagram story, ringraziano.

La maggior parte della gente di mezza età si mostra invece sospettosa, forse perché la repentinità con cui Alberto lascia i suoi disegni è associata al modo di comportarsi di alcuni venditori o mendicanti che salgono spesso sui treni regionali. “Alcune persone sono stupite. Continuano a chiedermi: Non devo pagarti, vero?”.

Alberto sogna di raccogliere i suoi passeggeri in una mostra o in una collezione, quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo.

Crede che i pendolari abbiano molto da dire. Quelli che dormono, leggono, si salutano ogni mattina. Quelli, meravigliosi, che schiacciano il naso contro il finestrino. Ciò su cui Alberto si vorrebbe soffermare in una mostra è il rapporto di dipendenza che molti viaggiatori hanno con il loro cellulare. Sono passeggeri iperconnessi, ma allo stesso tempo alienati dai loro compagni di viaggio, lontani dall’alba arancione delle 6.02.

In uno dei suoi ritratti, Alberto ha coperto la testa di un uomo con un impenetrabile casco da palombaro.

Certo, potreste obiettare, qualcosa di positivo nei cellulari c’è. I cellulari permettono ad Alberto di agire indisturbato e di riempire le sue agende e il suo iPad con centinaia di volti. Gli consentono di trasformare la quotidianità in arte e l’arte in quotidianità.

Chissà, forse Alberto ha ritratto anche voi e non ve ne siete accorti…

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