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I Maestri del Paesaggio hanno perduto il paesaggio

Articolo. L’anno delle piramidi: così potremmo definire il 2023 del «Landscape Festival». Piramidi al plurale, perché se tutta l’attenzione e le polemiche si sono concentrate su Piazza Vecchia, nessuno sembra aver notato quelle che sono atterrate in Piazza Cittadella

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Piazza della Cittadella

Nell’ormai lontano 2011 nasceva a Bergamo – ma per fare riferimento al luogo emblematico potremmo dire in Piazza Vecchia – il «Landscape Festival», ovvero la rassegna I Maestri del Paesaggio. L’idea e l’obiettivo di partenza di una rilettura green dei luoghi urbani che coinvolgesse architetti paesaggisti di fama nazionale e internazionale e allo stesso tempo sensibilizzasse il pubblico sui temi del verde e dell’ambiente, era e rimane senza dubbio molto interessante.

Il rischio delle manifestazioni che godono di successo e di ampia disponibilità di spazi e di risorse, tuttavia, è sempre lo stesso: cadere nella tentazione di dare tutto per scontato anche, come in questo caso, la imago urbis e il gradimento del pubblico. Così è stata per l’escalation in Piazza Vecchia. Dalla prima edizione dedicata ai «Paesaggi coltivati» ad oggi, ne abbiamo viste di tutti i colori: orti, piante acquatiche, tappeti fluo, balle di fieno, grandi palloncini bianchi, un blocco di ghiaccio, sedie, tavoli, sdraio...

Fino a questo 2023, l’anno delle piramidi. Si, piramidi al plurale, perché se tutta l’attenzione e le polemiche si sono concentrate su Piazza Vecchia, nessuno sembra aver notato quelle che sono atterrate in Piazza Cittadella.

Sin dalla prima edizione, da più parti è stato ripetutamente rivolto ai Maestri del Paesaggio l’invito ad esercitare le loro capacità creative in contesti della città (e ce ne sono molti) che hanno davvero bisogno di essere messi al centro di attenzioni progettuali, di una rinascita verde o di una ridefinizione del loro ruolo sociale e urbano. Ma comprendiamo che avere a disposizione il palcoscenico più iconico della città di Bergamo, quale Piazza Vecchia, rende la vita molto più facile a tutti: organizzatori, progettisti, comunicatori e naturalmente sponsor. Ammettere questo fatto semplice ed evidente sarebbe già un primo passo, invece di buttarla ogni volta sulla “provocazione” necessaria a dare una scossa alla gente relativamente ai temi dell’ambiente e del clima.

Se così fosse, perché a proposito della dibattutissima installazione del 2023, la grande piramide sorta in Piazza Vecchia, novello ziggurat urbano, si trova lo spunto per discutere di tutto tranne che del green? La Fontana del Contarini, cuore simbolico di Città Alta, con disinvoltura viene nascosta da una brutta struttura in tubi innocenti che le file striminzite di piantine, che languono nelle loro vaschette da vivaio in plastica e polistirolo, non possono certo sperare di dissimulare.

Ovviamente la curiosità – ma forse anche la risonanza dell’accesa polemica – spinge i visitatori a risalire fino alla cima della piramide “per vedere la fontana del Contarini da un’altra prospettiva”. Ma perché? La fontana del Contarini nasce per essere una fontana, non offre altre prospettive, né estetiche né di senso. Comprendiamo perché di fronte a questo progetto anche il Soprintendente Luca Rinaldi questa volta proprio non abbia potuto chiudere un occhio e fare a meno di intervenire per definirla «un’installazione inaccettabile». Anche per la gioia di chi viene da fuori città per conoscere Bergamo Capitale della Cultura insieme a Brescia.

Tuttavia, mentre tutti gli occhi sono rimasti puntati su Piazza Vecchia, in pochi sembrano accorgersi di ciò che invece è accaduto in Piazza Cittadella dove, grazie ai Maestri del Paesaggio, è approdata un’altra monumentale piramide tutta nera, accompagnata dallo slogan: «Luce, Luce, Luce!». Ad affiancarla, altri imponenti solidi “oscuri”. Oggetti non identificati? Ovviamente no. La nostra Piazza Cittadella, finalmente liberata dalle auto e fresca di recupero, è ancora al centro delle riflessioni dell’intellighenzia cittadina, impegnata a dibattere sul suo futuro urbano: c’è chi la vorrebbe vuota, assolata e sgombra così com’è; chi vorrebbe dotarla di arredi urbani; chi vorrebbe trasformarla in uno spazio ombreggiato dal verde. Tra i litiganti gode il «Landscape Festival», che entra a gamba tesa per trasformare, sia pure temporaneamente, la Cittadella in uno stand fieristico en plein air, con tanto di tavolino zeppo di brochure, riservato ai prodotti di un’azienda che sviluppa «L’eleganza dell’energia». In pratica, sistemi fotovoltaici in veste design.

Sull’altro lato della piazza, invece, un allestimento povero che più povero non si può, al punto da sembrare che i lavori siano ancora in corso, presenta una mostra fotografica dedicata al disastro di Vaia del 2018 e ai milioni di alberi abbattuti da una tempesta causata dallo scontro di effetti climatici. «Parentesi Vaia» l’hanno intitolata. E in Piazza Cittadella, purtroppo, la mostra è proprio questo: una parentesi.

Ci piace quindi concludere questa riflessione con una definizione del ruolo del paesaggista, anch’essa diventata a quanto pare una parentesi in quello che doveva essere il nostro Festival del Paesaggio: «L’architetto paesaggista, altrimenti detto architetto del Verde, è un professionista che, nella società di oggi, pone una sempre più crescente attenzione al tema dell’ecologia, studiando e progettando spazi aperti e condivisi nell’ottica di preservare gli elementi presenti sul territorio, non solo dal punto di vista naturale e ambientale, ma anche dal punto di vista culturale. L’architetto paesaggista può essere, dunque, definito come l’esperto del paesaggio».

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