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#allamiaetà: Marilena Gritti, a scuola di uguaglianza

Articolo. La scuola come luogo di accoglienza, uno spazio dove le differenze convivono e in cui alunni e alunne vengono accompagnati a sviluppare le proprie potenzialità. L’obbligo scolastico come finestra di opportunità di crescita umana e un’idea di istruzione in cui il merito può esistere se si creano le condizioni per l’uguaglianza. Questa è la scuola che immagina Marilena Gritti, ex preside di scuola secondaria, già insegnante elementare e con una storia professionale sempre nella scuola pubblica

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Marilena Gritti

«Immaginate una corsa di cento metri in cui uno dei due corridori ha le gambe legate tra loro. Dopo la partenza, quando lui ha percorso dieci metri l’altro ne ha corso cinquanta. A quel punto i giudici decidono che la gara è ingiusta. Come sistemano la situazione? Si limitano a rimuovere i legacci e consentire alla gara di procedere? Così si potrebbe dire che ora sono in condizioni di “pari opportunità”. Ma uno dei corridori sarebbe ancora quaranta metri più avanti dell’altro. Non sarebbe più giusto permettere al corridore che in precedenza aveva le gambe legate di recuperare il divario di quaranta metri, e quindi di ricominciare la gara da capo? Sarebbe un’azione positiva per l’uguaglianza».

Questa breve storia arriva dal presidente statunitense Lyndon B. Johnson, in riferimento alle disparità razziali negli Stati Uniti degli anni Sessanta ed è citata in un articolo di Micromega sull’istruzione e il merito. Due termini che nel nuovo Governo sono affiancati nella denominazione del Ministero dedicato alla scuola e alla formazione, una scelta che ha aperto un dibattito sul tema e che «non può prescindere dal terzo elemento, l’uguaglianza, intesa come inclusione, come rispetto delle differenze, ma anche come diritto ad avere possibilità adeguate ad esprimere le proprie potenzialità».

Parte da qui la riflessione di Marilena Gritti, insegnante e preside in pensione, una vita nella scuola pubblica italiana: nell’83 entra nel ruolo come maestra elementare, poi è impegnata nello sportello «Alunni stranieri» dell’Ufficio scolastico provinciale e nell’alfabetizzazione degli adulti. Torna poi all’insegnamento all’Istituto socio-sanitario Einaudi, per concludere il suo percorso professionale alla presidenza dell’Istituto Comprensivo Cantucci, entrambi di Dalmine. Oggi la professoressa Gritti è tra le promotrici della scuola di italiano per donne di Zanica e l’accesso all’istruzione, in ogni diversa esperienza professionale nell’ambito, per lei è sempre stata una questione di «inclusione, accoglienza e creazione di occasioni di sviluppo delle potenzialità per tutti, per chi già riesce e per chi fa più fatica».

Il limite da trasformare in possibilità potrebbe essere una lingua diversa che ostacola e rallenta l’apprendimento, quando ci si trova a imparare cose nuove in italiano e la propria lingua madre è l’arabo. Oppure condizioni famigliari e sociali che rendono più complesso riuscire a tenere il ritmo, magari dovendo studiare in una casa dove la situazione non è serena e i genitori litigano o ancora sentirsi diversi dai compagni e dalle compagne perché ci sono problemi di soldi e anche andare in gita come tutti gli altri è un lusso. Potrebbero poi esserci dei problemi oggettivi, come disturbi dell’apprendimento o altro. La lista è lunga e diversi possono essere i perché di una fatica, che porta ad affrontare la scuola «con le gambe legate».

«Quando ero bambina c’erano le classi differenziali – ricorda la professoressa – Chi non ce la faceva seguiva un percorso alternativo. Stava in un’auletta separata, chi riusciva restava in classe e chi no veniva separato. Nei miei ricordi questa è rimasta come una grande segregazione. Più si riconoscono le diverse potenzialità degli alunni e si lavora in ottica dello sviluppo di quelle di ognuno, più si creano normalità e accoglienza all’interno della scuola. Pretendere che tutti debbano arrivare allo stesso livello significherebbe non considerare le differenze».

Negli anni la scuola ha diversificato molto il suo lavoro: considerando proprio che i punti da cui partono alunni e alunne possono essere molto variegati, fissare un’unica asticella per tutti e lavorare sul merito in quel senso rischia di tradursi in «un gioco ad appiattire le competenze». L’approccio invece è l’opposto, già dalla scuola primaria: «dare opportunità di apprendimento significativo per tutti, alzando anche l’obbligo scolastico».

Questo è solo uno degli aspetti su cui il Governo dovrebbe intervenire secondo l’ex preside. Il panorama in Italia è complesso e variegato: ci sono oltre 8000 istituti scolastici, centinaia di migliaia di docenti, operatori scolastici e altre figure educative, oltre agli amministrativi. «La scuola è una macchina articolata, mastodontica, per questo è un’istituzione che non può che cambiare lentamente: serve un lavoro capillare, che superi la semplificazione del pensiero e continui ad approfondire». L’invito della ex preside alla politica è di darsi la possibilità di conoscere dall’interno una realtà così complessa, poiché la visione che se ne ha da fuori è sempre più negativa di quella che è la realtà.

Il focus della professoressa Gritti è relativo all’istruzione pubblica e in particolare alla scuola dell’obbligo, «che deve essere accogliente rispetto alle competenze di ogni bambino, ragazzo o ragazza – spiega – La selezione non è altissima, proprio perché si riconoscono le potenzialità di ogni singolo bambino, sia che si guardi all’eccellenza, sia per chi fa un percorso più faticoso raggiungendo i suoi obiettivi».

Per questo il concetto di merito va messo in prospettiva ed è importante capire di cosa si parla effettivamente: «merito vuol dire premialità dei docenti? Puntare all’eccellenza sui ragazzi? Merito è inteso come meritocrazia per cui se non raggiungi livelli non passi l’anno scolastico? Ci sono già percorsi ulteriori per chi eccelle e progetti specifici per non escludere chi fa fatica. Il punto chiave nella scuola pubblica è che le politiche devono accogliere le differenze. Escludere crea estraneità. Accogliere significa integrare».

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