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Chiara Frugoni: la Storia, le donne, l’immediatezza del genio

Articolo. Docente e medievista, ha contribuito a tracciare nuovi percorsi e modalità di indagine e divulgazione della Storia. Scomparsa lo scorso 9 aprile all’età di 82 anni, la biblioteca di Nembro le dedica una serata nell’ambito della rassegna «Il genio delle donne». Giovedì 19 maggio, dalle 20:30, all’Auditorium Modernissimo di Nembro

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Chiara Frugoni

Nel corso della sua carriera, Chiara Frugoni si è distinta per un approccio interdisciplinare capace di essere innovativo e allo stesso tempo rigoroso. Uno di quei casi, il suo, in cui comunicare a un grande pubblico non significa svilire la materia, sacrificarne la complessità, abbassare il livello. Medievista di fama internazionale, si è impegnata in un racconto del Medioevo che fosse alternativo, illuminante, libero dagli stereotipi e concentrato sull’indagine visiva del particolare, del quotidiano, alla ricerca dell’elemento marginale in grado di essere rivelatore di un intero contesto.

Manuela Barani, docente e amica di Chiara Frugoni, martedì 19 maggio condurrà la serata a lei dedicata al Modernissimo di Nembro. Presenterà il libro «Donne medievali: Sole, indomite, avventurose» (Il Mulino, 2021) della stessa Frugoni, tracciando un profilo anche personale della studiosa, per via proprio del rapporto che hanno condiviso in questi anni.

MR: Com’è iniziata la vostra collaborazione?

MB: Mi era capitato di leggere la scheda editoriale per il lancio di un libro di Chiara sulla sua infanzia a Solto Collina. Il titolo è «Perfino le stelle devono separarsi»: vi aveva ricostruito le vite dei suoi avi attraverso i ritratti che conservava nella casa a Solto dove abitavano i nonni, e dove ha trascorso le estati della sua vita. Un luogo di affetti, dove la famiglia si è sempre ritrovata e dove anche io l’ho incontrata negli anni, al di là delle occasioni pubbliche. Avevo letto quel suo libro in una notte, e mi aveva affascinato particolarmente. Quindi l’ho invitata – in collaborazione con Ubik – a presentarlo. Da lì è iniziato un rapporto che si è dipanato negli anni tra presentazioni dei suoi libri e incontri privati.

MR: Il titolo della rassegna è «Il genio delle donne»: qual è il genio di Chiara Frugoni e perché è importante scoprirlo, per chi non la conoscesse?

MB: Il libro contiene un messaggio preciso alle donne, soprattutto alle più giovani – Chiara sperava che questo libro [«Donne medievali», ndr] entrasse nelle scuole – non sprecare mai i talenti, coltivarli sempre, non sentirsi rinunciatarie o in scacco, perché succede ancora alle donne di rimanere in ombra. Nel libro ha scelto di fare una selezione di figure significative, cinque donne che sono riuscite a forare l’ombra in un contesto, quello medievale, in cui mediamente le donne erano destinate a non lasciare tracce di sé, vittime di un mondo a loro ostile, per motivi che nel libro vengono ampiamente illustrati. Credo che Chiara abbia avuto sempre a cuore la condizione femminile nel passato come nell’oggi e abbia offerto un contributo importante su questo tema.

MR: C’è poi quel suo approccio innovativo...

MB: Il grosso valore dei suoi studi credo stia nell’aver sfatato lo stereotipo del Medioevo inteso come “secoli bui”. Il Medioevo che lei racconta è luminoso e intellegibile, per chi ha la voglia di studiarlo. Ha anche sempre voluto porre il Medioevo a confronto con la contemporaneità, e in questo senso si è sempre rapportata alle nuove modalità di comunicazione del presente per fare emergere la Storia su altri piani.

MR: Il cosiddetto “Medioevo della quotidianità”, giusto?

MB: La Storia vista all’interno delle case, di una città medievale, non tanto attraverso il personaggio famoso ma, piuttosto, attraverso uomini, donne e bambini destinati all’oblio perché spesso la quotidianità non trova spazio. In «Vivere nel Medioevo» ci sono, ad esempio, aperture bellissime sui giochi medievali. Elementi che lei ha saputo desumere dalle immagini, perché sapeva decodificare con precisione i dettagli in questa sua ricerca del minuto, del particolare. Anche nel suo libro «Senza misericordia. Il Trionfo della Morte e la Danza macabra a Clusone» vi è la disamina di ogni singolo personaggio, il mettersi con puntiglio davanti a ogni figura per analizzarne i singoli elementi distintivi.

MR: Perché l’immagine può essere un importante documento storico.

MB: Questa, secondo me, è stata la sua personalissima innovazione metodologica: porre le fonti visive sullo stesso piano di quelle scritte. È un modo di studiare la Storia che, per noi ormai più abituati all’immagine che al testo scritto, si pone in maniera diretta e semplice. Il singolo affresco o la singola pittura può essere di estrazione più bassa – perché le fonti scritte nascono per lo più in un ambito ufficiale – ma è capace di fornirci tanti elementi in più che lo scritto non trasmette. Anche sul piano espositivo Chiara si poneva l’obiettivo di consegnare, a chi avesse voluto leggere i suoi libri, qualcosa che rimanesse indelebile. E credo che ci sia riuscita: il suo percorso è talmente lineare che non puoi dimenticarti un certo dettaglio quando poi magari ti trovi a vedere di persona l’«Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo» di Lorenzetti.

MR: Tornando a «Donne medievali», in che modo le figure di cui parla Chiara Frugoni ci possono aiutare a interpretare il femminile nel presente?

MB: Le figure che Chiara ha scelto sono molto differenti per estrazione, ruolo, fisionomia personale. Sono cinque donne. C’è Radegonda che nasce regina e diventa monaca, in un percorso unico. C’è Matilde di Canossa che viene raccontata in tutti gli snodi della sua vita grazie ad una documentazione ricchissima. Accanto a lei troviamo la papessa Giovanna, che non è mai esistita ma è un personaggio singolare perché ottiene un ruolo, nel mito, che una donna mai avrebbe potuto avere: quindi un’elaborazione mentale collettiva. E poi c’è Christine de Pizan, scrittrice ed editrice alla corte di Francia, che si fa sempre rappresentare vestita di blu e con le stesse fattezze, come fosse il logo della sua casa editrice.

MR: E l’ultima?

MB: L’ultima è Margherita Datini che sposa un ricco mercante sempre in viaggio. Lei gestisce tutte le attività commerciali di raccordo dal “campo base”: è una macchina da guerra ma non le viene riconosciuto nulla. Non potendo avere figli adotterà una bambina nata da una relazione del marito con un’altra donna. Semianalfabeta, comunica col marito per mezzo di lettere redatte con la scrittura mercantesca: è la narrazione di un matrimonio per corrispondenza. Margherita non è felice, è una donna sottomessa, ma di grande valore. Le cinque protagoniste si ribellano a uno stato che le relega in una condizione di invisibilità. Sono uscite dall’ombra in cui di norma erano confinate le donne nel Medioevo. Nell’ombra rimangono, spesso, ancora le donne oggi.

MR: Come si articolerà la serata?

MB: Chiara doveva presentare personalmente il libro. Il titolo della serata, inizialmente, era «Donne medievali, donne in ombra e oggi?», quindi qualcosa di interlocutorio. Non sarà una commemorazione, vogliamo semplicemente cercare trasmettere al pubblico la sua vitalità, la passione, l’entusiasmo, il suo non fermarsi mai affrontando matasse inestricabili per poi arrivare alla soluzione degli snodi. Perché questo è stato il suo lavoro: svelare la realtà storica facendo parlare le fonti visive. Sarà un incontro a più percorsi. Parleremo del libro e delle cinque donne, ma anche di una sesta donna: Chiara Frugoni. Vorrei che si creasse un andirivieni tra le figure del libro e quella di Chiara con filmati, letture e riflessioni. Darò anche apertura a qualche mail significativa che fa parte del mio carteggio con Chiara. Poi daremo spazio alle immagini naturalmente e, come faceva lei, le proietteremo e le commenteremo. Il tutto per restituire la vivacità e il piacere di comunicare che la caratterizzava. È stata una grande divulgatrice, nel senso più nobile, manteneva alta la ricerca per innalzare il livello culturale di chi la seguiva. Un grande successo, a mio parere.

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