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#allamiaetà: L’incredibile storia di Titta Colleoni, sintetizzatori e libertà a cavallo degli anni Settanta

Racconto. Il ricordo di Franco Battiato, le serate con il batterista degli Area Giulio Capiozzo e un giovane cantante a cui dare una mano come Edoardo Bennato. C’è tutto questo in una chiacchierata con Titta Colleoni, tastierista bergamasco che ha collaborato con i grandi della musica italiana

Lettura 4 min.
Titta Colleoni in una scena del video di Gentleman fo the road di Kristian Marr

C’è stato un tempo in cui il meglio della musica alternativa italiana passava da Suisio, suonando al campanello di casa Colleoni. Era lo stesso periodo in cui, come spiega Titta Colleoni, “i produttori facevano ancora i produttori e i talenti li andavano a cercare negli studi di registrazione e nei locali”.

Sembrano passati secoli, eppure si parla degli anni Settanta, di una cinquantina di anni fa, più precisamente nel periodo che va dal 1972, anno dell’uscita di “Fetus” primo album di Franco Battiato, fino al 1976 circa. Anni in cui Titta suonava nei Perdio, trio bergamasco composto da basso, tastiera e batteria e riconosciuto come uno dei pionieri del prog italiano. Ma sono anche gli anni dell’uscita di “Non farti cadere le braccia”, esordio discografico di Edoardo Bennato e di “Arbeit macht frei”, storico disco degli Area.

“Bergamo ha un che di magnetico e speciale per la musica – racconta Titta – un po’ lo fa anche il nostro carattere, il modo di fare dei bergamaschi che non hanno mai troppo la puzza sotto il naso e ci si rende conto dei nostri limiti. Ma all’epoca Bergamo era quella mezza dimensione giusta per i musicisti, abbastanza vicina a Milano, ma meno caotica e più economica per i produttori che dovevano pagare i dischi”.

E ancora: “Perché una volta era così. Non è come adesso che i musicisti devono creare prima il brand e poi il prodotto. Una volta erano i produttori a girare in lungo in largo per cercare musica nuova e se credevano in un progetto pagavano tutto di tasca loro per farlo nascere. Ora, nella maggior parte dei casi se non stacchi un bonifico sostanzioso a chi di dovere non entri nel giro”.

Inutile negare che nelle parole di Titta Colleoni ci sia un po’ di amarezza nel confronto con un mondo musicale che non si può definire solo cambiato, piuttosto è stato trasformato dalle dinamiche dello streaming. Il tastierista bergamasco si permette di dirlo a onor del vero, visto che ancora adesso collabora con tanti giovani artisti, bergamaschi e non solo: “Ogni tanto mi chiamano dallo studio di Suisio, per ascoltare qualcosa e provare a inserire due note o un’idea e non sono tutti ragazzi persi. Ci sono molti bravi artisti all’orizzonte e mi sto adoperando per chiamarne qualcuno, anzi qualcuna, da far esibire in occasione della Festa della Musica di Brescia e, in prospettiva, per Bergamo e Brescia capitali della cultura”.

Titta Colleoni, infatti, è tutt’altro che in pensione. Grazie a un altro amico di vecchi data come Jean Luc Stote, storica voce di Radio Onda d’Urto e direttore artistico della Festa della Musica del capoluogo bresciano, una delle più riuscite d’Italia, riesce a mantenere il contatto con molte realtà della nuova musica emergente. Il tutto, conferma, senza provare nostalgia: “Mi viene solo un po’ di invidia perché vorrei entrare dentro il loro progetto, essere parte attiva di qualcosa che nasce”.

Eppure tanto è cambiato dai suoi vent’anni e dal suo fare musica e a spiegarlo è proprio lui, tramite le parole di un grande maestro che ci ha lasciato da poco, Franco Battiato: “Mi ripeteva sempre che serve l’educazione all’ascolto, non al sentire”.

Titta e Franco hanno collaborato insieme durante la prima fase della carriera del cantautore siciliano e in questi giorni la tristezza si mescola con i ricordi: “La prima volta che ci siamo visti è stato a Milano nella sede della casa discografica Bla Bla. Lui stava lavorando al suo primo disco. Poi, una sera noi stavamo suonando all’Auditorium ed è comparso sotto il palco con un tabarro nero come quello che usano gli anziani. Dopo il concerto abbiano iniziato a parlare e da lì ci siamo visti sempre più spesso. Lui ha cominciato a frequentare Suisio e Bottanuco e in sala prova sperimentavamo con i sintetizzatori, ed era tutto nuovo. C’era la possibilità di filtrare gli strumenti e creare variabili infinite maneggiando direttamente il suono. La fantasia poteva agire liberamente”.

Non solo i mezzi tecnici permettevano di provare a comporre con nuove soluzioni armoniche, le occasioni che nascevano con la musica e il fermento di quel periodo davano stimoli continui: “Una sera dovevamo suonare a Casatenovo ed eravamo d’accordo che sarebbe venuto anche Franco. Sulla strada ha incontrato un autostoppista polacco che aveva con sé un violino. Non serve che ti dica com’è andata, alla fine sono saliti entrambi sul palco con noi e il violinista credo abbia anche suonato poi in un suo disco”.

L’album che più di tutti sancisce la collaborazione fra il tastierista bergamasco e Battiato è “Sulle corde di Aries”, terza pubblicazione per l’etichetta Bla Bla del maestro siciliano. Titta ricorda così quell’incredibile tournée: “Abbiamo fatte una serie di date in Sicilia, dove il pubblico era veramente eccezionale. Alcuni concerti magnifici, poi siamo risaliti sulla sua Nsu prinz arancione e in due giorni siamo tornati a Milano, cantando parecchio e ridendo ancora di più. Era un guidatore improbabile”.

Altri anni, altre abitudini, altri modi di sperimentare e vivere la musica. “Una sera invece avevamo un concerto a Bergamo con il Banco del Mutuo Soccorso. Mi si avvicina il loro produttore Sandro Colombini e mi parla di un ragazzo che aveva dei bei pezzi che andavano ‘un po’ tirati insieme’ e dice che me lo vuole affidare”. Il ragazzo in questione è Edoardo Bennato che una settimana dopo arriva a Suisio. “Passavamo le giornate in un’osteria di Città Alta che aveva il pianoforte per arrangiare i pezzi, poi in un alberghetto di Oltre il colle abbiamo lavorato a tutto il disco e infine abbiamo registrato a Milano”.

In quel periodo la frequentazione era assidua anche con gli Area, al lavoro a Zingonia sul loro capolavoro più noto. “A Giulio, il batterista, non piaceva tanto stare a Zingonia e quasi ogni sera veniva da me a Suisio”.

Cosa sia capitato invece ai Perdio che quel successo discografico lo hanno solo sfiorato è lo stesso Titta a spiegarlo: “Ad un certo punto siamo andati a Genova per registrare un Lp per Patty Pravo e Riccardo Fogli. Era il nostro trampolino di lancio, ma volevano farci cambiare una frase di un testo e ce ne siamo andati. Non se ne fece più nulla, in quegli anni avevamo l’idea che dovevamo rifiutare la commercializzazione a ogni costo. Ci abbiamo ripensato tutti, spesso, a quell’occasione persa, forse avremmo dovuto comportarci diversamente, ma in quel momento contava solo mantenere la nostra purezza”.

Titta Colleoni ha vissuto una vita a dir poco intensa, fra alti e bassi e ritorni alla musica. La racconta in “Sette bicchieri quasi uguali”, un volume nel quale si racconta al cantautore bresciano Alessandro Ducoli. Insieme c’è anche un disco, “In The Garden Of Eden” (potete acquistarlo qui).

Titta Colleoni su Wikipedia

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