93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Dal dolore alla musica: il «Requiem» di Cristian Gentilini per le vittime del Covid-19 al Teatro Donizetti

Articolo. In programma il 18 marzo alle ore 21, il «Requiem – Oratorio per soli, coro, ottoni, percussioni e organo» del Maestro Cristian Gentilini, composto durante il lockdown del 2020. Un vero e proprio “itinerario spirituale” che merita di essere percorso. Ingresso gratuito su prenotazione

Lettura 5 min.
L’esecuzione del «Requiem» nel novembre 2021

Di quei giorni difficili tra marzo e aprile 2020 conserviamo ancora fortissime emozioni: gli occhi incollati ai bollettini della Protezione Civile, le ambulanze, un paesaggio surreale, quasi utopico. Poi quell’immagine, lanciata su tutti i social, che testimoniava quello che stava realmente accadendo a Bergamo: un lungo corteo di camion militari, che portavano via i corpi dei tanti che non ce l’avevano fatta.

La musica, come spesso accade, dà sollievo e ci permette di “espiare” il nostro dolore. È proprio con quest’intento che Cristian Gentilini, compositore e Maestro di Cappella della Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo nonché docente di Esercitazioni Corali presso il Conservatorio «G. Donizetti», ha concepito nel pieno lockdown del 2020 il suo «Requiem – Oratorio per soli, coro, ottoni, percussioni e organo».

Sono venuto a conoscenza dell’iniziativa del Maestro Gentilini nel 2021, quando frequentavo come studente il Conservatorio di Bergamo, nella classe di Composizione del Maestro Orazio Sciortino. Me ne interessai subito e cominciai a collaborare come corista, in vista di una prima esecuzione in programma il 6 novembre del 2021 presso la Basilica di Santa Maria Maggiore. È stato un incontro a dir poco folgorante. La fortissima carica espressiva, restituita dal compositore attraverso semplici gesti musicali, mi ha profondamente toccato, permettendomi di interiorizzare ancora di più il messaggio che attraversa tutte le pagine del «Requiem».

Proprio di questo messaggio vorrei parlarvi oggi, in occasione del concerto che si terrà il prossimo 18 marzo alle ore 21 al Teatro Donizetti, in memoria delle vittime di Bergamo del Coronavirus (ingresso gratuito con prenotazione). L’esecuzione del «Requiem» vedrà la partecipazione di diverse realtà musicali appartenenti alla sfera bergamasca: oltre agli otto solisti della Cappella Musicale della Basilica di Santa Maria Maggiore, sarà riunito il coro USCI di Bergamo (a cui appartengono le diverse realtà corali provinciali). In più, una considerevole collaborazione con il Conservatorio della città (nelle rispettive classi di Esercitazioni corali, Ottoni e Percussioni). La voce recitante è affidata a Michele Marinini, all’organo ci sarà il Maestro Roberto Mucci – organista della Basilica di Santa Maria Maggiore – mentre la direzione sarà affidata al Maestro Filippo Maria Bressan, ormai storico interprete, fin dalla prima esecuzione, di questa partitura.

L’evento è promosso da Fondazione MIA con il Comune di Bergamo e la Fondazione Teatro Donizetti in collaborazione con il Conservatorio «G. Donizetti» di Bergamo e l’Associazione Cori Lombardia.

L’opera

«Nel marzo del 2020 l’ondata ha colpito con grande forza Bergamo e la sua provincia. Tutti eravamo chiusi in casa ma da me, a Bologna, dove vivo, non comprendevamo l’effettiva gravità di quanto stava accadendo, perché da noi il dramma è arrivato solo dopo nella cosiddetta seconda ondata» spiega il Maestro Cristian Gentilini, che ha vissuto “da lontano” quei tristi momenti per la nostra città. Fu in quel periodo che le prime testimonianze di ciò che realmente succedeva a Bergamo iniziarono a diffondersi tra tutti: «ricevevo chiamate drammatiche dagli amici di Bergamo: per me fu un periodo di ansia».

Ed è proprio a partire da questi momenti sofferenti che inizia la concezione di un’opera musicale destinata alla commemorazione delle vittime del Covid-19: «inizialmente pensavo di realizzare una musica destinata alla liturgia, ma il dramma che settimana dopo settimana andava accrescendo portò anche all’espansione dell’opera, che pian piano prese la forma di un vero e proprio “Requiem” in forma di oratorio». La gestazione di questa composizione, infatti, è perdurata quasi un anno per essere poi finalmente eseguita, durante un’intensa commemorazione, il 6 novembre del 2021.

Parliamo della struttura: quest’opera, è composta da dodici sezioni, corrispondenti ai momenti topici della liturgia («Introitus», «Kyrie», «Tractus», «Sequentia, «Offertorium», «Sanctus», «Pie Jesu», «Agnus Dei», «Communio», «In Paradisum»). Inoltre, ogni singolo episodio reca particolari sottotitoli, nei quali si può leggere un introspettivo itinerario escatologico, dal dolore e l’agonia fino alla certezza della salvezza in conclusione.

Al centro della composizione troviamo due episodi che possono sembrare insoliti per una Messa: la «Lectio» e la «Meditatio». La prima, una lettura tratta dal poema cortese «Le jugement dou Roy de Navarre», è stata scritta dal compositore e poeta Guillaume de Machaut durante la peste nera che devastò l’Europa nel 1349. «Il testo di Machaut – che ho “scovato” per caso in Internet durante alcune ricerche – mi ha subito affascinato per l’attualità dei temi trattati. Sembrava davvero una testimonianza del nostro tempo: tutti hanno paura del contagio, si rifugiano in casa, tanto che il padre abbandona il figlio, la madre la figlia. Tutto ciò mi sembrava interessante da mettere in luce» dice Gentilini.

Il testo, rispetto all’originale in francese antico, è stato riscritto ed adattato dallo scrittore bergamasco Corrado Benigni. La «Meditatio», invece, è un’improvvisazione organistica sul testo appena letto, nella quale i materiali musicali dell’intera composizione vengono rielaborati secondo il gusto dell’interprete.

Il dolore e il ricordo

Il successo che questa partitura sta a poco a poco riscontrando è notevole motivo di soddisfazione e orgoglio per il Maestro Gentilini il quale, allo stesso tempo, desidera che non si trascuri un importante dettaglio: «Quest’opera nasce dal dolore: vorrei che ciò venisse sempre tenuto in considerazione».

Il dolore, difatti, traspare attraverso molte pagine di questa composizione: il «Kyrie», ad esempio «vuole trasmettere, attraverso la musica, l’idea del contagio che, da un singolo individuo, poco a poco si diffonde in maniera esponenziale»; oppure c’è il potente e suggestivo «De profundis» in cui, come spiega il compositore, «come succede al bambino che durante la notte può essere vittima dell’angoscia causata dal buio, che gli impedisce di non riconoscere il suo mondo, così l’uomo si è ritrovato impaurito e disorientato da questo virus che ha drammaticamente distrutto la vita sociale per come la conosceva».

Un omaggio alla città di Bergamo, che Gentilini ha voluto rappresentata attraverso i suoi musicisti, anche amatoriali: «l’opera come una tragedia greca vuole essere un’occasione per i bergamaschi di espiare un ricordo, per chi ha perso i propri cari in quel drammatico periodo. È per questo, infatti, che ho voluto coinvolgere espressamente le varie realtà musicali della provincia, perché rappresentano la grande comunità bergamasca riunita in un momento di musica, preghiera e riflessione». La città di Bergamo, quest’anno ancora più coesa nelle celebrazioni della Capitale della Cultura 2023, rivive un momento di collettività forte e toccante, nella quale i sentimenti e il ricordo saranno i veri protagonisti della serata.

Cristian Gentilini è riuscito profondamente a cristallizzare delle emozioni, delle sensazioni – molto intense, a mio avviso – in un linguaggio musicale diretto, senza mediazioni: questa composizione è un vero e proprio “itinerario spirituale” attraverso le tenebre fino a giungere alla Luce. Un viaggio il cui sentiero merita, in ogni sua forma, di essere percorso, nonostante questa esperienza possa risultare talvolta ardua e complessa da affrontare attraverso l’ascolto.

Essere compositori oggi

Faccio un’ultima domanda al Maestro Gentilini: gli chiedo cosa voglia dire scrivere oggi, fare il compositore. «Il compositore non sceglie di essere compositore: la percepisce come una necessità – risponde – Si deve avere l’esigenza di essere sé stessi, onesti e sinceri, senza seguire gli altri». In un mondo così variegato, è difficile trovare la propria strada: «la pluralità è ardua da governare, ma l’importante è non sentirsi mai “arrivati”: bisogna essere fedeli alle proprie aspirazioni, tenendo in conto tutto quello che ci circonda. Ogni limite diventa una sfida». Obiettivi che il Maestro si è posto anche durante la scrittura del suo «Requiem»: «Ho cercato una coerenza strutturale e formale dall’inizio alla fine. Devo dire che, assistendo alla sua esecuzione, penso che anche il pubblico abbia in qualche modo colto questa omogeneità».

Attualmente Gentilini, insegnante al Conservatorio di Bergamo, propone spesso, ai suoi giovani allievi, diverse pagine del repertorio corale contemporaneo: «Prescindendo dal fatto che qualunque musicista debba formarsi studiando i grandi del passato, penso sia di primaria importanza anche dedicarsi alla musica del nostro tempo, senza perdersi in sterili confronti. Soltanto chi verrà dopo di noi potrà giudicare e dare dei pareri su quello che è stato scritto oggi».

Approfondimenti