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“Nella testa ridi”: Cato è quel tipo di musicista che ce ne vorrebbero di più

Articolo. Umiltà, positività e voglia di fare (anche per altri) nella musica solare del cantautore della Val Gandino che torna con un nuovo brano. Anche questa volta collegato ad un’iniziativa benefica

Lettura 3 min.
Cato

Ho sempre pensato che si possa essere scorbutici e musoni sono se si è Bob Dylan, Lou Reed o qualcuno di simile (metteteci voi il nome che preferite). Tutti gli altri quando vanno in giro a suonare o semplicemente si rapportano con un addetto ai lavori che fatica per loro (manager, ufficio stampa etc.) dovrebbero essere gentili e sorridenti. In altre parole, se non siete dei fenomeni come quelli citati sopra cercate di non portarla troppo alta. Conviene prima di tutto a voi. Essere simpatici – e soprattutto avere la fama di simpatico – è un ottimo modo per trovare più date e spingere chi lavora per voi a metterci il maggior impegno possibile.

Per cinque anni circa ho lavorato in un ufficio stampa musicale – per i più profani: chi cura i rapporti con i media di un artista o presunto tale – e ne ho visto di ogni risma: chi voleva finire su Radio Deejay pur non avendo la benché minima possibilità di andarci, chi si credeva un genio incompreso, chi era convinto di essere molto più “scarpa” di quanto non lo fosse veramente, chi non pagava (se lavori a partita IVA prima o poi c’è sempre qualcuno che non paga) e chi era un piacere sentire.

In quest’ultima categoria metterei senza dubbio Cato, al secolo Roberto Picinali. Uno che non è un fenomeno ma riluce per simpatia, voglia di fare e soprattutto voglia di fare per gli altri – di solito un artista non ha granché voglia di fare per gli altri: c’è lui, la sua arte, ancora lui, ancor la sua arte e via così; ma in fondo a pensarci bene è normale, il problema è quando l’artista con la sua arte non riesce a vedere la realtà oltre il proprio naso: di solito è l’anticamera di un fallimento carico di aspettative. Dicevo che Cato va sicuramente inserito fra quei musicisti che è un piacere sentire: magari non sarà un mostro di bravura (ma chi lo è in fondo?) però è sicuramente un bell’esempio di ottimismo e umiltà. E poi scrive belle canzoni che è un piacere ascoltare.

Dopo aver suonato qualche anno nei Namasté (leggi alla voce: reggae-patchanka valligiana), Cato dal 2009 ad oggi ha iniziato un percorso decisamente in crescendo dal primo ep “Oceano di sogni” sino agli ultimi due singoli “Cogli la mela” (non “la prima” alla Branduardi, ma la mela e basta) e l’ultimo “Nella testa ridi”. Una bella ballata dal vago sentore battistiano e beatlesiano che mescola sensazioni dolci e amare mettendo di buon umore senza strafare: la storia è quella di due ragazzi che s’incontrano a Bergamo. Da un paio di pezzi a questa parte Cato si è affidato alla produzione di Francesco James Dini nel suo 1901 Studio e si sente: suono tirati a lucido, linee vocali convincenti e appiccicose, insomma le cose fatte bene, “oneste” come si dice in questi casi (nel tempo delle canzoni registrate in cameretta non è scontato).

‘Cogli la mela’ – mi racconta Roberto – è una canzone leggera e solare in levare, arriva dopo tre anni da ‘+ Love – Stress (il singolo precedente, ndr). Con questo brano ho iniziato a collaborare con il produttore Francesco James Dini, abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti e sulla ricerca del suono. È dedicato ad un caro amico, Emiliano Perani, che ha realizzato la cover del singolo (Emilio, nonostante i suoi trentasei anni, è scomparso durante la prima ondata di covid19, ndr)”.

Qui a disegnare la cover del pezzo è Alessandro Adelio Rossi, amico illustratore che ha lavorato anche per Paolo Fresu. Il resto lo fanno Battisti, i Fab Four e la buona penna di Cato: “No, non sbagli a citare Battisti e i Beatles, ascolto musica tutto il giorno ed è per questo che le mie canzoni sono ricche di contaminazioni”. Come in “Cogli la mela” anche “Nella testa ridi” è collegato ad un’iniziativa benefica, questa volta con la Fondazione Gritti Minetti. “Da sempre mi piace legare la mia musica ad azioni concrete legate al sociale, la mission della raccolta per la Fondazione Gritti Minetti è finalizzare i proventi raccolti a favore di eventi o iniziative a difesa della sostenibilità ambientale, della cura del territorio e della tutela della biodiversità”.

Cato nella vita ha fatto di tutto: il restauratore di auto, l’educatore in una comunità di accoglienza, il viaggiatore dalla Val Gandino a Honk Kong in macchina lungo la Via della Seta (ne parla lui più sotto) e molto altro. Tutto secondo una positività che è la prima cosa che ti ricordi di lui: “per me la positività e l’ironia sono un modo per sentirmi libero soprattutto in questo periodo, ed è anche un modo per sopportare situazioni emotive troppo pesanti”.

Gli ho chiesto di partecipare alla nostra rubrica #cult, indicando un libro, un disco, un film e un viaggio che lo hanno formato, come uomo e come songwriter. Ecco cosa ha risposto:

#1 libro
“David Cooperfield” di Charles Dickens
Un romanzo avvincente, dove a tratti mi rivedo e mi ritrovo nell’ periodo infantile.

#1disco
“III Comunication” dei Beastie Boys
Questo disco rappresenta la sintesi perfetta dei miei 18 anni, Nel 1994 rappavo e iniziavo a suonare la chitarra, 3 musicisti favolosi nei 25 anni di carriera sono stati capaci di rinnovarsi sempre mixando l’hardcore punk con l’hold school hip hop.

#1film
“Pulp Fiction” di Quentin Tarantino
Un nuovo modo per me di guardare un film, per la prima volta le vicende non venivano raccontate in ordine cronologico ma si snodano in diversi episodi. Un cast eccezionale bellissimo.

#1viaggio
Cato & Vale on the Silk Road
Da Bergamo ad Hong Kong 15.000 km in auto lungo la Via della Seta. È stato un viaggio on the road alla scoperta di nuove culture promuovendo il secondo album “Cato” raccogliendo fondi per Emergency e Admo. Una bella avventura.

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