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Un disco per due giganti della chitarra: Segovia e Bream rivivono nel progetto di Fabio Bussola

Intervista. «Divenire», il primo progetto solistico del giovane chitarrista di Stezzano, è un omaggio ai grandi nomi delle sei corde

Lettura 4 min.
Il chitarrista Fabio Bussola

Approcciarsi ad un secolo come il Novecento, dal punto di vista musicale, è senz’altro un’impresa non da poco: tante sono state le personalità che l’hanno vissuto, tante le idee che sono fiorite, tante le opere che sono riuscite ad imporsi nel panorama del nostro presente. Ogni strumento – dal pianoforte al violino – ha avuto il suo palcoscenico e un repertorio consolidato, grazie anche al talento e alla lungimiranza di famosi interpreti che hanno contribuito a renderlo noto. Anche la chitarra ha goduto di questa “rinascita”, soprattutto per merito di due importanti nomi del panorama internazionale: Andrés Segovia e Julian Bream, dedicatari di molte pagine composte da autori – come Britten e Ponce – che hanno donato allo strumento a sei corde un grande repertorio per i musicisti del loro tempo.

È un omaggio a questi due protagonisti quello che Fabio Bussola – giovane chitarrista bergamasco, docente di chitarra presso il Liceo Musicale «Paolina Secco Suardo» di Bergamo e pluripremiato in più di 30 concorsi nazionali ed internazionali – ha realizzato con il suo primo progetto discografico da solista dal titolo «Divenire – Segovia and Bream», pubblicato quest’anno per l’etichetta Movimento Classical. Il disco propone un viaggio nel grande repertorio chitarristico del XX secolo attraverso brani di Ponce, Tansmann, Britten e Rawsthorne – brani tutti quanti (o quasi) accomunati dalla forma musicale del «Tema con Variazioni» – in un percorso di mutazione e di riscoperta della chitarra e delle sue grandi possibilità tecniche ed espressive. Per conoscere e vivere questo percorso musicale ne abbiamo parlato proprio con Fabio.

WL: È stato da poco pubblicato il tuo ultimo disco «Divenire». Perché questo titolo?

FB: L’idea per il titolo è nata per via di due aspetti: in primo luogo, il verbo divenire si lega perfettamente alla forma musicale del «Tema con Variazioni» in relazione a qualcosa che cambia e torna. Questo è anche, per me, una sorta di provocazione: è stato infatti proprio il mio approccio nei confronti di questo repertorio ad essere stato in divenire, in quanto diverse pagine non erano mai state da me prima della realizzazione di questo progetto. «Divenire» comprende quindi l’idea del cambiamento, suggerito dai brani stessi, e allo stesso tempo è l’idea del musicista che, assieme al suo repertorio, vuole andare verso qualcosa di nuovo.

WL: È stato il primo progetto discografico a cui hai preso parte?

FB: «Divenire» non è la mia esperienza discografica in assoluto: in passato ho avuto modo di partecipare a diverse registrazioni (anche per il periodico Seicorde, dedicato al mondo chitarristico) e, nel 2021, ho partecipato in duo con la flautista Irene Sacchetti ad un progetto discografico - il mio primo debutto ufficiale – integralmente dedicato alla musica sudamericana, con la figura di Astor Piazzolla al centro. «Divenire», però, è il mio primo progetto solistico, integrale.

WL: Qual è il “viaggio”, il «Divenire», all’interno dei brani che costituiscono il disco?

FB: Il mio “viaggio” è diviso in due parti, ognuna delle quali dedicata ad un grande virtuoso e chitarrista che ha fatto la storia. La prima parte è dedicata ad Andrés Segovia (1893-1987), uno tra i massimi virtuosi dello strumento di tutto il secolo scorso, ed è formata da composizioni a lui dedicate: il brano di apertura sono le «Variations sur “Folia de España” et Fugue» di Manuel María Ponce (1882-1948), uno tra i più importanti compositori messicani del primo Novecento. È una composizione emblematica, un caposaldo della letteratura chitarristica (come, per i pianisti, le «Variazioni Goldberg» di Bach): in queste pagine, Ponce vuole stabilire un dialogo tra la tradizione spagnola e il suo sguardo ricco di coloriture, ritmi esotici e un sempre evidente legame alla tradizione prendendo il via dal tema della «Folia», una melodia che è stato un modello per moltissime variazioni realizzate da tantissimi autori di svariate epoche storiche. Il secondo – ed ultimo –brano dedicato a Segovia sono le «Variations sur un théme de Scriabin» del compositore polacco Alexandre Tansman (1897-1986): l’autore fonde il materiale tematico (il dolcissimo «Preludio op.16 no.4» del compositore russo Alexsandr Scriabin) con elementi della tradizione francese, influssi neoclassici e atmosfere jazz di grande raffinatezza.

WL: E la seconda parte?

FB: Il «lato B» del disco è invece dedicato ad un altro grande nome della chitarra internazionale, ovvero il britannico Julian Bream (1933-2020), un grande innovatore della tecnica chitarristica internazionale, grazie al quale il nostro strumento ha potuto ritrovare un ampio repertorio soprattutto a partire dal secondo Novecento. Grazie a Bream, infatti, molti autori hanno regalato un fondamentale contributo alla letteratura, uno su tutti il compositore britannico Benjamin Britten (1913-1976), il quale ha dedicato proprio a Bream il suo «Nocturnal after John Dowland op.70», il brano di apertura della seconda parte del disco. In questo caso «Nocturnal» è un «divenire» al contrario, in quanto la forma canonica del tema con variazioni è rovesciata: il brano di Dowland, la struggente «Come, Heavy Sleep», si presenta al termine della composizione, come se fosse un ritorno alle origini verso la riscoperta della semplicità. Durante questo viaggio al contrario, ogni variazione presenta un campionario di possibilità tecniche che sottolineano la complessità formale e la ricercatezza di Britten come raffinatissimo autore. La composizione che conclude il disco è «Elegy» di Alan Rawsthorne (1905 - 1971), dedicata a Bream. Questa composizione è stata per me una scoperta, affrontata ad hoc per la realizzazione di questo disco: in tutti i brani proposti, questa è l’unica che non segua la forma del tema con variazioni, ma si lega perfettamente al tema del «divenire» in quanto l’autore morì poco prima di concluderla, e fu da Bream stesso ultimata e da lui eseguita.

WL: In un mondo musicale ricco e complesso, quando è importante fare oggi un disco?

FB: Fare un disco oggi è semplice: quasi chiunque può farlo. È però importante, per distinguersi, trovare un percorso efficace, una proposta che possa avere un senso anche nel futuro: per fare un disco davvero nuovo, secondo me, non basta proporre il repertorio più difficile che si possiede nel proprio “arsenale” di musicista, ma bisogna saper contestualizzare e proporre un contenuto che abbia un’idea ben chiara e coerente. Oltre all’idea, per rendere un progetto davvero autentico è importante anche la collaborazione con professionisti: nel mio caso, devo ringraziare il mio insegnante Bruno Giuffredi che ha curato il booklet interno del disco, Giulio Tampalini e il produttore Raffaele Cacciola per aver reso concreto questo “viaggio”.

WL: Prossimi progetti all’orizzonte?

FB: Dal punto di vista discografico, io ed Irene Sacchetti (flauto) prenderemo parte ad un nuovo progetto dedicato al repertorio musicale contemporaneo, in un disco comprendente composizioni di autori viventi – la maggior parte italiani – che hanno dedicato al nostro duo delle loro composizioni. Inoltre, come solista, mi piacerebbe dedicarmi ad un futuro progetto discografico dedicato a Bach. Oltre alle registrazioni, proseguono le mie attività didattiche, i miei concerti e il coordinamento del Festival «Note d’Arte» che si svolge a Stezzano, del quale mi occupo con grande soddisfazione da un paio d’anni. Tutto il resto, è in divenire…

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