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#coseserie: “Dopesick”, da un dolore a una spalla all’overdose

Articolo. Su Star, canale Disney+, la serie tv con Michael Keaton e Rosario Dawson che racconta la vicenda dell’OxyCondin: un antidolorifico oppioide venduto in America dalla Purdue Pharma che provoca dipendenza e ha ucciso circa 500 mila persone in vent’anni. Ponendo in risalto la questione del rapporto (americano, ma anche europeo) coi farmaci. Nel 2020 in Italia un consumo medio di 1,2 dosi di medicine al giorno

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In un suo libro recente, “La società senza dolore – Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite”, il filosofo coreano Byung-Chul Han fotografa la collettività d’Occidente come una comunità globale che fatica, o proprio non vuole, sopportare il dolore, di qualsiasi tipo esso sia. È un’ottima lettura da accompagnare alla visione di “Dopesick – Dichiarazione di dipendenza”, serie tv di otto episodi proposta prima da Hulu e poi lo scorso novembre da Disney+ attraverso il canale Star (il 22 dicembre l’ultimo episodio) e forse passata in secondo piano a causa del trambusto generato da “Don’t look up”.

Fra salti temporali e ritmo serrato che rendono molto avvincente la narrazione, “Dopesick” racconta la crisi dell’OxyContin. Un antidolorifico oppioide immesso sul mercato dalla Purdue Pharma, una delle varie “Big Pharma” americane, che – grazie alla connivenza della FDA, la Food and Drug Administration – falsifica le possibilità di dipendenza del farmaco dichiarate sull’etichetta, causando un problema sociale che conta circa 500 mila morti negli ultimi due decenni.

La storia si svolge fra le cittadine della zona mineraria degli Appalachi, una delle aree più depresse degli Stati Uniti, in cui vive il medico di base Samuel Finnix (Michael Keaton); gli uffici della DEA (Drug Enforcement Administration) dove del caso si occupa l’agente Bridget Meyer (Rosario Dawson) affiancata dai procuratori Rick Mountcastle e Randy Ramseyer (Peter Sarsgaard e John Hoogenakker) e la sede della Purdue Pharma, azienda della multimilionaria famiglia Sackler, capeggiata dal demoniaco Richard Sackler (Michael Stuhlbarg).

La serie è tratta dal best seller della giornalista americana Beth Macy “Dopesick: Dealers, Doctors and the Drug Company that Addicted America”, che quando uscì nel 2019 negli Stati Uniti non passò inosservato, come del resto non lo è il problema dell’abuso di oppiacei, psicofarmaci etc. – ben rappresentato in tanti film e serie tv dal consueto flaconcino arancione contenente pillole: l’abitudine al farmaco tutta americana. A dirigere il tutto Michael Cuesta, Barry Levinson (“Rainman”), Patricia Riggen e Danny Strong che ha scritto tutti e otto gli episodi. Insomma, un bel cast, registi che sanno fare la loro e un plot ricombinato temporalmente che tiene attaccati allo schermo.

Come probabilmente avrete capito, la storia è vera e non tralascia di citare i nomi reali di alcuni dei protagonisti (la Purdue Pharma, la famiglia Sackler), ma soprattutto spiega con efficacia chirurgica come un antidolorifico possa diventare una droga mortifera. Rappresentanti istruiti a dovere, fra cui Billy Cutler (Will Poulter) che illustra il farmaco al dottor Finnix; medici sedotti con convegni extralusso e vacanze; farmacisti molto disponibili; controllori che vanno a lavorare per i controllati; pubblicità distorte; nonché l’amoralità sfacciata dei Sackler (in particolare di Richard), che non si pongono alcuna remora morale nel diffondere un farmaco che crea dipendenza e diventa una sostanza da tossici.

Per chi sta in miniera l’OxyContin diventa la risposta a tutti gli inevitabili dolori (cronici e non) del lavorare sottoterra. E il meccanismo più fa male, più aumento la dose porta velocemente dalla dipendenza alle crisi di astinenza in caso di mancata assunzione. Così accade alla giovane Betsy Mallum (Kaitlyn Dever) e così ad altre centinaia e centinaia di pazienti, fra persone in overdose lasciate morire per strada, rapine alle farmacie (non per prendersi i soldi, ma i farmaci) e crisi di coscienza di alcuni dei rappresentanti della Purdue Pharma, che piano piano comprendono come la diffusione dell’OxyContin non sia solo la loro fortuna, ma un veleno che uccide e genera un fenomeno sociale negativo di dimensioni considerevoli.

Qualcuno per l’OxyContin sacrificherà il proprio matrimonio, qualcun altro pagherà una sorta di contrappasso diventando da medico a dipendente in un centro di recupero; tanti finiranno all’obitorio e qualcuno in prigione. Fra legal thriller e racconto della più profonda provincia americana (tema ricorrente nella fiction made in USA, ma qui senza alcuna declinazione politico-sociologica), “Dopesick” tratteggia il problema tutto occidentale della dipendenza dai farmaci. Che non riguarda solo gli Stati Uniti, ma pure l’Europa: in Italia, secondo i dati AIFA, nel 2020 la spesa farmaceutica pro capite è stata di 385,88 euro (valore in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente) con un consumo medio di 1,2 dosi al giorno (valore stabile). A livello globale il mercato farmaceutico vale 1,2 trilioni di euro, suddiviso principalmente fra USA (42,9%), Europa (22,7%) e Asia (12%).

Continuando a rimanere nella realtà, ad oggi i Sackler posseggono un patrimonio stimato in 10,8 miliardi di dollari. L’OxyContin, a detta della Camera di Washington, ha fatto guadagnare circa 30 miliardi di dollari alla Purdue Pharma. Ma il processo che vede imputata l’azienda è tutt’altro che chiuso. Secondo l’Istituto superiore di Sanità americano (la CDC – Centers for Disease Control), l’abuso di oppioidi per dolori cronici ha creato un danno di 78,5 miliardi l’anno negli Stati Uniti. Purdue Pharma non è la sola azienda farmaceutica ad essere portata in tribunale. Lo scorso luglio è stato raggiunto un accordo transattivo, cioè un contratto con il quale due parti pongono fine a un contenzioso, che è stato definito “storico” dalla stampa a stelle e strisce: oltre quattromila cause in diciotto anni (valore 26 miliardi) sono state chiuse con il pagamento da parte di Johnson & Johnson di un totale di 5 miliardi, mentre i distributori AmerisourceBergen e Cardinal Health pagheranno 6,4 miliardi ciascuno e McKesson altri 7,9.

La salute è un enorme business su cui le grandi multinazionali fanno di tutto per mettere le mani – lo stiamo vedendo anche noi con i vaccini in questi mesi. Non sempre tutto funziona per il verso sbagliato, e “Dopesick” racconta anche il tentativo di rivalsa di un gruppo di persone che crede nella giustizia e nella verità. Ma alla fonte il problema è culturale, se non esistenziale. Han nel suo libro cita lo studioso del dolore David B. Morris dell’Università di Berkeley, che nel 1991 in “The culture of pain” scriveva: “Gli americani di oggi appartengono probabilmente alla prima generazione sulla Terra che considera un’esistenza priva di dolore come una sorta di diritto costituzionale. Le sofferenze sono uno scandalo”. E uno scandalo è anche chi da tutto ciò trae profitto mentendo.

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