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La cultura in quarantena – Andrea Pelis (Sestante NCPN): “continuiamo a credere che con la cultura si mangia”

Articolo. Fra i soci della Sestante NCPN, società che si dedica all’allestimento di palchi e strutture: “l’emergenza non ha fatto altro che far risaltare, in negativo, una situazione che si protrae da troppo tempo”

Lettura 3 min.

Andrea, riposati un attimo. Non ti fermano nemmeno le cannonate”. Ecco, non le cannonate, ma qualcosa di inusuale, grave, devastante, mi ha fermato... dal 23 febbraio.

E mentre tutti per una decina di giorni continuavano, chi sottovalutando (per le poche informazioni) e chi con qualche timore, la loro vita e la loro attività, a noi del settore dello spettacolo fin da subito suonava un campanello di allarme: “assembramenti”. Pericolosi, causa di contagio, quindi vietati.

All’inizio molti, seppur avvertendo la gravità dell’emergenza, pensavano o speravamo fortemente quasi a divenire certezza, che la situazione si sarebbe risolta in breve. Magari con qualche “accorgimento”, ci lamenteremo/abitueremo alla mascherina, ricordiamoci di lavare le mani e, ovvio, evitiamo di ritrovarci tutti assieme, magari solo poche persone. “Assembramenti”, ancora una volta. Pericolosi.

A noi del mondo dello spettacolo è apparso fin da subito che no, non si sarebbe risolto a breve. Non sarebbe andato tutto bene. Lo sapevamo eccome, come sappiamo benissimo che il successo di un evento, la sua sostenibilità economica al fine di garantire non solo il cachet dell’artista, ma tutta la filiera che sta dietro, si basa sul “sold-out”.

Sold-out, riempire, tante, tantissime persone che si godono la magia di un concerto o la poesia di uno spettacolo teatrale.

Vietato, fin da subito, senza possibilità di via di uscita o soluzioni a breve. E allora, la cultura (o per lo meno, una grossa parte di essa) si ferma. Si ferma non solo l’artista, quello sulle prime pagine, in TV, su un palco, ma anche tutto quell’invisibile mondo che lavora dietro le quinte. Si fermano tecnici, agenzie, service, organizzatori, locali, teatri, cinema, compagnie... Mi fermo anch’io.

Ma accettare, in nome del buon senso, di arrestarsi è giusto e doveroso. Ammettere, come più voci sentenziano, di essere inutili, no. Sarebbe una sconfitta in piccolo per noi, ma più in generale e ben più grave per la cultura stessa.

Personalmente, seppur tra mille difficoltà (comuni e non al di sopra di altri settori), è più facile prendere coscienza delle incontestabili perdite economiche, rispetto al senso di abbandono in cui versa la cultura nel nostro Stato. E non da ora! L’emergenza non ha fatto altro che far risaltare, in negativo, una situazione che si protrae da troppo tempo, dove la cultura è messa all’angolo sia dalle persone, che spesso la giudicano come un accessorio non prettamente necessario, sia di riflesso dalle Istituzioni, sorde alle richieste del settore. E trovo questo paradossale in un Paese che continua a esser definito, e non a torto, come la culla della cultura.

Vero che, a differenza di altre aree in cui il “prodotto” finale è ben delineato e stabilito da precisi parametri, la cultura è a mio avviso difficilmente definibile.

La cultura per me è emozione, capace allo stesso tempo di estraniarci per un attimo dalla quotidianità per poi ricalarci in essa, ma arricchiti da un diverso punto di vista. Ma è anche memoria, ciò che di bello si protrae nel tempo. La cultura non ha come gli altri prodotti una “data di scadenza”, ma è in grado di mescolare passato e presente, proiettandonsi nel futuro, abbracciando una temporalità (spero) senza fine.

In questo lungo periodo di stop forzato, mi è tornato alla mente il primo giorno presso l’università Statale di Milano, dove, ventenne e pieno di speranze, mi accingevo a seguire la lezione e il professore ci accolse con l’apparente semplice domanda “cos’è la filosofia?” a cui, timidi e spauriti, esitammo a rispondere. Ci venne in soccorso lui, riportandoci la risposta che gli diede al tempo sua nonna “la filosofia è quella cosa, con o senza la quale, la vita rimane uguale”.

Sul momento l’ho trovata spiazzante, al pari dell’affermazione dell’”inutilità della cultura”. Ma a pensarci bene, ho capito che col solo fatto di esser presente, avevo già operato una scelta fondamentale: la mia vita doveva essere “con” perché non avrei accettato il “senza”.

E a distanza di tanti anni, continuo a credere che quel “con” è un aspetto imprescindibile, se non vogliamo ridurre la vita a mera quotidianità. Con la speranza che questo lungo periodo di privazione della dimensione culturale, accresca in numero e qualità il bisogno e desiderio di cultura.

Per noi (non lo nascondiamo) è, anche, un’esigenza economica perché stoici continuiamo a credere che con la cultura si mangia. Per tutti è soprattutto una scelta di vita.

Speranzosi anche noi attendevamo la conferenza del 13 maggio in cui viene annunciato il “decreto rilancio”, ma ancora una volta rimaniamo basiti e disillusi: al di là della definizione non felice di artisti, trovo più preoccupante che ancora una volta non si indichi una data, seppur aleatoria, in cui tutto ciò che concerne la cultura possa ripartire, nessun accenno a linee guida.

Questa mancanza di progettualità di terzi (prerogativa unica del nostro settore) ci getta in un limbo in cui è sempre più difficile ipotizzare un futuro. Le idee non mancano, la voglia nemmeno, ma questo stato di dimenticanza rischia di essere l’ultimo colpo di spugna su un mondo lavorativo di per sé bellissimo, ma oggi più che mai estremamente fragile.

Per poi arrivare all’ultimo decreto del 16 maggio, dove si dice sì che Teatri e Cinema possono ripartire dal 15 giugno (data in cui solitamente chiudono in prossimità della stagione estiva), ma ancora una volta, come tre mesi fa, si vietano gli “assembramenti”, o per lo meno quelli legati al settore, rimbalzando la palla alle decisioni delle Regioni.

Da un’incertezza all’altra, ancora una volta, fermi aspettiamo. Ma, personalmente, sempre con minor speranza.

Andrea Pelis inizia a lavorare come aiuto macchinista presso il Teatro Donizetti di Bergamo nel dicembre 1997. Dal 1998 al 2007 sono dipendente della Csc Anymore di Bergamo, svolgendo sia lavoro tecnico di allestimento, sia mansione organizzativa per festival musicali, di teatro e festival di artisti di strada. Nel febbraio 2007, assieme a altri soci, fonda la ditta Sestante NCPN Srl, dedita ad allestimenti di palchi e strutture, impianti audio, luci e video, operante soprattutto in Lombardia e Nord Italia, ma con esperienze lavorative su tutto il territorio nazionale.

Pagina Facebook Sestante NCPN

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