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Non ci sono più gli Houellebecq di una volta (che scrivevano capolavori come “La possibilità di un’isola”)

Articolo. Sabato 17 luglio a Calcinate gli attori Edoardo Ribatto e Fabrizio Pagella – con il commento sonoro di Luca Olivieri (tastiere e programmazioni elettroniche dal vivo) – rileggono uno dei più bei romanzi dello scrittore francese

Lettura 4 min.
Michel Houellebecq

Scrivere di Michel Houellebecq non è facile. Sarà perché i suoi romanzi e le sue poesie non sono mai accondiscendenti con il lettore. Sarà che il più delle volte ha ragione. Sarà che se c’è uno scrittore senza speranza, questo è lui. Michel Thomas all’anagrafe, classe 1956, Houellebecq perché così di cognome faceva la nonna, comunista fino al midollo – che si prende cura di lui dopo che i genitori lo hanno fatto crescere fino a 6 anni in Algeria, per poi disinteressarsene – frequenta il liceo Chaptal a Parigi, poi l’iscrizione ad Agraria e la laurea nel 1978 con una specializzazione in “Ecologia e miglioramento dell’ambiente naturale”.

Lavori da informatico, da statale e in mezzo vari tentativi letterari con scarso o nullo successo, fino al 1994 quando pubblica “Estensione del dominio della lotta”, un romanzo che dà una visione giunglesca e crudele del capitalismo, tutto soldi, sesso e nichilismo. Dunque un grande libro dietro l’altro: “Le particelle elementari” (1998), “La possibilità di un’isola” (2005), “La carta e il territorio” (2010) e i più recenti “Sottomissione” (2015), divertente, lucido ma scritto un po’ di mestiere e “Serotonina” (2019) non meno prevedibile del predecessore: siamo sempre lì, un significato alla vita non si trova e allora sono doglianze esistenziali. Non sembrano non romanzi di Houellebecq, ma a là Houellebecq nonostante i due titoli abbiano un che di “profetico”, essendo stati scritti rispettivamente prima della strage di Charlie Hebdo e prima delle proteste incendiarie dei gilet gialli.

Amato e odiato dal pubblico e dai media, accusato di islamofobia sino ad essere processato nel 2001, quindi di misoginia, volgarità, pornografia e via dicendo, Houellebecq non è uno con molti peli sulla lingua: quasi in ogni libro se la prende con la gauche intellettuale francese e in generale le polemiche non mancano mai. La critica è divisa. Il pubblico anche. Probabilmente i biasimi che gli vengono mossi qualche volta sono pure veri, l’uomo non fa nulla affinché le controversie si appianino e a giovarne alla fine sono le vendite. Il nostro è andato avanti così fino ad oggi (interviene sui giornali e in tv comprese), intanto ha fatto anche un disco (“Présence humaine”, anno 2000, non male), concerti e cinema (come regista, sceneggiatore e attore): Houellebecq è diventato Houellebecq anche a forza di polemiche. Ma la sostanza letteraria c’è, poche storie.

Michel Houellebecq è il grande scrittore della crisi di valori dell’Occidente, dove nulla conta più e la ricchezza o le situazioni di benessere coincidono spesso con un vuoto di senso demolente, a cui i personaggi dei suoi libri rispondono con pillole, sesso senza coinvolgimenti amorosi e sofferenza. Perché l’occidente, sembra dire lui, sta male e non sa come uscirne – ed è forse per questo che Houellebecq sta così sulle scatole: è controverso, tutt’altro che politically correct in un momento storico avvelenato dal politically correct, ma dice una buona dose di verità, coglie i nodi dolorosi del nostro tempo e li incista in storie scritte superlativamente, con uno stile che tiene attaccati alla pagina.

La clonazione ci sarà. Certe cose sono irreversibili. Tutto quello che la scienza può permettere sarà realizzato, anche se ciò modifica profondamente quello che noi consideriamo oggi come umano, o come auspicabile”.

L’ha detto in un’intervista a Le Monde dopo l’uscita de “La possibilità di un’isola”. Che ha come protagonista Daniel1, un comico di fama, dalle battute pungenti oltre il limite, la sua è satira nel senso più pieno della parola – a me durante la lettura ha ricordato Daniele Luttazzi – ed è straordinariamente lucido e intellettualmente onesto: caratteristiche che lo portano ad una crisi esistenziale abbastanza rappresentativa di quella di gran parte del nostro mondo.

Ma ci sono anche altri due protagonisti, Daniel 24 e 25, cloni di Daniel1: abitano (su un’isola, una Lanzarote futura) in un domani distopico dove l’uomo è ridotto all’animalità. Sembra che abbiano perso ogni rapporto con i predecessori e passano le giornate a commentare le memorie di chi è venuto prima di loro, cercando di costruirsi una personalità. Sono neoumani, cloni che non muoiono di malattia, esseri sospesi e di passaggio.

La narrazione di questi tre personaggi, fra l’oggi e un tempo prossimo indefinito, procede in tre parti ordinate numericamente: 1, 24, 25. La sofferenza (anche d’amore, un fatto decisamente anomalo per Houellebecq) di Daniel1 e le riflessioni di Daniel24 e 25. Un rimuginare che li porta ad un’inquietudine esistenziale che è il primo passo di una ricerca in un deserto senza significati. Anche se i due cloni sanno di non essere il futuro; il futuro sono i Futuri, neoumani avanzati in grado di scindere l’individuo dalle emozioni. I temi della morte, della vecchiaia (un tabù contemporaneo che porterà Isabelle a lasciare Daniel1), della precarietà dei legami (l’incapacità di mantenere storie durature di Eshter, un’altra sofferenza per Daniel1), della clonazione (che genera esseri viventi malinconicamente fluttuanti nel tempo), del suicidio e di una generale mancanza di significati alimentano una sorta di dialogo a distanza temporale e fanno de “La possibilità di un’isola” un carotaggio impietoso del nostro tempo.

Nemmeno Daniel è immune al proprio declino fisico e si avvicina alla setta degli elohimiti, secondo un credo che mischia l’attesa di una visita aliena a proposte salutiste di marca new age – la soluzione, se di soluzione possiamo parlare, è iniziare una storia con una ragazza molto più giovane di lui, la già citata Eshter, che lo abbandonerà alla propria decadenza, sino al suicidio non prima di aver lasciato una poesia:

Vita mia, vita mia, mia antichissima vita,
mio primo voto mal richiuso,
mio primo amore infirmato,
sei dovuta ritornare.

Ho dovuto conoscere
ciò che la vita ha di migliore,
quando due corpi gioiscono della loro felicità,
e si uniscono e rinascono senza fine.

Divenuto totalmente dipendente,
conosco il tremito dell’essere,
l’esitazione a sparire,
il sole che colpisce al limitare

E l’amore in cui tutto è facile,
in cui tutto è dato nell’attimo;
esiste in mezzo al tempo
la possibilità di un’isola.

Ci sarebbe ancora molto da dire di questo romanzo in cui è palpabile la presenza di H.P. Lovecraft, un grande amore di Houellebecq tanto da dedicargli nel 1991 un saggio, “Contro il mondo, contro la vita” – l’incontro di due scrittori dalla formazione scientifica. E ci sono anche barlumi di Cioran, dello “Zero K” di Don DeLillo e di un film come “Melancholia” di Lars Von Trier. “La possibilità di un’isola” dice di noi oggi e domani, racconta con spietata compassione l’umano e il post-umano, l’utopia e la distopia che s’intercambiano come quelle figure che mutano forma a seconda di come e dove le guardi.

Un mattino, subito dopo il risveglio, mi sentii meno oppresso senza motivo apparente. Dopo alcuni minuti di cammino giunsi in vista di un lago nettamente più grande degli altri, di cui, per la prima volta, non riuscivo a distinguere la riva opposta. Anche la sua acqua era diversa, leggermente più salata.
Quello era dunque ciò che gli uomini chiamavano mare e che consideravano il grande consolatore, come il grande distruttore anche, quello che erode, che pone fine con lentezza. Ero impressionato, e gli ultimi elementi che mancavano alla mia comprensione della specie si sistemavano poco a poco
”.

Lo spettacolo di TeatroLettura de “La possibilità di un’isola” si svolgerà presso l’Area Feste “Fabrizio De André” di Calcinate (viale degli Olmi). Sono disponibili 99 posti da prenotare sul sito di Fiato ai Libri. In caso di pioggia lo spettacolo si sposta al Cineteatro Sala della Comunità (piazza Della Chiesa, sempre 99 persone i posti disponibili). Ingresso gratuito.

Sito Fiato ai Libri

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