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I diritti delle donne sono diritti umani

Articolo. Dopo la vittoria della Repubblica islamica dell’Iran nel 1979, i diritti delle donne iraniane non solo non sono migliorati, ma sono stati notevolmente compressi. Molte donne sono state costrette a emigrare dal loro paese per mantenere i loro diritti fondamentali o a vivere con mariti che non le hanno mai amate. Altre hanno posto fine alla loro vita, altre ancora hanno lottato per questi diritti o passano anni nelle terribili prigioni dell’Iran. Alcune di loro sono annegate nella loro vita quotidiana senza coltivare speranze per un domani migliore

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Uno scatto da una manifestazione di Donna, vita, libertà a Bergamo (Foto Sheghi Papavero)

Sheghi Papavero («Papavero» è la traduzione in italiano del cognome) è una donna iraniana, nata a Teheran, che dal 2011 vive a Bergamo. Da quando è iniziata la protesta in Iran contro il regime degli ayatollah, è una delle principali attiviste che tengono alta l’attenzione nella nostra città, che da anni ha accolto una comunità iraniana molto numerosa.

Tina è la mia amica d’infanzia. Ci conosciamo da molti anni: le scuole medie, le superiori, il futuro. Abbiamo passato gioie e dolori insieme, la sua vita è parte della mia. Il giorno in cui sono emigrata dall’Iran, la mia più grande preoccupazione è stata quella di non vederla e di non fare colazione con lei. Tina è vittima delle leggi contro le donne in Iran. Le ho chiesto il permesso di raccontarvi la storia della sua vita.

Tina aveva 15 anni quando si innamorò di Ali. Un amore proibito, non previsto nella vita quotidiana degli iraniani e nella società dittatoriale iraniana. Un amore impedito dal divieto di vedere e parlare con i maschi. Tina e il fidanzato hanno parlato segretamente al telefono, si sono scambiati messaggi, si sono incontrati segretamente nel buio della notte e si sono dati baci.

Questo amore segreto è continuato fino all’età di 18 anni. A 18 anni, la famiglia ha mandato Tina a Los Angeles per studiare e costruire un brillante futuro. Ma Tina non vedeva la libertà e la situazione aurea che le era stata preparata: pensava solo al suo amore rubato. Dopo sei mesi, è tornata in Iran e ha sposato Ali. Un anno dopo, è nata la loro figlia Tabasom. Avere un bambino a vent’anni non è facile: notti insonni, pianti continui, responsabilità familiare.

Ali non ha potuto trascorrere questo periodo in pace. Una notte, ha preso Tina e Tabasom nella sua macchina e li ha lasciati a casa del padre di sua moglie. Ha detto a Tina che non avrebbe più voluto questa vita e che avrebbe divorziato da lei il giorno dopo. Ha aggiunto che un giorno, al compimento dei sette anni della figlia Tabasom, sarebbe venuto e l’avrebbe portata via. Secondo la legge iraniana, infatti, l’affidamento di una figlia femmina spetta alla madre fino all’età di sette anni, poi passa al padre.

Per Tina, sono stati sette anni trascorsi tra timori e difficoltà. Ha avuto paura di perdere la figlia Tabasom, di ricominciare lo studio a cui aveva rinunciato anni fa forzata da Ali, ha sperimentato le difficoltà di vivere in una società misogina che guarda una donna divorziata con occhi giudicanti, oltre alle spese che servono in un grande città come Teheran. Ali, dal canto suo, non ha mai avuto tracce di sua figlia, non ha mai chiesto di vedere Tabasom, non ha mai dato un aiuto per le spese di soggiorno e di istruzione di Tabasom. È stato come un padre che non è mai esistito.

La vita a Teheran sta diventando sempre più complicata e inaccettabile. Tina ha deciso di andare in America con sua figlia. Il giorno in cui è andata alla stazione di polizia per richiedere il passaporto, il mondo si è confuso davanti ai suoi occhi. Per lasciare il paese, Tabasom ha bisogno del permesso di suo padre. Un permesso che Ali non gli ha mai dato e che ha cambiato completamente la vita di Tina e Tabasom.

Tabasom oggi studia nelle scuole dove la luce del sole passa a malapena attraverso le alte mura, vive in un paese in cui l’accesso a Internet gratuito è un sogno, legge libri ricchi di censure e trascorre ogni giorno con un unico obiettivo: il giorno in cui compirà diciott’anni andrà in tribunale e chiederà il permesso di lasciare il Paese. Tabasom realizzerà il suo desiderio? Riuscirà Tina a lasciare il paese con la figlia dopo tutti questi anni? Tutto questo dipenderà dal fatto che le leggi rimangano così come sono e non peggiorino. Dalla scorsa settimana, però, in Iran si vocifera che il governo voglia introdurre nuove leggi per le donne divorziate e le ragazze nubili, che renderanno difficili le condizioni di viaggio.

I diritti delle donne sono sempre un grosso problema per le donne che vivono in Iran. Conoscere questi diritti ci aiuta a capire perché la rivoluzione di «Donna Vita Libertà» è iniziata con l’ampia partecipazione e leadership delle donne. Vale la pena notare che le donne single o divorziate hanno meno problemi al momento rispetto alle donne sposate – se il governo non decide di cambiare queste leggi un giorno. Fino a 18 anni, infatti, le donne sono poste sotto la tutela del padre e dopo, se sposate, sotto la tutela del marito. Senza il consenso del marito non possono espatriare. Possono farlo senza necessità di consenso, invece, le donne nubili o divorziate (anche se guardate con pregiudizio).

I diritti delle donne in Iran

Tra i maggiori problemi dei diritti delle donne in Iran, si possono citare i seguenti: il diritto al divorzio, il diritto all’istruzione, il diritto a lasciare il Paese, il diritto a scegliere un luogo in cui vivere, il diritto al lavoro e all’affidamento dei figli. Il mancato accesso a questi diritti può mettere a repentaglio il futuro di una donna dopo il matrimonio.

Dopo il matrimonio, è il marito che può determinare il luogo di residenza e la moglie deve obbedire. Per quanto riguarda il divorzio, secondo la legge iraniana un uomo può divorziare dalla moglie quando vuole: il diritto di divorzio appartiene all’uomo e la sua validità non richiede il consenso della donna.

La custodia dei figli è un altro problema che infastidisce molte donne nella società iraniana. In Iran, l’affidamento di un figlio maschio spetta alla madre fino all’età di due anni, dopodiché il padre ha il diritto di ritirare il figlio dalla madre. Se la bambina è una femmina, l’affidamento spetta alla madre fino all’età di sette anni, poi passa al padre, come abbiamo già spiegato sopra. Questa legge fa sì che molte donne iraniane non abbiano il coraggio di divorziare perché vogliono vivere con i propri figli.

Le donne, inoltre, non possono lasciare il paese senza il permesso del marito. Quando una donna sposata richiede un passaporto ha bisogno del consenso del marito. Questo caso è diventato una delle sfide e dei problemi legali più importanti delle donne in Iran. Soprattutto, per atlete professioniste che devono viaggiare all’estero.

Un altro dei problemi legali più comuni delle donne in Iran è il diritto di continuare a lavorare. Le donne che lavorano corrono infatti il rischio che i loro mariti si oppongano al loro lavoro dopo il matrimonio. Ancora, un’altra importante questione legale per le donne in Iran è la continuazione dell’istruzione dopo il matrimonio: un uomo può impedire a una donna di continuare la sua istruzione, perché quest’ultima ha danneggiato la loro vita coniugale e può impedire legalmente a sua moglie di andare all’università.

Negar aveva 20 anni quando sposò il dottor Farshid. Il dottore aveva 25 anni più di lei, ma ci si aspettava che Negar avesse un futuro confortevole e prospero con il dottore. Per questi motivi, la famiglia di Negar ha accettato che la figlia si sposasse. I problemi sono iniziati quando Negar è voluta andare all’università e si è persino iscritta all’università della loro città. Il dottore, però, non le ha permesso di andare all’università. Era incredibile per Negar che un uomo che frequentasse la facoltà di medicina e fosse uno specialista le impedisse di studiare. Un anno della loro vita è trascorso tra guerre e polemiche, ma la legge non ha aiutato Negar a portare avanti i suoi obiettivi. Si è suicidata la scorsa settimana. Una vita è finita: la vita di una giovane donna piena di entusiasmo. Negar ha posto fine alla sua vita perché non è riuscita a sostenere le leggi dell’Iran e della sua famiglia.

La questione della dote

La discussione più importante sui problemi legali delle donne in Iran, che causa insoddisfazione tra le donne iraniane, è il denaro. In passato, la dote delle donne era la metà di quella degli uomini perché l’uomo era il capofamiglia. Quindi, l’ammontare della dote era più alto per gli uomini. Oggi anche le donne lavorano fianco a fianco agli uomini nella società e molte di loro sono capofamiglia. Eppure, la legge rimane uguale.

Un altro problema legale delle donne in Iran è la differenza nell’eredità. Come stabilito dalla legge, i fratelli non ereditano in parti uguali e la quota spettante al fratello è doppia rispetto a quella della sorella. Anche la filosofia di questa differenza risale al passato, in un momento in cui le donne non erano considerate capofamiglia. Ma al giorno d’oggi, con le crescenti differenze nella società, come accennato negli articoli precedenti, le donne sono considerate anche badanti e questo problema dovrebbe essere preso in considerazione.

Speriamo che il movimento «Donna vita libertà» vinca e porti per le donne iraniane libertà e diritti umani.

Un evento per saperne di più

Venerdì 3 marzo alle 18 alla Fondazione Serughetti La Porta (viale Papa Giovanni XXIII, 30, Bergamo) si terrà l’incontro «La lunga storia dei movimenti delle donne nel mondo arabo-islamico». Ospite Renata Pepicelli, docente di Islamologia, Studi Islamici, Pensiero, Politica, Genere e Storia del mondo arabo contemporaneo all’Università di Pisa.

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