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Cuccioli, maschere e Carnevale: la riapertura del Parco Faunistico Le Cornelle

Articolo. Il Parco riapre con due new entry: Moa e Nilo, i due cuccioli di otocione battezzati dalla community social. E a Carnevale per ogni adulto pagante un bambino in maschera entra gratuitamente

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Fiocco rosa e azzurro per il Parco Faunistico Le Cornelle, che nel periodo di chiusura ha dato il benvenuto a due cuccioli di otocione, Moa e Nilo, battezzati dalla community social del Parco.
Insieme a mamma Kasai e papà Kwango formano l’unica famiglia della specie in Italia e sono stati i protagonisti della riapertura del Parco sabato 19 febbraio. In curiosa esplorazione insieme ai genitori , Moa e Nilo possono star certi di essere accuditi e coccolati in un parco storico, che, a partire dalla sua fondazione nel 1981, ha saputo evolversi nel tempo e assumere un ruolo sempre più importante nella conservazione di specie protette, nella ricerca e nell’educazione.

È previsto per legge: le strutture zoologiche in Italia hanno la triplice missione di contribuire alla conservazione, alla ricerca e all’educazione. Un’evoluzione che arriva in Italia un po’ in ritardo rispetto agli Stati Uniti e al nord Europa (viene introdotta solo con il Dlgs. 73/2005), ma che vede ormai i nostri zoo agli stessi livelli dei nostri partner europei.

È così anche per il Parco Faunistico Le Cornelle, che con gioia accoglie tra le proprie fila la neoallargata famiglia di otocioni. Sotto gli occhi di mamma Kasai, nata nell’aprile del 2020 in uno zoo della Repubblica Ceca, e di papà Kwango, nato a maggio 2020 in un parco francese, Moa e Nilo, nati lo scorso 4 dicembre, si aggirano in esplorazione già pieni di una curiosità irrefrenabile e di una grande indipendenza. I piccoli, infatti, nel giro di pochi giorni avevano già aperto gli occhi e, in poco più di un mese, hanno cominciato lo svezzamento, complici le attenzioni e l’impegno di entrambi i genitori.

Francia, Repubblica Ceca, Italia e nomi derivati da fiumi africani: una famiglia di ispirazione multiculturale, a testimonianza di una dimensione, quella degli zoo, che è sempre più internazionale. Le Cornelle fa parte di EAZA (European Association of Zoos and Aquaria) e UIZA (Unione Italiana Zoo e Acquari), associazioni che promuovono la conservazione di numerose specie sia ex situ (cioè nei parchi faunistici) che in situ (cioè a livello locale, negli habitat di provenienza). Le Cornelle per esempio partecipa finanziando progetti in situ legati al ghepardo, al leopardo nebuloso e al leopardo delle nevi.

L’EAZA stabilisce rigide norme a cui i membri si devono attenere in termini di condizioni sanitarie e benessere animale. E gestisce anche il controllo in rete delle collezioni zoologiche dei singoli parchi, garantendo un coordinamento ampio e una visione che sappia inglobare ed espandere quella di ciascuna struttura. È anche grazie a questo tipo di associazioni a garanzia del benessere animale che la famiglia di otocioni ora ospitata alle Cornelle vive in un habitat ospitale e pensato su misura della specie.

L’otocione (Otocyon megalotis) è una piccola volpe dall’aspetto simpatico. Il muso piccolo e mascherato ricorda quello di un procione, ma la particolarità della specie sta nelle ampie orecchie a pipistrello, funzionali al mantenimento della loro dieta a base di insetti. Questa specie di canidi, tipica dell’Africa subsahariana, infatti, è ghiotta di insetti e aracnidi, in particolare di termiti, formiche, scorpioni e ragni, che individua proprio grazie alle enormi orecchie paraboliche dall’udito sopraffino, con le quali setaccia il terreno con minuzia.

Con il suo musetto dolce e le orecchie giganti, l’otocione è un animale che conquista subito grandi e piccini. È grazie a specie carismatiche come questa (o, per dirne una, il panda) che i parchi faunistici sono in grado di finanziare la conservazione delle specie più trascurate perché meno appariscenti, come l’avvoltoio calvo. E anche di trasmettere indirettamente ai visitatori una sensibilità sulle problematiche delle specie e del loro ambiente, che su larga scala sono le problematiche di tutto il Pianeta. È un gentile invito alla curiosità, alla voglia di scoprire come possiamo vivere in armonia con le altre specie che popolano la Terra.

Dovremmo prendere esempio dalla famiglia di otocioni, che condivide con grande serenità parte dell’exhibit con i potamoceri, animali anch’essi provenienti dall’Africa subsahariana, abituati a vivere in spazi simili a quelli dei loro compagni. Le due specie hanno trovato una buona intesa e la condivisione procede a gonfie vele.

Sarà possibile ammirarli tutti insieme dal 19 al 27 febbraio, tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.00. A partire dal 28 febbraio, invece, il Parco sarà aperto dalle 9.00 alle 17.00. Grande festa per il Carnevale: nei giorni lunedì 28/02 e martedì 1/03, per ogni adulto pagante, un bambino in maschera entra gratuitamente al Parco. Largo alla fantasia! In tutta sicurezza: così come previsto dalle normative, l’accesso prevede il controllo del green pass rafforzato, all’interno del Parco sono dislocati dispenser con gel disinfettante e verrà rispettato il distanziamento sociale.

E ricordiamoci, quando acquistiamo il biglietto (anche online), che dietro a quella piccola cifra c’è una grande opportunità, per il Parco, di continuare a portare avanti progetti di ricerca, a finanziare iniziative di conservazione in natura, a fare miglioramenti al Parco (per esempio aprendo un nuovo reparto o rendendo ancora più ospitali quelli già presenti) e a sensibilizzare i visitatori grandi e piccoli, che toccano con mano la crisi di perdita della biodiversità e di estinzione delle specie.

È la stessa IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) a riconoscere il ruolo cruciale delle strutture faunistiche nel mantenimento di popolazioni vitali in funzione della conservazione. Oggi senza di esse molte specie non avrebbero chance di sopravvivere, vuoi perché nel loro habitat naturale imperversa il bracconaggio, vuoi perché è devastato dalle guerre civili, vuoi perché, invece, è lo stesso habitat a subire un continuo arretramento a causa dell’urbanizzazione. I parchi faunistici tengono queste specie al sicuro, mantenendo un pool genetico tale da poterle reintrodurre in natura nel momento in cui ci fossero le condizioni.

Che dire? Grazie parchi faunistici, grazie Le Cornelle, e benvenuti Moa e Nilo!

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