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«ANonniMus» di Sabina Guzzanti. Alla fine vincono sempre i boomer

Articolo. Nella società contemporanea, spesso immaginiamo un divario tra giovani e vecchi, tra i novizi della tecnologia ed esperti. Nella storia raccontata da Sabina Guzzanti, è la generazione dei cinquantenni che entra in gioco e ci dimostra che possiamo ancora allearci con la tecnologia, invece che trattarla come un nemico che ci soppianterà

Lettura 6 min.

Ho iniziato a conoscere Sabina Guzzanti, oltre che per le sue imitazioni, anche e soprattutto grazie a quello che scriveva su Facebook. Mi rivedevo molto nel suo punto di vista, nei suoi post perlopiù sarcastici e/o polemici, nelle sue invettive. Poi, all’improvviso il nulla. Non ci ho fatto più di tanto caso, in realtà. Forse l’algoritmo ha smesso di mostrarmi i suoi post, forse Facebook ha cominciato a essere il social del «Buongiorno, caffè?». Fatto sta che, mentre mi trovavo a Bergamo ad assistere alla presentazione del suo libro, è stata proprio lei a chiarire sul palco che ora i social li usa molto meno, quasi sempre per lavoro.

Poi abbiamo avuto l’occasione di parlare vis a vis, allora ho pensato bene di tirare fuori l’animo da boomer che c’è in me e tra tutte le domande intelligenti che potevo farle mi è uscito un: «Ma lo sa che non vedo più i suoi post su Facebook?». E lei, molto tranquillamente mi ha risposto: «Mi hanno bannata, così ho deciso di non entrarci più, anche perché ogni giorno rischiavo di prendere una querela, a causa di quello che dicevo». Anche in quel caso non ho potuto fare a meno di identificarmi in quello che mi stava raccontando.

Certo, ancora nessuno mi ha querelata, tuttavia nel tempo ho adottato la strategia di Sabina, ovvero ho limitato in modo consistente la condivisione di momenti della mia vita «privata», a favore di contenuti che hanno a che fare prevalentemente con gli articoli che scrivo. Il punto è che ho cominciato ad avvertire una sempre maggiore distanza tra quello che scrivo, quello che le persone percepiscono e quello che voglio dire effettivamente. E per persone intendo soprattutto mia madre. Vi faccio un esempio: visto che abitiamo lontane ormai da cinque anni e che si lamenta spesso del fatto che non esterno mai pubblicamente quanto le voglio bene, in occasione del suo compleanno – 52 anni – ho pensato bene di condividere un carosello di fotografie che ci ritrae insieme. Il tutto corredato dal testo di una canzone di Luca Barbarossa, «Portami a ballare». Si tratta di un brano per me di una dolcezza infinita, mi sono premurata di scegliere le parole con cura, l’ho ascoltata e mentre rileggevo continuavo a piangere.

Dopo poche ore, mi suona il telefono. Sullo schermo compare un nome che di solito mi suscita una certa ansietta: «Mamma», ma stavolta non avevo niente da temere, perché avevo fatto esattamente quello che voleva lei. Quindi ho risposto con un certo entusiasmo: «Ciao Mamma, ti è piaciuta la dedica?!». E lei, felice ma non quanto sperassi, mi ha detto: «Sì, ma hai scritto che ho le rughe?!».

E come dimenticare quando ho pubblicato la targa che mi hanno regalato durante la cena aziendale per celebrare con un fittizio e ironico premio Pulitzer la migliore intervista a Tiziano Ferro? Ho ricevuto più di 100 commenti, 80 dei quali erano di persone che credevano che avessi vinto davvero la più prestigiosa onorificenza giornalistica degli Stati Uniti.

«ANonniMus – vecchi rivoluzionari contro giovani robot»

Cosa c’entra tutto questo col libro, vi starete chiedendo.

Beh, la protagonista del romanzo si chiama Laura Annibali, è una luminare del mondo informatico e, manco a farlo apposta, ha cinquant’anni. Lei, però, a differenza di mia madre dispone di notevoli competenze tecnologiche e decide di creare un’organizzazione no profit per aiutare coloro che si sentono disorientati nell’era digitale.

Ma ogni storia ha il suo antagonista. E qui, apparentemente, si tratta di un gruppo di hacker anziani, noti come «ANonniMus». Nonostante l’età, sono determinati a mettere i bastoni tra le ruote all’iniziativa di Laura. Tuttavia, mano a mano che la trama si sviluppa, le linee tra amico e nemico diventano sfumate, con alleati, fondatori e perfino rivoluzionari che si scontrano in una danza di lealtà e doppiogiochismo. L’evoluzione tecnologica procede a passo sostenuto e, mentre la società invecchia, molti faticano a starle al passo. Proprio per questo, Laura decide di dar vita alla «Huf», un’organizzazione senza scopo di lucro dedicata a supportare coloro che si sentono superati dalla tecnologia.

Dopo aver descritto un futuro lontano e desolante nel suo libro «2119 – La disfatta dei Sapiens», Sabina Guzzanti torna sugli scaffali delle librerie con una nuova pubblicazione per HarperCollins. E in questo suo ultimo romanzo, «ANonniMus – vecchi rivoluzionari contro giovani robot» , ci propone uno sguardo su un futuro non troppo lontano, dove le scelte sono ancora possibili. La parola «hacker» e «anziano» potrebbero sembrare agli antipodi, ma Sabina Guzzanti ci dimostra il contrario. Quest’opera, ricca di sfumature tecnologiche, ci presenta una proiezione del futuro imminente. In un mix di umorismo e narrazione che sfiora il distopico, Guzzanti affronta argomenti come l’Intelligenza Artificiale, l’etica, i pregiudizi legati all’età e le sfide del mondo del lavoro moderno.

La protagonista, Laura, è un’esperta in Machine Learning e Data Science, che ha dedicato la sua vita all’IA, creando meraviglie tecnologiche come Manfred – una specie di Alexa versione pro – e la sua abitazione intelligente. Tuttavia, all’avvicinarsi dei 50 anni, Laura vive un momento di riflessione profonda, preoccupandosi di coloro che sono stati lasciati indietro dall’ondata tecnologica, e decide di agire. Ecco come nasce la «Huf»: il suo obiettivo è supportare chi si trova in difficoltà con la tecnologia, per rendere il progresso tecnologico più inclusivo ed etico.

Tuttavia, Laura si scontra con numerose sfide, non solo a causa della resistenza umana, ma anche per via degli ostacoli imposti dalla stessa tecnologia e da un gruppo di giovani ambiziosi che si esprimono attraverso anglicismi e la vedono come un relitto del passato, una donna che ha ancora tutto da dimostrare. A complicare ulteriormente la trama ci sono questi «ANonniMus», come abbiamo detto un gruppo di hacker anziani che sottolinea i difetti della tecnologia e dimostra come, nonostante siano stati creati dagli esseri umani, anche i dispositivi tecnologici possono avere pregiudizi.

Il fatto che queste macchine vengano messe in difficoltà da un gruppo di esperti informatici d’età avanzata non solo è ironico, ma rappresenta anche un punto di svolta significativo sia nella storia che nella realtà. È vero: la costosissima casa domotica di Laura si pulisce da sola, è dotata di un frigo che ordina la spesa e ti mette a dieta, di un braccio robotico che cucina e pulisce, di un wc che fa l’analisi delle feci (e ti giudica se bevi un bicchiere di troppo). Eppure, alla fine, nonostante il tempo sottratto a tutte queste attività operose, Laura sembra sempre non avere mai tempo. Mai tempo per pensare, per respirare, per vivere.
Laura, infatti, non fa altro che preoccuparsi del tempo che risparmia e a quello che le resta a disposizione, ma poi, nonostante il romanzo sia ambientato in un futuro nel quale le macchine si guidano da sole, Laura abita a Roma e a Roma si sa, c’è sempre traffico.

La trama perde un po’ la sua forza quando Sabina Guzzanti ci butta dentro un po’ di bagarre ideologico-politica. Il caso vuole, infatti, che proprio accanto al suo quartiere extralusso ci sia un campo ROM e che la coppia di amici che abita lì vicino sia composta da due nazisti con tanto di svastica tatuata sul petto, che ha come obiettivo quello di “farli fuori”. La casa intelligente finirà per autodistruggersi perché teme un attacco di quelli che Manfred, proprio a causa di un bug razzista, definisce in maniera dispregiativa «zingari», e Laura sarà accusata di cospirazione perché proprio dal suo cellulare partirà un malware che permetterà agli «ANonniMus» di rubare alla «Huf» un sacco di dati e di soldi, rivelando un inaspettato plot twist.

La morale? Restare vigili

Il romanzo ci racconta progressivamente che, in un’era dove l’essere è spesso definito dal rapido fluire del tempo e si disperde nell’aleatoria memoria digitale, il lusso diventa la capacità di scegliere consapevolmente, nonostante la fatica mentale che ciò comporta. Perché scegliere è faticoso e le piattaforme giocano proprio sulla nostra pigrizia, scegliendo al posto nostro.

Il monito è quindi quello di restare vigili, soprattutto a fronte di una tecnologia che diventa sempre più invadente, pervasiva e che si evolve quotidianamente: emergono nuovi strumenti, nuove piattaforme, nuovi social network, nuove forme di intrattenimento. Viviamo in un’epoca in cui l’intrattenimento sembra essere diventato l’alfa e l’omega dell’esistenza umana. Il costante bisogno di distrarsi, di essere intrattenuti, potrebbe essere visto come una reazione alla frenesia e alle pressioni della vita moderna. Un tempo, «intrattenere» aveva una connotazione dispregiativa, era associato a superficialità o mancanza di sostanza. Oggi, invece, la necessità di intrattenerci permea ogni angolo della nostra vita, dalle nostre attività sociali alle piattaforme digitali che visitiamo.

È comprensibile sentirsi oberati quando la nostra vita lavorativa ci priva della padronanza sul nostro tempo. Ma se l’orario di lavoro è dominato da obblighi e responsabilità e il tempo libero è saturato dal bisogno di «staccare la spina» attraverso quello che definiamo intrattenimento, sorge spontanea la domanda: «Quando sono veramente io? Quando trovo il tempo per riflettere, per essere presente nella mia vita e per connettermi autenticamente con me stesso e con gli altri?».

Alla luce di queste considerazioni, emerge sempre di più la necessità imperativa di educare sia i giovani che gli anziani a navigare in questo mare tecnologico, soprattutto se ciò significa esercitare diritti fondamentali come quello alla salute, all’accesso alle informazioni e via dicendo. La vera sfida, quindi, non è solo mantenere il passo con la tecnologia, ma garantire che ogni generazione possa farlo, riconoscendo che una scelta consapevole è un lusso che tutti meritano.

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