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Che fine fanno (davvero) i nostri dati su Internet?

Articolo. Quando navighiamo in rete, una delle cose che facciamo più spesso è cliccare sulle spunte per accettare i termini e le condizioni. Ma quali sono queste condizioni più o meno dichiarate? E qual è l’uso effettivo che fanno tutti questi siti dei nostri dati?

Lettura 6 min.

Ogni giorno un utente medio si sveglia, prende il telefono, entra su Instagram o su Facebook e incappa in un’inserzione che annuncia una super offerta imperdibile: le sue scarpe, quelle che desiderava da tempo sono disponibili su un noto e-commerce a un prezzo stracciato.

L’occasione è succulenta, l’utente medio non può resistere all’impulso. Clicca sull’inserzione e in un nanosecondo viene catapultato nel link di destinazione. All’improvviso compare una finestra di dialogo che si frappone fra l’utente medio e la realizzazione del suo desiderio: «Accetti i termini e le condizioni?». L’utente medio spunta e senza neanche pensarci dà il suo consenso. Cosa sta accettando esattamente? Con questo articolo voglio provare a rispondere a questa domanda, ma prima di tutto voglio svelarvi un segreto: l’utente medio sono (anche) io.

Come abbiamo fatto a trasformarci in dati?

C’è una ragione ben precisa per la quale l’accesso alle piattaforme come Facebook, Instagram, Twitter e prima ancora Google sarà sempre gratuito. La loro moneta di scambio sono infatti i nostri dati. Ma che cosa si intende esattamente per piattaforme? Una piattaforma viene definita, nel linguaggio informatico, come un’architettura programmabile progettata per organizzare le interazioni tra utenti. Le piattaforme raccolgono automaticamente grandi quantità di dati, relativi sia ai contenuti sia agli utenti. Ad ogni click del mouse i dati degli utenti sono generati, immagazzinati, analizzati e infine processati.

Una delle convinzioni più comuni è quella di pensare che i servizi offerti da queste piattaforme siano gratuiti. Facebook, per esempio, fa profitti mettendo a valore le connessioni generate in automatico tra utenti, contenuti, dati e pubblicità. Ogni piattaforma decide il proprio modello business da seguire: Airbnb, per esempio, addebita ai proprietari di alloggi e agli ospiti una commissione per ogni prenotazione e allo stesso tempo vende i dati degli utenti a terze parti.

È qui che entrano in gioco le condizioni di utilizzo, definite anche termini di servizio. Si tratta di “pseudo contratti” che disciplinano le relazioni tra gli utenti e i gestori delle piattaforme. Spesso sono molto lunghi e complessi per cui la maggior parte delle persone tende semplicemente a spuntare la casella senza mai leggere nulla. Non è difficile farsi convincere del fatto che le piattaforme-infrastruttura funzionino come servizi di pubblica utilità, poiché forniscono servizi fondamentali. A ben vedere, senza la mediazione di esse lo scambio di prodotti, servizi e informazioni sarebbe impensabile. I proprietari, dal canto loro, offrono agli utenti parecchie comodità, chiedendo in cambio solo il controllo sui loro dati.

Dalla mercificazione alla datificazione

L’espressione « datificazione » definisce la capacità delle piattaforme di trasformare in dati aspetti del mondo mai quantificati prima. Per quanto riguarda le piattaforme online, qualsiasi interazione dell’utente può essere raccolta sotto forma di dato: valutazioni, pagamenti, ricerche, visualizzazioni, like, post, commenti. La datificazione è indispensabile per permettere a queste piattaforme di sviluppare analisi predittive, fondamentali per distribuire pubblicità e servizi personalizzati. Le nostre interazioni personali e gli scambi economici, dunque, sono raccolti attraverso le pratiche standard di richieste di amicizia, like, condivisioni e valutazioni.

Ogni attività di ciascun utente può essere registrata, elaborata tramite algoritmi e aggiunta al profilo dati di quell’utente. Pubblicare un messaggio, una valutazione, mettere un like, fare un retweet, richiedere amicizie sono tutte informazioni che permettono di tracciare il profilo comportamentale e relazionale degli utenti. Ad esempio, ogni volta che una persona mette un like su Facebook, questa attività viene processata in diversi modi. Innanzitutto, viene mostrata sul news feed dell’utente, rendendo l’oggetto che ha ottenuto il like disponibile per altre diverse interazioni. Attraverso quindi un lungo processo di elaborazione, le piattaforme riutilizzano questi dati sotto forma di inserzioni mirate.

I dati sono costantemente condivisi in maniera trasversale a nostra insaputa o con la nostra compiacenza – dipende dai punti di vista. I social media, per esempio, permettono agli utenti di sapere chi ha apprezzato e condiviso i loro messaggi, foto o video e di osservare le attività dei loro amici. Così come le piattaforme e-commerce forniscono indicazioni sulle ricerche o acquisti fatti da altri utenti o anche valutazioni su un determinato prodotto.

Questo continuo scambio di dati consente un nuovo tipo di consapevolezza. Gli utenti, infatti, sono al corrente di cosa stanno facendo gli altri, di quali esperienze stanno vivendo e in quali scambi sono impegnati. Allo stesso modo, durante i grandi eventi pubblici come elezioni, proteste o disastri naturali, i numeri di post, gli aggiornamenti di stato, le foto o i video sulle piattaforme online contribuiscono a formare un flusso incessante di aggiornamenti, rappresentando visivamente l’idea di come gli utenti si sentono rispetto a un determinato evento.

Il meccanismo di datificazione ha assunto quindi un ruolo centrale anche nella configurazione delle relazioni sociali, dato che le “Big Five” (Google, Amazon, Apple, Microsoft e Facebook) hanno ampliato la raccolta e il trattamento dei dati per tracciare e prevedere un numero sempre più alto di comportamenti, sentimenti, transazioni e attività degli utenti. Quello che appare sempre più evidente è che Internet non è più solamente un sistema di comunicazione che permette alle persone di accedere alle informazioni, ma è diventato un sistema di controllo che mette in collegamento dispositivi elettronici, elettrodomestici, veicoli, droni, attrezzature mediche e dispositivi indossabili, in qualunque settore industriale.

L’ossessione per il digitale

I media digitali sono una delle principali ossessioni della società contemporanea, dal momento che ci permettono di compiere moltissime azioni, ma hanno anche un peso economico, se consideriamo che una fetta consistente della ricchezza prodotta sul pianeta proviene dalle comunicazioni digitali.

I media stanno anche trasformando flussi e geografie della comunicazione: da una parte stanno amplificando le disuguaglianze esistenti nelle diverse parti del globo; dall’altro lato, grazie al digitale, regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia accedono oggi a strumenti di comunicazione personale che anni fa erano riservati ai continenti più ricchi. Va detto che senza gli interessi commerciali difficilmente Internet sarebbe potuta crescere e sviluppare in maniera così capillare, ma allo stesso tempo si è venuta a creare una tecnologia della sorveglianza per fini commerciali, così come è presente l’interesse di alcuni governi nell’indirizzare lo sviluppo delle informazioni.

L’Internet commerciale riguarda la stessa struttura di rete: si è visto un passaggio negli ultimi decenni da un modello orizzontale, nato dal connubio tra la rete Internet militare e quella accademica, a una struttura verticale, nella quale milioni di utenti chiedono un numero limitato di fornitori di accedere ai contenuti forniti da questi ultimi. A questa trasformazione hanno contribuito i motori di ricerca che consentono di trovare online tutto ciò di cui abbiamo bisogno (o quasi). Dal momento in cui Internet si è trasformato da un modello che funzionava con gli abbonamenti ad un ventaglio di servizi gratuiti che include posta elettronica, social media, siti di aggregazione e informazione e ricerca, il consumatore ha cessato di essere un cliente pagante e si è trasformato in una preziosa fonte di dati. Un destinatario di pubblicità differenziate in base al contesto, alla posizione geografica e sui contenuti che condivide.

Il punto è che la questione del consenso nello spazio cyber fisico diventa molto complessa e anche quando un utente acconsente alla condivisione dei suoi dati con terze parti, ciò non significa che sta dando il suo assenso rispetto al modo in cui queste terze parti utilizzeranno o condivideranno queste informazioni. La natura della privacy negli ambienti online si complica, anche perché la raccolta dei dati avviene in sistemi che sono sottoposti al controllo di altre persone e aziende. Non a caso, il proposito di mantenere una rete Internet aperta e libera, più volte espresso da Google, si riferisce solamente alla libertà di espressione e all’autonomia dei contenuti rispetto alle regolamentazioni dei governi. Raramente si fa riferimento all’architettura tecnica che determina il modo in cui si scambiano le informazioni e, quando questo avviene, ci si limita a chiamare in causa i diritti di accesso che influenzano il flusso dei contenuti.

Per gli utenti che accedono a internet da società democratiche è difficile prendere coscienza di quanto il diritto di parola digitale sia evanescente ed illusorio. Sono migliaia le persone che vengono arrestate per le affermazioni che in alcuni regimi totalitari esprimono sui propri profili personali. Il tutto sta nel prendere coscienza del fatto che l’integrazione tra mondo fisico e mondo virtuale sta cambiando ciò che significa essere umani e di conseguenza sta cambiando la concezione di cosa siano i diritti umani. Una questione che incide fortemente nel determinare la situazione di rischio attuale per la nostra privacy dipende dal fatto che gli standard che disciplinano l’uso di tecnologie cibernetiche sono realizzati da enti indipendenti e società frammentate che agiscono disgiuntamente e in maniera ridondante.

Più che una rete globale che sostiene la comunicazione e lo scambio di dati, dobbiamo quindi immaginare Internet come una raccolta di reti interconnesse gestite da operatori che stipulano accordi tecnici, economici e politici per scambiare informazioni. Internet non è mai stata solo una rete di comunicazioni ma è anche ed innanzitutto una rete di controllo materiale che influenza le politiche ambientali, il settore medico, la vita di tutti i giorni. Ad oggi, per esempio, i fornitori di servizi sanitari dipendono dall’accesso alla rete, per cui un cyber attacco impedirebbe di avere accesso alle informazioni relative alle visite programmate e a tutte le funzioni connesse.

La crescita e l’affermazione del web hanno assunto nell’immaginario collettivo i contorni di un processo inevitabile, intrinsecamente connesso alla crescita economica e alla libertà. Da piattaforme di comunicazione orizzontale tra utenti, i social media si sono trasformati in strumenti attraverso cui si instaurano nuove relazioni tra persone comuni, istituzioni e imprese, strumenti dove trova sempre più spazio la narrazione degli eventi in forma multimediale e quindi la costruzione della rappresentazione della realtà che ci circonda. Internet si è intrufolato nel mondo fisico migliorandoci la vita ma spesso utilizza metodi che minacciano la nostra sicurezza e la nostra incolumità personale, tanto che in un prossimo futuro non è per niente scontato immaginare che la privacy individuale continuerà ancora a esistere in modo ancora così rilevante e significativo.

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