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Splash & Go, cioè l’arte della “puciatina” nei laghetti di montagna

Guida. Alla fine di una salita può scattare il desiderio di un bagnetto ristoratore. Ma non è una cosa facile da compiersi: ci sono delle regole da rispettare per evitare brutte sorprese

Lettura 3 min.
Lago di Coca (2108m) a pochi minuti dal rifugio Merelli al Coca lungo il sentiero delle Orobie

Bisogna sempre cercare il lato positivo delle cose – ricorda un saggio detto popolare. Ed è così che la drammatica questione del surriscaldamento del pianeta ha stuzzicato il mio animo esploratore portandomi alla seguente conclusione: se la temperatura globale cresce inesorabilmente, di conseguenza anche le acque dei laghi di montagna divengono meno fredde… perciò, qualche anno addietro, ho iniziato ad arricchire le escursioni montane con immersioni d’assaggio.

Immaginate quelle calde giornate di luglio, quando nemmeno l’ombra delle pinete ci risparmia dal sudore. E quando, dopo la faticosa salita, giungiamo finalmente in riva ad un lago dalle limpide acque… ebbene, non vi è mai nato – irrefrenabile – il desiderio di un bagnetto ristoratore? Confesso che le prime volte le sensazioni sono state traumatiche: la semplice immersione dei piedi nelle gelide acque, faceva echeggiare urla mostruose per i monti circostanti… e rifuggivo lestissimo!

Poi ho imparato che, superato lo choc della prima puciatina (questo è il termine che meglio rende l’idea della brevità del bagno), ci si rende conto che entrare in acqua una seconda volta è molto più semplice e persino gradevole. Bagnare tutte le gambe è ora un gioco da ragazzi. Se il freddo è ancora prevalente, fuori un’altra volta, per recuperare calore corporeo. A questo punto sei pronto per il battesimo alpino.

Lentamente prima l’addome (l’ombelico rappresenta già un bel traguardo) poi le spalle, e in un attimo ti ritrovi a fendere le acque con energiche bracciate, mentre i versi che prima assomigliavano a dei lamenti ora lasciano spazio a canti di giubilo. Pochi intensissimi attimi! Il freddo attanaglia presto le membra ed è opportuno ripiegare verso riva prima che il piacere si trasformi in sofferenza. La testa? No, non la immergo quasi mai, troppo arduo e anche pericoloso!

Una piccola salvietta, preparata con cura sulla riva del lago, ci accoglie come il caldo abbraccio di un’amata fanciulla. È importante asciugarsi subito appena usciti dall’acqua, altrimenti le brezze montane moltiplicano la sensazione di freddo sulla nostra pelle, ora divenuta simile a quella del più noto palmipede. Questo mio metodo personale viene definito da alcuni compagni d’avventura troppo masochistico. Costoro prediligono invece il più classico tuffo, decisamente più traumatico (il più accanito sostenitore di questa teoria è il mitico Moròt, poliedrico barzellettiere, compagno di molte escursioni) ma io lo sconsiglio vivamente.

È innegabile che l’emozione e il benessere fisico generale che si provano siano unici. La fatica scompare immediatamente e ci si sente rigenerati ed euforici. E tutti quei dolorini muscolari, da tempo nostri affezionati compagni di gita, improvvisamente svaniscono. Il tempo di recuperare la temperatura corporea e, pervasi da un rinnovato vigore, eccoci pronti per riprendere il viaggio!

Nasce proprio da queste pionieristiche esperienze la nuovissima passione per lo Splash&Go: con alcuni trailer nostrani abbiamo pensato di rendere le escursioni in quota (direi meglio gli allenamenti) più gradevoli e divertenti intervallando i tratti di corsa con le puciatine nei laghi che si incontrano lungo il percorso. Un’asciugata rapida, una strizzatina al costume, e via di nuovo verso un altro laghetto. Non occorre granché, uno zainetto da trail in cui infilare una piccola salvietta in microfibra, un costume di ricambio, alcune barrette energetiche, due borraccette da trail e tanta voglia di avventura! Confesso che, contagiato dai prossimi eventi olimpici, non vedo l’ora di assistere alla prima prova a cinque cerchi di Splash&Go.

P.S.: lungi da me l’intenzione di stuzzicare le fantasie altrui verso queste temerarie prove! In ogni caso alcune dritte è opportuno fornirle, più a scopo preventivo e dissuasorio che propagandistico: tanto per cominciare non bisogna mai fare l’errore più comune e cioè mangiare appena raggiunta la meta (il lago): il danno è presto fatto! Per affrontare i bagni estremi è indispensabile essere a stomaco vuoto e, aggiungo, nemmeno troppo stanchi.

Altro suggerimento fondamentale è quello di essere buoni nuotatori (il crampo muscolare è sempre in agguato ed è molto improbabile trovare qualche anima pia disposta ad entrare in acqua per prestare soccorso); cerchiamo di abituare il fisico alla temperatura rigida attraverso brevi ingressi in acqua e progressivamente più completi prima di lanciarsi in bracciate liberatorie.

Come suggerivo poc’anzi, non è il caso di immergere la testa, lo choc termico potrebbe portare ad un pericolosissimo mancamento. Voglio ricordare a tal proposito l’esperienza del caro amico Egidio alle prese con la famosa competizione Skyrace del Cancervo. La giornata era caldissima, il percorso duro e selettivo. Egidio dopo una prova conclusa spingendo fino all’ultimo metro, pensò bene di cercare ristoro immergendosi, testa compresa, nella fontana della Pianca. Qualche minuto dopo essersi asciugato, mentre era in fila per la meritata porzione di polenta taragna, iniziò a barcollare accasciandosi al suolo. Ci volle una bella mezzora affinché Egidio si riprendesse e riuscisse a rimettersi in coda per la taragna!

È altresì consigliabile effettuare bagni molto brevi, non bisogna rischiare di abbassare troppo la temperatura corporea.

Ricordiamo, a tal proposito, che la temperatura dell’acqua è determinata dalla temperatura esterna (più la giornata è assolata più il sole riscalda le acque), dalla profondità e dalla dimensione del lago (più il bacino è grande e profondo più tempo impiega a riscaldarsi) e, non ultimo, dalla quota a cui si trova il lago. Le puciatine nelle acque al di sotto dei 2000m di quota sono, solitamente, più “abbordabili”.

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