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Tra ville eleganti e storia industriale. La bellezza variegata di Cassano d’Adda

Articolo. Un percorso per scoprire i luoghi, gli edifici e la storia del paese, da meta di villeggiatura dei nobili milanesi a sede di importanti produzioni industriali

Lettura 5 min.
Tramonto sulla Martesana

«Cosa ci sarà mai di bello a Cassano d’Adda?» mi chiedono gli amici, quando comunico i miei programmi per il sabato pomeriggio. Ormai ci ho preso gusto nella ricerca di quel “bello” che sembra tanto difficile da trovare senza andare dall’altra parte del mondo e che invece mi sorprende sempre, nei posti più insospettabili. Cassano mi è sempre sembrato un paese interessante e anche piuttosto vivo, e quindi ho deciso di andare a curiosare tra le sue vie.

Lascio l’auto proprio davanti alle scuole elementari, il cui edificio mi colpisce subito: i muri rossi, gli infissi verdi, e il font della scritta «sezione femminile» sopra alla porta mi fanno pensare che siano state costruite intorno agli anni Trenta, anche se le mie ricerche non hanno confermato l’ipotesi. Quel che è certo è che le scuole sono intitolate a Quintino di Vona, antifascista salernitano che venne fucilato ad Inzago nel 1944.

Cassano, come altri comuni della zona, è stata in passato un luogo ambito per la villeggiatura delle nobili famiglie milanesi, che lungo l’Adda cercavano un po’ di fresco durante l’estate. Le ville sfarzose da queste parti non mancano, e avvicinandomi al centro del paese lungo via Vittorio Veneto incontro presto Villa Borromeo d’Adda. L’edificio settecentesco è privato, ma è possibile comunque ammirarne l’elegante facciata neoclassica, che cela chissà quali meraviglie al suo interno, purtroppo riservate a matrimoni, eventi e a volte riprese televisive. Dalle ringhiere esterne si riesce a sbirciare anche l’enorme giardino, curatissimo e deserto.

Esattamente dal lato opposto della strada, Casa Somaglia ha avuto un destino opposto: realizzata nel Seicento, dopo aver subito diverse modifiche ospita oggi l’Oratorio San Giovanni Bosco e in questo caldo sabato pomeriggio l’elegante cortile interno è animato da gruppetti di bambini e ragazzini di ogni età.

A pochi passi dall’Oratorio non è mi difficile notare l’enorme Chiesa parrocchiale dell’Immacolata e San Zeno. Nonostante parte dell’edificio sia crollato nel 1890 e ricostruito in seguito, sono stati mantenuti la facciata settecentesca e il campanile medievale, mentre all’interno sono conservati un polittico di Fasolo che risale al Cinquecento e un’importante statua della Madonna di Caravaggio del Settecento. Entrando in chiesa mi accorgo di quanto sia effettivamente grande l’edificio e resto per lunghi minuti con il naso all’insù, incantata dal soffitto affrescato dove i dipinti giocano con le luci che filtrano dalle vetrate colorate.

Non c’è però tempo da perdere: Cassano ha ancora molto da svelare, e quindi procedo nella mia esplorazione fino a giungere in Piazza Garibaldi, una piazza singolare perché non ospita edifici particolari ma è una sorta di slargo tra due strade. Pare che fu questo il motivo per cui nel 1938 l’amministrazione fascista dell’epoca decise di porvi quella che ancora oggi è chiamata «Alzabandiera», una sorta di pedana rialzata su cui si avevano luogo le adunate militari, mentre poco distante fu costruita la Fontana del Delfino, sempre nello stile dell’epoca. Ad oggi la piazza rimane molto simile, non fosse per l’aggiunta di alcune panchine e le modifiche alla fontana: il delfino è ora fiancheggiato da due statue che rappresentano rispettivamente il fiume Adda e il canale Muzza, che scorrono entrambi poco più in basso.

Prima di scendere verso le vie d’acqua di Cassano, mi aspettano due deviazioni: la prima è verso la gelateria affacciata su Piazza Garibaldi, dove mi è stato promesso un ottimo gelato. La seconda è oltre il vicino portone, sormontato da un orologio e sui quali pilastri campeggiano i busti di Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Questo portone è infatti l’accesso al cuore di Cassano d’Adda, quello che in dialetto viene definito ruscett . Si tratta di un piccolo villaggio fortificato che abbraccia il Castello, fatto costruire già nel 1328 da Ottone Visconti, per accogliere la popolazione in caso di assedi da parte dei nemici. Il ruscett è un piccolo dedalo di stradine acciottolate, dove nel pieno del pomeriggio risuonano solo i miei passi e il fruscio dei panni stesi al sole dai balconi.

La pace del ruscett viene interrotta nel momento in cui mi affaccio sulla piazza del Castello, dove un’auto d’epoca ha appena scortato una coppia di sposi seguiti da un gruppo nutrito di invitati: a quanto pare anche il Castello Visconteo è una meta ambita per le cerimonie. L’edificio, dopo aver accolto re Carlomanno nell’anno 887, essere stato conteso per tutto il Medioevo, prima tra Guelfi e Ghibellini e poi tra Torriani e Visconti, aver protetto i confini del Granducato Milanese dalla Repubblica di Venezia nel periodo degli Sforza, è oggi infatti un lussuoso hotel, ristorante e sede di eventi.

Pare che all’interno siano conservati degli affreschi di scuola giottesca, ma mi devo accontentare di osservarne le facciate esterne mentre mi riparo dal caldo all’ombra di un gelso. Questo gelso è prezioso e a Cassano è tenuto in grande considerazione: si tratta infatti un albero secolare, l’unico superstite di qualche migliaio di altri esemplari che fino al 1915 erano una risorsa economica fondamentale per il paese, dato che una parte del Castello Visconteo era adibita a setificio.

Dopo questa piccola pausa all’ombra è giunto il momento di scendere lungo il canale Muzza, su cui il lato retrostante del castello si erge molto più maestoso e inespugnabile di quanto non lo sia sulla piazza. Vorrei attraversare il ponte che sovrastando il canale porta all’isola Borromea, ma a questo punto la pigrizia e il caldo hanno la meglio e proseguo quindi ancora per pochi metri fino ad arrivare a un luogo che so essere perfetto per la pausa che mi serve: il Dopolavoro.

Di questo posto adoro lo stile razionalista molto particolare, che ricorda una nave: fu infatti edificato tra il 1939 e il 1940 su idea del Senatore Borletti, all’epoca Presidente del vicino Linificio Canapificio Nazionale. La canapa veniva utilizzata principalmente per produrre corde utilizzate nell’industria navale, e il richiamo è ben chiaro nella forma dell’edificio, nelle decorazioni intorno alle finestre laterali e nella “prua” di mattoni rossi. All’epoca, il Dopolavoro forniva ai dipendenti del Linificio una serie di servizi, quali bar, biblioteca, un piccolo teatro, docce e bagni, mentre oggi lo trovo personalmente un ottimo posto per bere una birra fresca o cenare con un hamburger davanti al canale Muzza o sulla terrazza, a patto di non dimenticare il repellente per le zanzare.

Dopo l’aperitivo, la lunga serata estiva mi concede ancora qualche momento di luce che dedico al Linificio Canapificio, chiuso e abbandonato dal 1995 dopo essere stato a lungo uno dei più grandi in Europa. La storia industriale di Cassano, già ai miei occhi molto affascinante, lo diventa ancora di più davanti agli edifici sbarrati e ricoperti di graffiti, che oltrepasso per avvicinarmi alla centrale idroelettrica che alimentava l’azienda, la Centrale Rusca.

Ho la fortuna di imbattermi in una persona molto gentile, che vedendomi sbirciare incuriosita tra le ringhiere del Linificio mi racconta delle diverse proposte di riqualificazione del luogo che si sono susseguite negli ultimi anni. Lui stesso abita nelle case operaie che erano state costruite a beneficio dei dipendenti del Linificio Canapificio.

I raggi del sole si fanno sempre più bassi ed orizzontali, mentre risalgo verso il cimitero. Dalla salita, mi volto un’ultima volta per guardare gli edifici del Linificio sprofondati in mezzo al verde rigoglioso che si sta riprendendo il suo spazio.

Mi affretto per tornare verso il campo sportivo, dove si tiene una delle numerose sagre che affollano le estati lombarde, ultima meta della mia giornata. Ho macinato un bel po’ di chilometri: Cassano è molto più estesa di quanto immaginassi, e ancora non ho visto tutto. Dalle sponde del canale Muzza ho solo intravisto la torre di Villa Maggi Ponti, mentre mi sono sicuramente persa il lato migliore di Villa Gabbioneta, senza contare tutte le altre ville splendide sparse per il paese e la piccola Chiesa di San Dionigi, di cui sono venuta a conoscenza troppo tardi.

Gli ultimi istanti di un tramonto arancio si riflettono sul Canale della Martesana, dandomi nuovi idee per prossime esplorazioni: proseguendo da questo lato si incontra Groppello d’Adda, dove si trovano una grande ruota idraulica che pare essere stata progettata nientemeno che da Leonardo da Vinci in persona, e il Palazzo Arcivscovile, che dall’anno Mille fino all’inizio del XX secolo fu sede di villeggiatura dei vescovi della seconda diocesi più importante del mondo, dopo Roma: quella ambrosiana. Insomma, questo piccolissimo angolino di mondo ha una concentrazione tanto alta di luoghi interessanti da chiedermi quanti ce ne siano ancora di cui ignoro l’esistenza, così vicini a casa.

(Tutte le foto sono di Lisa Egman)

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