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Un salto sul Misma: 10 km di bellezze naturali e culturali

Articolo. Da Pradalunga le pietre coti, i castagni, la chiesa di S. Maria Assunta, l’omonimo dipinto del Moroni. E nelle giornate più terse il Monte Rosa, il Monviso, la pianura e gli Appennini

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In vetta al Misma

I l monte Misma è il primo rilievo a porgere il benvenuto a chi, dalla pianura, si reca in Valle Seriana . La vicinanza alla città la rende una montagna molto frequentata dagli escursionisti in tutti i periodi dell’anno, anche nelle giornate uggiose o nevose. Visibile da quasi tutta la provincia, è un monte facilmente riconoscibile perché interamente ricoperto di boschi, tranne sulla sommità che risulta “pelata”. Nella stagione invernale la cima diviene ancor più evidente quando è imbiancata di neve e r appresenta un attendibile bollettino nivometrico in tempo reale!

Decidiamo di partire dal santuario della Forcella (o Madonna della Neve), frequentatissimo luogo di pellegrinaggio e devozione, posto su un panoramico terrazzo naturale a 626m di quota sopra l’abitato di Pradalunga.

Dal parcheggio del Santuario seguiamo la strada asfaltata che, dopo circa 800 metri, raggiunge la località la Sbardelada (si può posteggiare anche qui). È questa una vasta area circondata da roére, le discariche delle numerose cave di pietra cote presenti nella zona. Le pietre coti, dalla strana e particolare forma affusolata, erano molto usate per l’affilatura degli arnesi da taglio. Solo da qualche decennio l’attività estrattiva, praticata sin dall’antichità, è cessata. Nembro e Pradalunga sono stati per secoli territori di produzione e di commercializzazione delle coti, che hanno dato il nome alla località, preda longa, cioè pietra allungata.

Documenti storici testimoniano che già nel 1248 le pietre coti di Pradalunga si esportavano in Europa del Nord, a ttraverso Bellinzona e Trento e, via Genova, nei paesi oltremare. La sua fama ha varcato anche i confini degli oceani grazie ai nostri emigranti che si portavano appresso il prezioso arnese custodito nel cudèr. L’affilatura realizzata con la pietra cote di Pradalunga è particolarmente efficace perché molto delicata e omogenea, non invasiva né aggressiva per il metallo e assicura alla lama una longevità senza pari. Nell’Ottocento, più di mille persone trovavano occupazione in zona nelle attività di lavorazione delle pietre: non solo gli uomini addetti all’escavazione, al trasporto, alla cernita ed al taglio, ma anche donne e bambini che prestavano la loro opera nella levigazione, sovente effettuata in ambito domestico.

Proseguiamo lungo la strada che ora diviene sterrata e piuttosto ripida fino alla località Pratadòlt (777 m), uno slargo prativo posto su una sella dove spiccano imponenti castagni secolari. La coltivazione delle castagne, rinomate per dimensioni e qualità, costituiva un’altra importante attività per gli abitanti della zona. Tutt’oggi numerosi cartelli suggeriscono severamente di astenersi dalla raccolta del prezioso frutto autunnale. Ci aggiriamo tra i prati e i castagni di questa amena località dove risalta anche il casolare la Pratolina, una bella costruzione di origine seicentesca utilizzata come dimora dai cavatori di pietre. Oggi, grazie alla ristrutturazione ad opera del GAF (Gruppo Alpinistico Forcella di Pradalunga), funge da punto di ristoro estivo (informarsi sugli orari di apertura).

Continuiamo lungo la strada sterrata che, con percorso più agevole, termina nei pressi di una radura con una bella cascina e un capanno di caccia molto curato. Ci troviamo ad un bivio ben segnalato da cartelli indicatori. Il sentiero CAI n° 539 sale diretto verso la cima del Misma, noi invece scegliamo di proseguire in piano sul sentiero che, in pochi minuti, conduce al Ruculù (789m), antico roccolo per l’uccellagione che conserva ancora la tipica struttura di muratura e legno. Siamo poco sopra l’oasi faunistica del WWF di Valpredina (da qui raggiungibile a piedi). Ci troviamo ad un crocevia di ben 5 sentieri. Proseguiamo sul percorso più logico e pianeggiante (sentiero CAI n° 513) camminando in un fitto bosco di castagni e carpini.

Le foglie cadute al suolo creano un soffice tappeto in cui i nostri piedi si divertono ad affondare creando un simpaticissimo fruscio. Con una godibile successione di salitelle e discesine in dieci minuti sbuchiamo in una radura dove appare, radiosa, la chiesa di S. Maria Assunta (824m). La chiesa è una delle più antiche della diocesi di Bergamo e risale al XI secolo. Sorprende che ancor oggi l’accesso avvenga solo per sentieri ma questo ha preservato la zona da un’eccessiva antropizzazione conferendo all’ambiente un’atmosfera quasi ascetica. Suggestivo esempio di architettura romanica, la chiesetta, affiancata da un piccolo campanile, è costituita da un unico ambiente rettangolare, sobrio e lineare, scandito da tre arcate, chiuso nella zona absidale da tre semplici nicchie. Al suo esterno ha un porticato, costruito sulla facciata laterale e non su quella principale, offrendo spazio alla contemplazione non solo spirituale, ma anche paesaggistica, con la vista che si apre sulla vallata di Cenate e sulla pianura. La struttura attuale risale al 1511. Curiosa la storia del prezioso dipinto di S. Maria Assunta, opera di Giovan Battista Moroni, un tempo presente all’interno. Nei secoli il quadro fu oggetto di numerosi tentativi di furto, anche ad opera delle guardie napoleoniche. Per questo il dipinto venne nascosto nelle dimore degli abitanti del borgo di Cenate, fino ad essere definitivamente traslato nella chiesa parrocchiale di Cenate San Leone, dove è tutt’ora conservato. Attigui alla chiesa sono presenti due edifici adibiti a foresteria di proprietà della parrocchia di Cenate. Una sosta contemplativa è d’obbligo.

Riprendiamo il cammino sempre seguendo il sentiero CAI n° 513 che abbandoniamo poche decine di metri oltre la chiesa per imboccare un’evidente deviazione sulla sinistra. Ci troviamo sul sentiero CAI n°601 che, seguendo il crinale est immerso nel bosco, punta diretto alla cima del Misma. Il primo tratto della dorsale, quasi pianeggiante, lambisce alcuni capanni di caccia e un paio di casette letteralmente aggrappate al pendio. Subito dopo il sentiero diviene più ripido e in poche decine di minuti sbuchiamo sui prati sommitali accompagnati, di tanto in tanto, dall’inconfondibile suono della campana di vetta. Appare, poco lontano, la grande croce metallica posta sulla cima. Quattro balzi e siamo in cima …. e, come un bimbo curioso, non resisto alla tentazione di suonare un rintocco di campana! Il panorama è grandioso. Nonostante la quota relativamente bassa (1161m), la vista spazia a 360°. Nelle giornate più terse il Monte Rosa e il Monviso sono protagonisti a Ovest, la pianura e gli Appennini incantano guardando verso Sud, e, se ci giriamo di spalle, si riescono a distinguere quasi tutte le cime delle Orobie. Un vero spettacolo!

Dalla croce, anziché rientrare seguendo il sentiero classico che riconduce alla Pratolina , consiglio di proseguire lungo la dorsale in direzione Nord-Ovest. Non è un percorso segnalato ma la traccia è molto evidente e si mantiene sempre lungo il crinale. La discesa ben presto abbandona i prati per rientrare nel bosco. È interrotta soltanto da una brevissima risalita che conduce alla croce S. Antonio , posta su un cocuzzolo a guardia della Valle del Lujo .

La discesa riprende piuttosto ripida fino ai prati in corrispondenza della Stalla di Cura . Interessante esempio di costruzione rurale, la stalla, purtroppo, versa in uno stato di incuria al punto che la vegetazione sta invadendo i muri. Imbocchiamo il sentiero pianeggiante che passa davanti alla stalla. Appena rientrati nel bosco ignoriamo una biforcazione che risale a sinistra e procediamo in leggera discesa lungo un tracciato molto divertente che invita alla corsa. In breve siamo in prossimità di alcune cascine amabilmente curate che sfoggiano alcuni castagni secolari di rara bellezza. Serpeggiando tra le radure prative, il sentiero ci conduce rapidamente in corrispondenza del posteggio in località Sbardelada. Ripercorriamo a ritroso la strada asfaltata e, in dieci minuti, siamo nuovamente al Santuario della Forcella.

P.S. Il Misma rappresenta una facile meta per escursioni di mezza giornata, per bellissimi giri ad anello in MTB o per allenanti uscite di corsa in tutte le stagioni. L’itinerario appena descritto è lungo 10km circa ed ha un dislivello di 600m. Richiede circa due ore e mezza/tre di cammino.

P.P.S. Merita una visita il museo delle pietre Coti di Nembro , preziosa testimonianza storica e culturale dell’intraprendenza e dell’operosità delle popolazioni locali.

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