Chi vol, odì del nost Signior
Una serata per assistere alla rappresentazione della lauda trecentesca conservata nella Civica Biblioteca Angelo Maj, una delle prime testimonianze dell'uso letterario e poetico del dialetto bergamasco, elaborata come testo drammatico per la Passione.
"Chi vol, odì del nost Signior" è una lauda trecentesca di tipo epico-drammatico, conservata nella Civica Biblioteca Angelo Maj, in una copia della fine del XV sec. È una delle prime testimonianze dell’uso letterario e poetico del dialetto bergamasco e venne quasi sicuramente elaborata, seguendo una tradizione diffusasi in Italia tra Due e Trecento, come testo drammatico della sacra rappresentazione della Passione di Cristo.
Impossibile, ascoltandola, non fare un parallelo con la più famosa e conosciuta lauda di Jacopone da Todi “Donna de Paradiso”, nata esattamente nello stesso periodo, ma non certo qui a Bergamo o in terra lombarda.
“Chi vol, odì del nost Signior” è dunque un vero e proprio monumento della cultura della nostra terra e fu scritta, senza alcun dubbio, per la Confraternita dei Disciplini o Flagellanti che aveva sede nella Chiesa di Santa Maria Maddalena, nel Borgo di Sant’Alessandro in Colonna.
Si parte dal tradimento di Giuda nell’ultima cena per arrivare al supplizio della croce, passando per l’arresto, la presentazione ad Anna e Caifa, la flagellazione, l’interrogatorio di Pilato ed Erode, l’abbandono di Gesù nelle mani dei suoi nemici, i tormenti dell’agonia. Segue il Pianto della Madre, cui risponde il Figlio morente. Riprende infine il lamento di Maria per Cristo morto, seguito dal racconto della deposizione, della sepoltura, della resurrezione, dell’incontro del risorto con Maddalena.
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