È una mappa che a guardarla bene sembra proprio disegnare i contorni di un fiore stilizzato. Germina dalla stazione dei treni, il gambo si allunga verso il liceo artistico «Giacomo e Pio Manzù» e da qui l’itinerario disegna una corolla che abbraccia il centro città. Il percorso è punteggiato da una serie di “luoghi della memoria”: palazzi, scuole, piazze, vie. Sono spazi urbani che portano segni della nostra storia, a volte evidenti e altre meno, raccontano il fascismo repubblichino, l’occupazione tedesca, la Resistenza, quel complicato periodo di venti mesi tra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la Liberazione del 25 aprile 1945. A Bergamo i tedeschi occuparono la città già dal 10 settembre, con la complicità dei fascisti.
Mario Pelliccioli, che è l’autore di questo prezioso gioiellino di carta, ne individua diciotto e traccia un percorso che è andato formandosi attraverso l’esperienza delle “passeggiate” di accompagnamento di classi e gruppi di studenti e studentesse. Dalla stazione dei treni a via Pignolo. Sono luoghi da interrogare –scrive – perché in alcuni casi questi restano silenziosi, non parlano del passato che li ha coinvolti, non portano segni che ne raccontino la storia, che promuovano un esercizio costante della memoria.
Qualcosa di fondamentale poiché la memoria è un processo sempre vivo, attivo, che non dovrebbe mai essere semplicemente rievocativo o cerimoniale: si tratta sempre di un farsi nel tempo, non esiste memoria che possa non considerare un presente dal quale viene esercitata. È come un muscolo: conoscere il passato, e riconoscerlo anche negli spazi della nostra città, è uno strumento efficace per tenerlo allenato. E per rinnovare quotidianamente la consapevolezza che antifascismo e democrazia sono inseparabili: l’assenza dell’uno è la negazione dell’altra.
E allora il cammino diventa anche la metafora perfetta per spiegare la memoria, «quasi come se ogni passo corrispondesse a un frammento di democrazia acquisito o ancora da conquistare» scrive Pelliccioli. A partire dalla stazione, dove una lapida apposta nel 2005 ricorda la deportazione nel campo di concentramento di Mauthausen di 865 lavoratori che nella primavera del 1944 scioperarono per bloccare la produzione bellica nazifascista. Un evento che da una parte restituisce la complessità del fenomeno delle deportazioni – che ha riguardato gli ebrei ma anche lavoratori scioperanti, antifascisti, omosessuali, dissidenti, sinti, rom – e dall’altra la corresponsabilità totale dei fascisti italiani.
Si procede poi verso alcuni istituti scolastici particolarmente rappresentativi di una parte di questa storia. Il Vittorio Emanuele, dove insegnò Ernesto Rossi, economista e co-autore del «Manifesto di Ventotene» insieme ad Altiero Spinelli, che a Bergamo anima la formazione antifascista di «Giustizia e Libertà» e con il suo lavoro politico contribuisce a sviluppare l’antifascismo in città, pur tra mille difficoltà. Il Lussana, sede delle organizzazioni giovanili del fascismo e dal 1943 occupato dalla Guardia Nazionale Repubblicana per organizzare attività antipartigiane. Il Liceo Artistico di via Tasso, dove prima si trovavano gli uffici del Tribunale Speciale, istituito con le “leggi fascistissime” che soppressero ogni libertà: di stampa, associazione, sciopero, dissenso.
Si passa poi per piazze e altri palazzi, e se ne racconta la storia anche per tematizzare alcuni aspetti organici al fascismo: il controllo della scuola e dell’istruzione, la propaganda, la repressione del dissenso, la persecuzione dei dissidenti con incarcerazioni, torture, esecuzioni. Pelliccioli inserisce poi degli inviti all’approfondimento, “consigli di lettura” che sono in gran parte lavori molto recenti, freschi, forieri di nuove prospettive e riflessioni.
Così la Prefettura, la biblioteca Caversazzi, piazza Vittorio Veneto e la Torre dei Caduti, la sede del Credito Bergamasco, il Palazzo della Libertà, il Palazzo del Comune, la sede universitaria di via Pignolo, la caserma Montelungo, il Monastero domenicano “Matris Domini”, tornano a parlare: raccontano la loro storia e le storie emblematiche di alcuni cittadini. C’è Antonio Locatelli, naturalmente, l’aviatore che nonostante si sia perfino macchiato di crimini di guerra in Etiopa, tutt’oggi è ampiamente celebrato nella dimensione pubblica della città: a lui è dedicato un monumento, un affresco, un busto, una fontana, un giardino pubblico, un’aula magna, innumerevoli vie in città e in provincia. In questo senso, abbiamo avuto modo di accennare a come, anche nella nostra città, sopravvivano tracce che, tra indifferenza e inconsapevolezza, continuano a celebrare il fascismo, i suoi crimini, i suoi criminali.
Ci sono poi nomi come Aldo Ghezzi – a cui è dedicata una pietra di inciampo – Arturo Turani, Ferruccio Dell’Orto. Due luoghi in via Pignolo li ricordano, in rappresentanza di molti altri ragazzi e ragazze, tutti giovanissimi. Sono storie spesso drammatiche, tuttavia capaci di emanare una potenza travolgente, di restituire un’immagine esemplare e vibrante di umanità, coraggio, civismo. Sono questi i bergamaschi da celebrare, a cui dedicare vie, busti, monumenti: qualsiasi cosa ci aiuti a conservarne la memoria.