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Un giro per il Canto, il monte orfano di Bergamo

Racconto. Il monte Canto, a pochi passi da Bergamo, è un’ottima meta escursionistica con sentieri che offrono viste mozzafiato, storia locale e natura. L’escursione tocca luoghi come la casa natale di Papa Giovanni XXIII, l’abbazia di Sant’Egidio e il borgo disabitato del Canto

Lettura 6 min.
Verso S. Egidio in Fontanella

Il monte Canto rappresenta un’interessante meta escursionistica a due passi dalla città, facile e affascinante. Più volte mi sono dilettato sui suoi sentieri, a piedi, di corsa e in mtb ma sempre concentrandomi sulla sua parte centro-orientale, quella più prossima a Bergamo. Oggi scegliamo di andare a curiosare il lembo più occidentale, quello proiettato verso l’Adda, storica terra di confine tra la Serenissima e il ducato di Milano.

È una piccola altura, estrema propaggine meridionale delle Prealpi Orobie e costituisce il lato settentrionale dell’«Isola Bergamasca», quel triangolo di territorio compreso tra l’Adda ed il Brembo. È anche uno dei tre monti orfani lombardi. I monti orfani sono rilievi collinari che sorgono isolati nella pianura ma che strizzano l’occhio ai contrafforti prealpini posti alle loro spalle. In Lombardia ne troviamo altri due: uno in Franciacorta, presso Rovato, e l’altro a Tavernerio, vicino a Como.

Canto è un appellativo molto diffuso in bergamasca (Canti, Canto Alto, Cantello, Cantul, Canton…) e la sua origine troverebbe due spiegazioni: dalla voce ibero-ligure cant, monte, oppure dal tardo latino canthus, angolo dell’occhio, e per traslato, angolo estremo o estremo pezzo di terra.

Ci rechiamo a Sotto il Monte e lasciamo l’auto in uno dei numerosi posteggi (quelli più prossimi al Santuario sono a pagamento). Percorriamo via IV novembre e, al suo termine svoltiamo a sinistra per via Brusicco. Qui è doverosa una deviazione a visitare la casa natale di Santo Papa Giovanni XXIII. In un attimo siamo proiettati nel mondo rurale, povero ed essenziale, che ha contraddistinto gli anni della fanciullezza del futuro Papa. Subito mi sovvengono le parole di Giovanni da Lezze (1596) che, relativamente a questi territori affermava: «Qui non sono trafichi né mercantie, le persone sono poveri lavoradori da terre et bracenti, quali non raccogliono a pena grani per il loro vivere; et questi non hanno alcun privileggio ma sottoposti a tutte le gravezze et a datii di qualunque sorte col piano». Tre secoli più tardi le condizioni di vita erano le stesse.

La casa natale di Papa Giovanni XXIII
La casa natale di Papa Giovanni XXIII
La campagna di Sotto il Monte
La campagna di Sotto il Monte
Attraverso le contrade di Sotto il Monte
Attraverso le contrade di Sotto il Monte

Per esplorare il lato sud occidentale del monte Canto esistono due possibili itinerari:

  1. seguire il sentiero CAI JXXIII fino alla località Mulini (Villa d’Adda), ben segnalato ma escursionisticamente poco interessante perché in questo tratto si attraversano centri abitati moderni e una zona industriale;
  2. raggiungere la medesima località attraverso i sentieri pedecollinari, alla scoperta delle contrade rurali con scorci decisamente più avvincenti. Suggerisco la seconda opzione anche se leggermente più lunga.

Dalla casa natale di Papa Giovanni imbocchiamo via Baradello che si addentra repentina nelle campagne prossime al paese e, successivamente, seguiamo via Corna. Si iniziano ad incontrare alcune vecchie cascine che abbelliscono il paesaggio grazie a sapienti opere di ristrutturazione. Respiriamo un’atmosfera placida e armoniosa, il tempo pare scorrere lento. Deviamo per via Zandona, prossima alla Madonna delle Caneve, santuario di origini trecentesche tanto caro a Papa Roncalli.

Contrada Zandona
Contrada Zandona
Contrada Roncarro
Contrada Roncarro
Contrada Mulini
Contrada Mulini

Via Zandona conduce all’omonima contrada (330m), altra chicca campagnola circondata da ordinatissimi vigneti. Passiamo attraverso le case per una viuzza privata ma aperta al transito pedonale e scendiamo ad intercettare via Solti. Risaliamo questa via che, ben presto, diviene una stradella. Dopo un tornante raggiungiamo la contrada Roncarro (350m), anch’essa meritevole di una sbirciatina. Siamo entrati in territorio di Carvico. Da tutte queste contrade si dipartono diversi sentieri diretti al monte Canto, tutti segnalati, ma noi ci manteniamo a questa quota intermedia ancora per un po’. Alle spalle delle case di Roncarro prendiamo il sentiero che procede pianeggiante in direzione Ovest. Dopo un breve saliscendi ci ritroviamo presso la contrada Mulini (375m), con alcuni ruderi e solo in parte recuperata. Qui ci congiungiamo al sentiero CAI JXXIII che, attraverso prati e vigneti, transita sotto Cascina Rigurida (400m). Stiamo entrando nel territorio di Villa d’Adda. Deviamo a destra per salire alla grande cascina sede dell’omonima azienda agricola. Nei pressi dell’ingresso incontriamo Nicola, il titolare, con il quale ci intratteniamo in una piacevole chiacchierata. Nicola rivela una cordialità genuina e contagiosa e in un attimo ci ritroviamo all’interno per una visita alla struttura: una grande terrazza con magnifica vista sulla pianura, il casale di pietra locale mirabilmente ristrutturato e poi l’interno dove sono apparecchiati alcuni tavoli per la cena.

Verso cascina Rigurida
Verso cascina Rigurida
Cascina Rigurida
Cascina Rigurida
Il capanno sopra cascina Rigurida
Il capanno sopra cascina Rigurida

Nicola ci spiega: «Nei finesettimana facciamo ristorazione servendo i prodotti della nostra azienda: carni, salumi e vini insieme ad altri prodotti di aziende agricole della zona. Il nome Rigurida deriva dal bergamasco rigoi, i terrazzamenti del terreno. È un complesso di origini romaniche, probabilmente era un fortilizio con una torre di guardia costruito in posizione strategica per controllare la valle dell’Adda, Carvico e Calusco. Successivamente il fortino è stato trasformato in costruzione per uso agricolo. La Rigurida viene menzionata già in documenti del XV secolo». Nicola sottolinea il fatto che la cascina un tempo non aveva acqua corrente così veniva trasportata a piedi dalla fontana con il bàsol. «Nel 1978 mio padre Simone, in un momento di lucida follia, ha acquistato la cascina, ormai abbandonata da anni e ricoperta di rovi. Con pazienza e dedizione ha sistemato la casa e ripiantumato i terrazzamenti, compreso il vecchio vigneto. Dal 2014, con mia moglie, abbiamo iniziato l’attività agrituristica». È primo pomeriggio, troppo presto per sederci a tavola. Salutiamo Nicola con la promessa di fare ritorno per provare la cucina della cascina Rigurida!

Il nostro prossimo obiettivo è la chiesetta della Madonna di Tassodine. Prima di congedarci chiedo a Nicola il perché di quel nome e lui: «Tassodine? È per via dei tassi, qui è pieno. Tra l’altro i tassi sono ghiotti d’uva e arrivano a mangiarmi i grappoli più bassi!». Per raggiungere la chiesa potremmo scendere di pochi metri ed imboccare la strada (via per Tassodine-segnavia CAI n°891), ma Nicola ci suggerisce un sentiero per escursionisti “allenati” a cui non possiamo sottrarci. Così eccoci proseguire sul crinale che da cascina Rigurida sale erto in direzione Nordest. Cento metri di dislivello, brevi ma intensi per arrivare a un capanno di caccia posto su una collinetta panoramica (522m). Da qui teniamo la sinistra e con percorso leggermente ondulato giungiamo presso la chiesa (un fortunale dello scorso anno ha divelto numerosi alberi obbligandoci ad alcuni sottopassi e scavalcamenti imprevisti). Circondata da splendidi vigneti appare la Madonna di Tassodine (525m). Questi vigneti sono stati per secoli produttori d’ottimo vino per il patriziato veneto e l’aristocrazia milanese. Ancor oggi il pinot nero di Tassodine gode di eccellenti riconoscimenti a livello nazionale.

Colpo d’occhio su Villa d’Adda
Colpo d’occhio su Villa d’Adda
Località Tassodine
Località Tassodine
La Madonna di Tassodine
La Madonna di Tassodine

Il Santuario della Beata Vergine di Tassodine ha origini quattrocentesche ed è stato oggetto di rifacimenti e ampliamenti nel XVIII e nel XIX secolo. Faceva parte di un piccolo borgo contadino risalente al 1249 che vantava una torre d’avvistamento romanica. Del borgo antico e della torre non rimane più nulla. Sul fianco della chiesa, a protezione del pendio, si notano alcuni massi ciclopici di arenaria locale che facevano parte della torre. Nei dintorni sono stati rinvenuti reperti storici come un camino con disegnato il Sole delle Alpi e alcuni sassi con incise delle croci celtiche. Nell’Ottocento la chiesetta, da cappella privata diviene un santuario pubblico, patrono dei bachicoltori. Per due secoli le famiglie di contadini portavano qui i bachi da seta appena nati per farli benedire, nella speranza di ottenere una produzione abbondante. Da allora la chiesetta ha acquisito anche il nome di «Madonna della Seta».

Riprendiamo il cammino alla volta dell’azienda agricola Tassodine. Oltrepassata l’azienda si imbocca il sentiero che conduce, senza sforzi, ad una selletta (570m) posta sullo spartiacque con la val San Martino. Siamo sul sentiero CAI n° 891 che seguiamo verso destra. Il crinale boscoso di tanto in tanto regala qualche spiraglio panoramico. Raggiungiamo così il Crocione (682m) una grande croce di metallo costruita sulla sommità di uno dei colli più alti del monte Canto. Fino a pochi anni fa da qui si godeva di splendide vedute su Prealpi e pianura mentre oggi la vegetazione ha ricoperto interamente la collina arrivando a stringere d’assedio persino la croce. Dal Crocione scendiamo alcune decine di metri per poi riprendere a salire lungo la dorsale e raggiungere la vera cima del monte Canto (700m). La sommità è segnalata da una piccola croce di legno con cassettina contenente il libro di vetta, come sulle le cime più nobili e prestigiose.

Tra i ruderi del Canto
Tra i ruderi del Canto
La chiesetta di Santa Barbara
La chiesetta di Santa Barbara
I monti di Lecco da S. Barbara
I monti di Lecco da S. Barbara

Manteniamo a guidarci il sentiero n° 891 che scende fino a raggiungere i ruderi del borgo del Canto (630m). Fino agli anni ’50 qui vivevano una sessantina di persone mentre oggi è completamente disabitato e cadente. Per questioni di sicurezza sono state predisposte alcune recinzioni che impediscono l’accesso alle rovine ma i prati d’intorno ben si prestano a picnic e relax. Il Canto viene citato come comune autonomo nel 1353, ma la sua origine potrebbe risalire all’epoca della fondazione dei vicini monasteri benedettini di Pontida (1076) e Fontanella (1080). Solo nel 1500 venne edificata la piccola chiesa di Santa Barbara che raggiungiamo per godere dei bei panorami sulle montagne di Lecco. L’ultimo abitante del borgo è stato il “ol Paolì del Cat” morto nel 2001, a 87 anni, splendido esempio di resilienza e attaccamento al territorio.

Dal Canto potremmo scendere direttamente a Sotto il Monte per la strada sterrata ma decidiamo di prolungare il giro per andare a curiosare uno dei gioielli romanici più belli della nostra provincia: l’abbazia di Sant’Egidio in Fontanella.

Verso S. Egidio in Fontanella
Verso S. Egidio in Fontanella
Dettagli architettonici dell’abbazia di S. Egidio
Dettagli architettonici dell’abbazia di S. Egidio
Interno di S. Egidio in Fontanella
Interno di S. Egidio in Fontanella

Riprendiamo il sentiero n° 891 che, seguendo una strada con fondo selciato, ci conduce agevolmente alla località Caprile e, poco oltre, all’abbazia di S. Egidio in Fontanella (450m). Avvicinandosi all’abbazia l’emozione cresce a dismisura. Non mi soffermo in dettagli storici, dico soltanto che la chiesa è aperta dall’alba al tramonto (basta spingere la porta d’ingresso) ed è meraviglioso immergersi in quest’esperienza contemplativa.

Da Sant’Egidio ci portiamo al cimitero di Fontanella (dove si trova la tomba di padre David Maria Turoldo) per imboccare il sentiero CAI n° 893 che, con percorso molto scorrevole a mezza quota nel bosco, guida alla panoramicissima torre di San Giovanni (385m), posta sul colle che domina il paese.

Una splendida scalinata ci porta alla casa Museo di Cà Maitino e da lì al cuore di Sotto il Monte.

P.S. l’escursione qui descritta è lunga 14km con circa 800m di dislivello positivo. I sentieri del Canto, generalmente scorrevoli e ben segnalati, a causa del fondo argilloso in caso di pioggia possono diventare autentiche piste di pattinaggio. In tale evenienza consiglio di portare un paio di bastoncini. Il monte Canto possiede una fittissima rete di sentieri ufficiali e non, onde evitare erronee deviazioni consiglio l’utilizzo di un’app escursionistica.

Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli, salvo dove diversamente segnalato.

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