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Qual è l’età giusta per fare un figlio? Quella che noi donne “possiamo permetterci”

Articolo. Bisogna essere indipendenti economicamente e impegnate in una relazione stabile, ma anche “giovani”, qualsiasi cosa giovane significhi. Peccato che le due cose, al momento, per noi donne non siano tanto facilmente conciliabili e così il rischio di essere etichettate come “primipare attempate” è dietro l’angolo

Lettura 4 min.

Qual è l’età giusta per fare un figlio? Se facciamo questa domanda a Google la prima risposta che compare è quella del Ministero della Salute: «La fertilità della donna risulta massima tra i 20 e i 30 anni, subisce poi un primo calo significativo, anche se graduale, già intorno ai 32 anni e un secondo più rapido declino dopo i 37 anni, fino ad essere prossima allo zero negli anni che precedono la menopausa, che in genere si verifica intorno ai 50 anni».

Sorrido pensando di avere fatto entrambi i miei figli quando già le mie capacità riproduttive erano perigliosamente diminuite: a 33 anni, dopo «il primo calo significativo», e poi a 38, già incamminata nel mio «più rapido declino». Il testo prosegue così: «L’ingresso nella fase di subfertilità o infertilità avviene in genere intorno ai 40 anni, ma in alcuni casi può essere anche più precoce». A me, che ho appena passato questo giro di boa, verrebbe voglia di fare il terzo solo per dire «Pappappero» – sì, con l’età si diventa più maturi – agli esperti del Ministero.

Spose bambine e primipare attempate

Cosa dimostra la mia esperienza personale? Un bel niente, come dovremmo abituarci a rispondere ogni qualvolta a dati medici o statistici qualcuno contrappone casi personali. Che una donna di vent’anni sia più fertile di una di quaranta è una banale verità. Eppure, il contesto storico e culturale è altrettanto importante delle considerazioni mediche nello stabilire «l’età giusta» per fare un figlio. Altrimenti non si capirebbe perché la stessa ventenne, che oggi ci sembra giovanissima, nel Medioevo era già vecchia, ed era abituale che le ragazze prendessero marito appena raggiunta la pubertà: a 12, 13, 14 anni. Così come adesso è normalissimo sposarsi dopo i 30.

Anche il linguaggio scientifico non è mai “neutro”. Mia suocera ebbe mio marito a 30 anni, ed essere definita «primipara attempata» sulla cartella clinica la dissuase dal ripetere l’esperienza, sentendosi già una madre troppo vecchia. Ora con il termine «primipara attempata» non si intende più chi fa il primo figlio dopo i 30, ma dopo i 35. Nei prossimi anni la definizione di primipara attempata – che sarà formalmente corretta, ma ditemi voi se non suona un tantino offensiva – sarà probabilmente riferita alle madri che hanno superato i 40. Escludendo che dagli anni ’80 a oggi sia cambiato qualcosa nella riserva ovarica delle italiane, è evidente che si tratti di un cambio più culturale che dovuto a ragioni mediche.

Ma quindi “è giusto” che una donna faccia figli a 40 anni? Non si può dare una risposta intelligente a una domanda cretina. Se è vero che l’età in cui si fanno figli dipende da tanti fattori e che siamo tutti influenzati dal contesto in cui viviamo, è anche vero che – ora che la maternità non è più un fatto ineluttabile della vita – la decisione di fare un figlio è intima e tocca corde personale cui è sempre bene avvicinarsi con sensibilità e rispetto.

Mi viene in mente una madre 42enne per nulla in carriera che conobbi al corso preparto: con un sorriso mesto, quasi a scusarsi (le madri mature hanno spesso un carico maggiore di senso di colpa) ci disse che sapeva di essere vecchiotta, ma d’altronde aveva incontrato l’anima gemella a quarant’anni, e prima di allora un figlio non avrebbe saputo con chi farlo. Avrei voluto abbracciarla.

Averli fatti prima…

Detto questo, tutte le mie amiche che, come me, hanno avuto figli tra i trenta e i quaranta e passa anni dicono che avrebbero voluto farli prima. È un discorso da prendere con le molle, come tutti quelli fatti “col senno di poi”.

Avremmo voluto farli prima per avere più energie, nonni più giovani, meno ansia di fronte a un test genetico e meno problemi di infertilità (credetemi: una donna che si avvicina ai 40 lo sa che le sue possibilità di rimanere incinte diminuiscono, non c’è davvero bisogno di ricordarglielo). Allo stesso tempo, però, avere avuto figli “prima” ci avrebbe gettate nel panico. E no: non perché a 29 anni ci sentissimo particolarmente giovani, non perché andassimo a ballare tutte le sere, non perché fossimo delle mammone legate a doppio filo alla nostra famiglia d’origine, non perché stessimo scalando i vertici di una luminosa carriera o perché non avessimo una relazione stabile, ma perché a malapena eravamo, forse, riuscite a uscire di casa e con i nostri soldi (e quelli dei nostri compagni) e un figlio non avremmo saputo come mantenerlo.

Fra università, servizio civile, stage, contratti di lavoro senza nessuna tutela, lavoretti, concorsi da passare e gender gap da colmare, non si arriva a un minimo di stabilità economica (se ci si arriva), prima dei 30 anni (e anche dopo i 30 si fa fatica). Quindi o si sceglie di studiare meno o si ha un compagno più vecchio e più sistemato o si è ricchi di famiglia e non ci si fa problemi a essere mantenuti dai propri genitori. Oppure i figli si aspetta a farli. Le eccezioni – donne laureate con un lavoro e una relazione entrambi stabili e soddisfacenti prima dei 30 anni – ci sono, ma oggettivamente sono rare. E non sono rare “per colpa nostra” perché non ci siamo impegnate o non siamo abbastanza “brave”, come la retorica dei bamboccioni ci ha indotto a pensare.

Il problema è raggiungere prima l’età adulta

Ora che sogno di diventare una nonna relativamente giovane, vorrei tanto dire ai miei figli, tra una ventina d’anni: datemi un nipotino, anche se magari state ancora facendo l’università, ci bado io, tanto non è che dopo andrà molto meglio per voi. Vi aspettano anni di precarietà da cui forse non uscirete mai, tanto vale fare un figlio a 22 anni invece che a 32 (età media del parto in Italia).

Tuttavia, credo sia profondamente ingiusto fare un bebè senza essersi ancora emancipati dalla propria condizione di figli. Equivale a non raggiungere mai l’indipendenza propria dell’età adulta. E questa, comunque la si pensi sull’avere o meno figli, è una grossa questione di giustizia sociale: essere anagraficamente grandi, ma non adulti, perché non si ha ottenuto quel minimo di indipendenza economica che consente di prendere da soli le proprie scelte.

Sono un’idealista e sono convinta che un figlio si possa fare – e crescere bene – avendo poco, pochissimo: anche in un monolocale, anche senza comprare un tris di passeggini che costa come un’utilitaria, anche senza due genitori con contratti a tempo indeterminato. Però quel poco che abbiamo dovrebbe essere nostro, e dovremmo avere la certezza di potere contare su un supporto sociale alla genitorialità che non sia semplicemente la buona volontà dei nonni.

Tornando alla domanda iniziale: qual è l’età giusta per fare un figlio? Quella che si vuole, finché il nostro corpo ci assiste, ma anche quella che possiamo permetterci. La decisione di fare un figlio è sempre personale, ma rimuovere gli ostacoli che ci impediscono di fare i figli che vogliamo – e magari farli proprio tra i 20 e i 30 anni, come suggerisce fra le righe il Ministero della Salute – è una questione politica e collettiva.

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