93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Maurizio Cattelan, il gesto rivoluzionario dell’arte contemporanea

Articolo. Dal 27 giugno al 27 settembre, GAMeC e Brightstar propongono sei visite guidate gratuite per scoprire in modo inedito alcuni luoghi di Bergamo, ripercorrendo il percorso espositivo della mostra «Seasons»

Lettura 5 min.
Empire (Foto Lorenzo Palmieri)

Dopo giorni di dibattiti accesi – com’era prevedibile e forse auspicabile – la mostra diffusa «Seasons» di Maurizio Cattelan, promossa da GAMeC, continua a interrogare Bergamo e i suoi abitanti. Le cinque opere, esposte in quattro luoghi simbolici della città e di cui vi abbiamo parlato in questo articolo, hanno già suscitato reazioni contrastanti, tra fascinazione e rifiuto, come naturalmente accade quando l’artista padovano irrompe sulle scene. Tuttavia, è proprio laddove l’arte provoca, disorienta e interroga che diventa fondamentale affiancare lo sguardo di semplice passante a quello di una guida, capace di offrire chiavi di lettura che accompagnino lo sviluppo di domande più consapevoli.

È in questa direzione che GAMeC, insieme a Brightstar, propone un calendario di visite guidate nelle sedi della mostra; l’intento non è quello di spiegare «cosa voleva comunicare l’artista» – Cattelan, notoriamente, sfugge a letture univoche – ma offrire al pubblico l’opportunità di osservare Bergamo con occhi nuovi, di rallentare il passo e di leggere, attraverso l’arte, le trasformazioni che la attraversano. Le visite diventano così occasione di dialogo, confronto e – perché no – di messa in discussione del proprio punto di vista. Accompagnarsi a una guida può rappresentare una bussola utile per attraversare con maggiore consapevolezza un percorso artistico che, in fondo, parla proprio di noi, della nostra città, dei nostri valori e delle nostre sorprendenti contraddizioni.

Il calendario

Dal 27 giugno al 27 settembre, saranno due le tipologie di percorsi proposti gratuitamente: uno rivolto agli adulti, l’altro pensato appositamente per le famiglie con bambini dai 6 anni. In entrambi i casi le educatrici museali della GAMeC, guide turistiche della città, accompagneranno i partecipanti in un viaggio tra luoghi simbolici di Bergamo – dalla GAMeC all’Ex Oratorio di San Lupo, da Palazzo della Ragione alla Rotonda dei Mille – con l’obiettivo non tanto di spiegare, ma di aprire piste di senso, creare connessioni tra l’arte contemporanea e il territorio, tra lo sguardo individuale e quello collettivo.

Nel solco del progetto «Il Biennale delle Orobie – Pensare come una montagna», le visite si propongono come un’esperienza da vivere insieme, in ascolto della città e dei suoi molteplici paesaggi: fisici, culturali, simbolici, sociali. Per gli adulti, la possibilità di partecipare ai percorsi è per venerdì 27 giugno (ore 17), venerdì 11 luglio (ore 17), martedì 26 agosto (ore 16), sabato 27 settembre, (ore 17). Per le famiglie, invece, l’appuntamento è per sabato 5 luglio (ore 10.30) o sabato 6 settembre (ore 14). La prenotazione, a uno o più appuntamenti, è obbligatoria, all’indirizzo mail [email protected].

Il percorso

Il percorso proposto ha inizio e conclusione presso la sede della GAMeC, in via San Tomaso 53 a Bergamo. La durata è di circa due ore e mezza e prevede uno spostamento in navetta gratuito tra i quattro diversi punti della città.

GAMeC

Il viaggio tra le opere di «Seasons» prende il via proprio nella sede della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. L’edificio, oggi consacrato all’arte, porta con sé le tracce visibili di una storia lunga e mutevole (è stato prima monastero, poi caserma militare), diventando il contesto ideale per accogliere due lavori emblematici di Cattelan, «Empire» (2025) e «No» (2021), entrambi intrisi di riflessioni sulla tensione tra memoria, censura, potere e cambiamento. «Empire», con la sua bottiglia chiusa che intrappola un mattone, evoca un gesto rivoluzionario mai compiuto, un’energia pronta a esplodere ma congelata nel vetro. È un’immagine che parla di possibilità mancate, di rivoluzioni interiori soffocate, e richiama il tema – centrale nella mostra – dei cicli storici, dell’ascesa e della caduta dei sistemi, delle forze che agitano l’individuo e la società.

«No», invece, nasce da una sottrazione. Al centro c’è la figura ormai celebre di «Him», ma qui l’artista decide di coprirne il volto, lasciando nell’ombra l’identità del soggetto. Il risultato è un’opera ancora più disturbante: ciò che viene nascosto acquista un peso inquietante, come se l’assenza del volto generasse nuove domande, più radicali e destabilizzanti di una rappresentazione esplicita. Il percorso ha dunque inizio in uno spazio dove la stratificazione del tempo incontra la forza ambigua dell’arte contemporanea, e dove ogni opera si offre come un enigma da interrogare più che da risolvere.

Ex Oratorio di San Lupo

A pochi minuti a piedi dalla GAMeC si incontra la seconda tappa nell’Ex Oratorio di Sal Lupo, in via San Tomaso 7. Lo spazio, oggi adibito a sede espositiva, conserva nella sua architettura la memoria di un passato complesso: un tempo legato a funzioni funerarie, è sempre stato luogo di passaggio e soglia, tra la vita e la morte, tra il visibile e il rimosso, tra il sacro e il dimenticato. È qui che si staglia «Bones» (2025), una monumentale aquila distesa al suolo, con le ali ancora aperte, ma priva di slancio. L’animale, simbolo universale di potenza e di controllo dall’alto, appare ora spossato, inchiodato al suolo, come svuotato del suo ruolo dominante. Un’immagine ambigua, che rimanda tanto a una grandezza decaduta quanto a un’idea di liberazione dalla retorica del potere.

Il riferimento originario che ha ispirato l’opera affonda le radici in una storia locale: un’aquila scolpita nel 1939 per la «Dalmine», allora acciaieria statale, come omaggio a un discorso di Mussolini del ventennio precedente. Dopo la guerra, il simbolo fu ricollocato in un contesto del tutto diverso – la colonia estiva aziendale a Castione della Presolana – dove perse ogni connotazione ideologica e venne assorbito nella retorica della natura e della libertà. Cattelan riprende quel passaggio di senso e lo distilla in un’immagine potente e silenziosa, che interroga chi guarda su che cosa resta, oggi, dei grandi simboli delle autorità. L’ambientazione dell’opera, poi, amplifica il messaggio. Intorno all’Oratorio, il contesto racconta storie di nobiltà e devozione tra palazzi storici, la Fontana del Delfino e la chiesa di Sant’Alessandro della Croce con i suoi tesori pittorici. Un microcosmo che fa da contrappunto all’aquila a terra, invitandoci a riflettere su quanto il potere, anche quando crolla, continui a lasciare tracce. O ossa, appunto.

Palazzo della Ragione

La terza tappa trova casa nel cuore di Città Alta, a Palazzo della Ragione, tra i loggiati eleganti di Piazza Vecchia. È all’interno della Sala delle Capriate, spazio austero e solenne, che si incontra «November» (2024), una delle opere più spiazzanti dell’intero percorso. La scultura, realizzata in marmo bianco con una cura quasi classica, rappresenta un uomo senza fissa dimora nell’atto di urinarsi addosso. Una figura abbandonata, apparentemente priva di controllo, che viene elevata a soggetto scultoreo con tutta la dignità formale che normalmente si riserva agli eroi o agli dèi. Il gesto – scandaloso per alcuni, commovente per altri – apre interrogativi profondi sul concetto di decoro, sulla distanza tra centro e margine, su chi ha diritto di essere visto.

Nel dialogo silenzioso con le antiche mura della sala, «November» porta la marginalità dentro un luogo che, per secoli, ha rappresentato l’autorità, la legge, l’ordine. E lo fa con una forza quasi sovversiva, rovesciando ogni gerarchia dello sguardo. Non c’è compassione forzata né denuncia esplicita, ma piuttosto un invito a confrontarsi con l’umanità fragile che spesso preferiamo ignorare. Bergamo, che ha conosciuto il dolore collettivo della pandemia e ne ha tratto nuova coscienza comunitaria, diventa qui sfondo e controcampo ideale.

Rotonda dei Mille

Il percorso si conclude alla Rotonda dei Mille, dedicata ai volontari bergamaschi dell’impresa garibaldina del 1860. È in questo luogo, simbolo di eroismo e identità nazionale, che Maurizio Cattelan colloca «One» (2025), un intervento essenziale ma spiazzante: un bambino è posizionato sulle spalle della statua di Garibaldi, con la mano destra che mima una pistola. Un gesto ambiguo, a metà tra gioco e sfida, che apre interrogativi sul rapporto tra passato e presente, tra memoria condivisa e nuove letture. Chi è il piccolo? Un nipote affettuoso, un ribelle, un provocatore? È «uno» che si confronta con i «mille» che lo hanno preceduto? Il breve tragitto che conduce al monumento attraversa un’area della città ridisegnata in epoca fascista, dove le architetture parlano ancora il linguaggio del potere. Anche qui, il dialogo tra opera e contesto si fa sottile ma incisivo: la solidità della storia si misura con la fragilità – e la potenza – dell’ambiguità.

Una possibilità

In un tempo in cui l’arte contemporanea fatica ancora a trovare spazio nel sentire comune, spesso fraintesa o liquidata come provocazione fine a se stessa, iniziative come questa assumono un valore prezioso.

Il percorso diffuso ideato da Cattelan – e reso accessibile grazie alle visite guidate di GAMeC e Brightstar – non offre verità da accettare, ma interrogativi da abitare insieme. Ed è proprio nella possibilità di guardare, ascoltare e discutere in modo condiviso che si costruisce un’educazione all’arte capace di aprire varchi di senso dentro lo spazio urbano e dentro ciascuno di noi. Perché è solo così, coltivando lo stupore e l’inquietudine, che l’arte smette di essere altrove e comincia a diventare parte viva del tessuto emotivo e simbolico di una comunità, capace di riconoscersi nei suoi sguardi, nelle sue domande, nei suoi silenzi.

Approfondimenti