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«Restaurare la meraviglia»: Lotto e Capoferri, i registi della luce

Articolo. L’appuntamento è al 27 ottobre alle ore 11, nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Con la chiusura di «Cantiere vivo» e l’apertura del Coro ligneo di Giovan Francesco Capoferri e di Lorenzo Lotto, saranno presentati gli esiti della lunga e delicata opera di restauro voluta da Fondazione MIA e sostenuta da Fondazione Banca Popolare di Bergamo

Lettura 3 min.
Il Cantiere vivo

Ritroveremo tutte le celebri, preziose tarsie, sia quelle del Coro dei Religiosi, realizzato per primo tra il 1523 e il 1533, sia quelle del Coro dei Laici, realizzato tra il 1553 e il 1555 nell’area absidale della Basilica. Eppure, in qualche modo, le trentasei immagini enigmatiche ideate da Lotto e intarsiate da Capoferri non ci sembreranno più le stesse. Non si tratta solo di una notevole restituzione “estetica”, che valorizza e consente di godere appieno dell’assoluto genio inventivo di Lotto e della strabiliante abilità tecnica di Capoferri, capaci, a quattro mani, di regalare all’arte della tarsia le morbidezze cromatiche e chiaroscurali della pittura.

Il restauro, infatti, può riservare sorprese e guidarci a un modo differente di osservare un capolavoro che pure pensiamo di conoscere molto bene. Già nella prima fase dell’intervento le novità non si erano fatte attendere, come il rinvenimento dietro a una tarsia di un affresco di fine Trecento raffigurante una Madonna con Bambino e quello della tarsia “nascosta” di Caino e Abele realizzata da Capoferri su disegno del pittore pavese Francesco Rosso. Ma anche la fase conclusiva del restauro ha aggiunto nuovi tasselli per la conoscenza di un’opera che, verosimilmente, non finiremo mai di interrogare.

Lo abbiamo chiesto a Luciano Gritti, autore del lungo, certosino restauro insieme ai suoi colleghi di bottega: «Il Coro dei religiosi ha riservato novità interessanti. Durante il restauro dei coperti simbolici, infatti, si è scoperto che il progetto originale della struttura prevedeva un meccanismo a scomparsa. Lo schienale di ogni stallo prevede una tarsia con una scena dell’Antico Testamento, chiusa da un coperto simbolico. Il progetto costruttivo qui in origine prevedeva una scanalatura che consentisse ai coperti di scendere e scomparire, svelando la tarsia con un effetto molto scenografico».

E poi un emozionante ritrovamento: «Smontando le quattro grandi tarsie dell’iconostasi abbiamo trovato due firme di Capoferri tracciate a carboncino, una delle quali accompagnata dalla data 1531, che collima con la data dell’incarico di montaggio dell’iconostasi che la MIA diede all’intarsiatore loverese». Infine, un importante riposizionamento di quella che è forse la tarsia più famosa e fotografata, «La Creazione o Magnum Chaos», che era stata montata di sotto in su.

La magia della luce

Per chi osserva le tarsie, ancor più oggi dopo il restauro, addentrarsi nella miriade di simboli e di contrasti di luci ed ombre è come entrare in una scatola magica, immaginando mondi sospesi tra Terra e Cielo, realtà e mistero. E questo perché Lotto e Capoferri, come i grandi artisti della loro epoca, erano anche abilissimi registi della luce.

Già Cennino Cennini, nel suo trattato «Il Libro dell’arte», affermava che dipingere era «avere fantasia e, operazione di mano di trovar cose non vedute (cacciandosi sotto ombra di naturali) e formar con la mano, dando a intendere quello che non è sia». E raccomandava di illuminare le immagini dipinte secondo l’incidenza della luce naturale: «se per ventura t’avenisse, quando disegnassi o ritraessi in cappelle, o coloressi in altri luoghi contrarii, che non potessi avere la luce dalla man tua o a tuo modo, seguita di dare el rilievo alle tue figure, o veramente disegno, secondo l’ordine delle finestre che truovi in detti luoghi [...]».

È così che la luce ha un ruolo cruciale anche nelle tarsie di Lotto e Capoferri: «Osservando tutti e 28 i coperti – prosegue Gritti – abbiamo verificato che la provenienza della luce era differenziata in modo peculiare: 22 coperti sono concepiti in un modo e soltanto 6 in un altro. Con l’aiuto della meridiana collocata sotto i portici del Palazzo della ragione, abbiamo compreso che, probabilmente, era stata scelta come spartiacque l’ora mezzogiorno, quando la luce del sole, attraverso le finestre della Basilica, cade proprio in corrispondenza del passaggio tra i due blocchi dei coperti».

Oggi una nuova illuminazione è pronta a valorizzare al massimo le fantasmagorie tecniche e iconografiche delle tarsie. Ma se volessimo vederle con gli occhi di un pellegrino del Cinquecento? «Occorrerebbe per prima cosa spegnere tutte le luci – suggerisce Gritti – e immaginare di osservare le tarsie alla luce di decine, forse centinaia, di torce e candele. Non è un caso che durante il restauro abbiamo riscontrato numerosissime bruciature, a tutti i livelli, dalla base del coro fino alla cimasa. All’epoca della fabbricazione del coro nell’abside della Basilica si aprivano soltanto tre finestre (due sono state realizzate successivamente). Santa Maria Maggiore, al buio, era un mondo completamente diverso».

Gli orari di apertura alle visite

Il Coro restaurato verrà inaugurato ufficialmente alla presenza delle autorità venerdì 27 ottobre alle 11. Il Coro sarà poi visitabile da lunedì a venerdì dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18, il sabato dalle 10.30 alle 18, la domenica e festivi dalle 9 alle 10.30 e dalle 13.30 alle 18.

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